Il terrore della noia e il bisogno di correre, di fare sempre, necessariamente qualcosa. Tutto questo correre, tutta questa fretta, ci disorienta, non troviamo più la strada giusta… abbiamo perso il senso del dove andare e del “perché” ci andiamo.
Fin da piccoli ci hanno insegnato a competere anziché collaborare, a scuola t’incoraggiavano a diventare il primo della classe, a correre di più degli altri per avere successo; poi diventi grande e al lavoro la musica non cambia, più riesci a fare tutto in fretta, più possibilità hai di essere migliore degli altri. Viviamo un’epoca in cui la concorrenza la fa da padrona, bisogna essere competitivi, bisogna muoversi in fretta altrimenti lo farà qualcun altro prima di noi.
Questa è la malattia del tempo dove tutti corrono e nessuno rallenta!
La malattia del tempo
La cosiddetta “malattia del tempo” è un’espressione coniata dal medico e studioso americano Larry Dossey per indicare l’ossessiva convinzione, radicatasi nell’essere umano dalla rivoluzione industriale in poi, che il tempo ci sfugga di mano, che non ce ne sia abbastanza, e che è necessario fare tutto di fretta per non restare indietro con i “programmi” imposti da questa società consumistica. Tutti corrono, nessuno rallenta, ma perché andiamo tutti di fretta?
Sembriamo dei seguaci del culto della velocità, quando probabilmente, per godere al meglio della bellezza e unicità della vita, sarebbe auspicabile rallentare e guardarsi un po’ attorno, e smetterla di lottare contro le lancette dell’orologio. Forse è arrivato il momento di mettere in discussione la mania di fare tutto più velocemente, di “andare al massimo”; infatti è probabile che per raggiungere la vetta dell’evoluzione umana e spirituale, non bisogna essere i più rapidi, ma i più forti.
Forti interiormente, forti mentalmente e spiritualmente, sovvertendo la psicologia interiore della velocità con la quale siamo stati indottrinati.
La favola di Esopo della lepre e la tartaruga, dovrebbe essere presa d’esempio da tutti noi: a vincere non è chi corre più veloce degli altri, ma chi nella vita parte in tempo e segue una sua andatura naturale, costante.
Ma la questione non è solo in termini di vittoria, perché c’è una questione ancora più profonda e angosciosa da analizzare: tutto questo correre, tutta questa fretta, ci disorienta, non troviamo più la strada giusta, abbiamo perso il senso del dove andare e del “perché” ci andiamo. Corriamo e basta, perché così ci è stato insegnato e così ci è stato detto di fare.
Dobbiamo rallentare
Dobbiamo rallentare prima che la malattia del tempo ci porti alla distruzione reciproca. Ma attenzione, perché rallentare non significa diventare “noiosi”, anzi, se proprio dobbiamo dirla tutta, la noia è una parola che non esisteva fino ad un paio di secoli fa. La noia fa parte della cultura moderna, di chi cerca a tutti i costi qualcosa da fare, perché gli è stato insegnato che deve andare sempre al massimo e se tutto d’un tratto non ha nulla da fare va nel panico, e deve trovare assolutamente qualcosa per “ammazzare il tempo”!
Qualunque cosa o persona che ci ostacola, che ci rallenta, e che ci impedisce di ottenere quello che vogliamo, diventa il nostro nemico.
Rallentare significa adeguare il proprio stile di vita ai ritmi della natura, essere sensibili alle stagioni, ai tramonti, agli animali.
Rallentare significa riacquistare la consapevolezza delle distanze, sviluppare una conoscenza dei prodotti e dell’ambiente nel quale viviamo. Rallentare significa ricordarsi come pregustare gli avvenimenti e come assaporarli quando arrivano. Rallentare è una scelta consapevole, una scelta che richiede coraggio, ma anche una scelta in grado di arricchire la nostra vita, renderla più genuina e condurci verso la felicità più autentica.
Per guarire dalla malattia del tempo bisogna disintossicarsi dalla velocità e ribellarsi contro la tirannia dell’orologio e i ritmi frenetici che riempiono a dismisura ogni minuto della nostra giornata.
Torniamo a coltivare un sogno, un progetto, una passione, riscopriamo il piacere di giocare in famiglia, delle gite fuori porta, di cucinare utilizzando ingredienti di stagione e locali, di svegliarsi senza guardare l’orologio, di fare l’amore senza pensare al domani. Se vogliamo cominciare a vivere in un mondo più umano, allora dobbiamo essere noi i primi a divenire più umani… rallentando.
Federica Rossi, psicologa specializzata in Neuroscienze Cognitive
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