Quante volte di fronte a domande o a richieste mosse dal nostro collega, dai nostri genitori o dal nostro partner ci siamo sentiti di dire “NO, questa cosa non la voglio fare”? Spesso, tuttavia, abbiamo finito col non dire niente, e così implicitamente abbiamo detto di sì, finendo per costringerci in qualcosa che ci stava stretto.
È capitato a ognuno di noi di fare un favore a qualcuno, lasciando da parte il nostro punto di vista: dedichiamo tempo agli altri mossi da sentimenti di gentilezza, altruismo, amore e in questi casi dire di “SI” non ci costa nulla, anzi ci fa sentire bene, ci fa sentire utili e importanti in quella relazione.
Ci sono tuttavia situazioni in cui l’incapacità di dire “NO” è sistematicamente più faticosa e porta con se sentimenti negativi come ansia e paura; si ha la sensazione di sentirsi bloccati, intrappolati e incapaci di dire quello che si pensa; prendono il via pensieri disfunzionali connessi a rimorsi o eventuali sensi di colpa per non aver fatto qualcosa che, in fondo, ci si dice, era GIUSTO che io facessi.
In queste situazioni si tende ad assumere un atteggiamento passivo e a sopprimere i propri bisogni in funzione di quelli altrui. Alla lunga, purtroppo, questo continuo sacrificare il nostro punto di vista può portarci a non riconoscere più quello che vogliamo e a non legittimarci bisogni che abbiamo di diritto.
L’Assertività
In seguito parleremo proprio dell’importanza di assumere un modo di fare diverso nei nostri confronti quando ci troviamo in situazioni simili a quelle descritte in precedenza: un atteggiamento mentale in cui siamo capaci di riconoscere i nostri pensieri, i nostri bisogni e le nostre emozioni e le esprimiamo chiaramente e apertamente, senza giri di parole o manipolazioni, nel rispetto dei nostri diritti e dei diritti altrui.
Un atteggiamento che definiamo assertivo, in cui siamo in contatto con noi stessi e non nascondiamo i nostri bisogni e le nostre emozioni perché non abbiamo il timore di farlo e rispettiamo lo spazio di libertà che è concesso a tutti.
I comportamenti non assertivi sono spesso caratterizzati da atteggiamenti aggressivi, passivi o passivo-aggressivi e costituiscono degli ostacoli alla serenità e alla soddisfazione personale, essendo altamente correlati a preoccupazioni e ansia (Noble & McGrath, 2008).
Ignorare o trascurare i propri diritti e assumere un atteggiamento incerto nelle varie situazioni di vita quotidiana, causa disordini fisici e mentali, danneggiando le relazioni sociali.
L’assertività è infatti riconosciuta come un’abilità fondamentale per costruire relazioni interpersonali in svariati campi: ci aiuta a essere persone comunicative, divergenti, sicure di sé e consapevoli del proprio valore personale; ci aiuta a creare relazioni intime con gli altri, a prevenire che altri abusino di noi e a costruirci una buona autostima (Eslami et al., 2016).
Come abbiamo già accennato, uno dei grossi ostacoli all’assertività è la paura. Molte persone si sentono minacciate e percepiscono il mondo come un posto pericoloso, abitato per lo più da nemici, nei confronti dei quali difendersi con la sottomissione, la manipolazione o un’aperta aggressività.
In situazioni del genere esprimere i propri bisogni e le proprie emozioni è difficile, se non impossibile e, in un certo senso, è utile che sia così: siamo infatti in uno scenario in cui viene minato uno dei nostri bisogni fondamentali, senza il quale non possiamo agire e muoverci consapevolmente nel mondo, il bisogno di sicurezza.
Nel 1943 lo psicologo statunitense Abraham Harold Maslow introduce “ La Piramide dei Bisogni di Maslow” (Fig. 1), nella quale vengono identificati i bisogni fondamentali che ogni essere umano deve soddisfare per poter vivere serenamente.
Questi bisogni seguono un ordine basato sulla loro priorità o urgenza, così ad esempio il bisogno di respirare è necessariamente anteposto al bisogno di mangiare.
Le conseguenze di un bisogno di sicurezza inappagato
Tornando all’assertività, inserita nella piramide tra i “bisogni di stima”, noteremo che essa è preceduta dai “bisogni di sicurezza”: una duratura frustrazione del bisogno di sicurezza ci fa sentire minacciati, in pericolo e di conseguenza ci sarà impossibile approcciarci agli altri prescindendo da queste ansie.
Di fronte a una minaccia essere assertivi non serve a molto, l’obbiettivo primario è la sopravvivenza. In generale vediamo minata la nostra sicurezza in due casi: di fronte a un pericolo reale, come una guerra, una malattia, una catastrofe naturale o, molto più spesso, di fronte a un pericolo percepito, ovvero quando il pericolo è temuto, ma non è reale.
È questo il caso, ad esempio, di una persona ansiosa che teme qualcosa che non si è ancora verificato, una situazione negativa percepita come possibile che la porta a preoccuparsi e a mobilitare risorse anticipatorie affinché l’evento possa essere evitato/ affrontato adeguatamente.
I bisogni di stima sono inoltre preceduti dai “bisogni di appartenenza” che alimentano il nostro desiderio di stringere legami affettivi con le persone e di ricercare un posto all’interno del nostro gruppo di appartenenza.
Questi bisogni hanno basi evolutive, infatti come ci insegna la “Teoria dell’Attaccamento” la creazione e il mantenimento di legami sociali, a partire dal legame imprescindibile tra mamma e neonato, è una condizione indispensabile a garantire la sopravvivenza (Bretherton, 1992).
Quando avvertiamo una minaccia di questi bisogni osserviamo comportamenti tipicamente passivi nel tentativo di compiacere gli altri, come il non rifiutare richieste, il mostrarsi simpatico o rendersi disponibili oltre il necessario e, soprattutto, oltre quanto di desideri realmente.
L’ansia nelle relazioni ci porta a vivere i legami passivamente attraverso il perfezionismo, la disponibilità e il causare meno problemi possibili.
Vi possono essere dunque diversi motivi alla base delle difficoltà che una persona può incontrare nel riconoscere ed esprimere i suoi bisogni e le sue emozioni nelle relazioni. All’interno di questa contesto è evidente come il riuscire a dire “NO” assuma un grado diverso di significato e importanza per ognuno di noi.
Nel mio prossimo articolo guarderemo più da vicino quali piccoli passi possiamo compiere per iniziare a sviluppare un atteggiamento assertivo e più benevolo verso noi stessi.
Federica Rossi, psicologa specializzata in Neuroscienze Cognitive
Disponibile per terapia online. Contatti: 3386418419
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Riferimenti bibliografici
Bretherton, Inge. “The origins of attachment theory: John Bowlby and Mary Ainsworth.” Developmental psychology 28.5 (1992): 759.
Eslami, Ahmad Ali, et al. “The effectiveness of assertiveness training on the levels of stress, anxiety, and depression of high school students.” Iranian Red Crescent Medical Journal 18.1 (2016).
Maslow, Abraham Harold. “A theory of human motivation.” Psychological review 50.4 (1943): 370.
Noble, Toni, and Helen McGrath. “The positive educational practices framework: A tool for facilitating the work of educational psychologists in promoting pupil wellbeing.” Educational and child psychology 25.2 (2008): 119-134.