Leggendo gli appunti della dott.ssa Sepe mi sono imbattuta nel termine “trauma da abuso genitoriale”, incuriosita da tale dicitura, ho avviato una ricerca capillare al riguardo senza però trovare nulla. Questa quadro sindromico era qualcosa di inedito per qualsiasi accademico e anche per i più profani blog. Decisa ad approfondire il tema ho interrogato la stessa autrice di quegli appunti. Fino a oggi si parla di neglet per fare riferimento a una variegata serie di “trascuratezze emotive” vissute durante l’infanzia a opera di “negligenza genitoriale”… tuttavia questo termine non rende giustizia a tante persone che hanno subito veri e propri abusi psicologici.
Talvolta i genitori non sono trascuranti ma sono abusanti. La trascuratezza emotiva può generare ferite dolorose ma l’abuso genitoriale può aprire immani voragini e distruggere sul nascere intere personalità. L’abuso genitoriale depriva il bambino della sua infanzia compromettendone, in modo significativo, lo sviluppo emotivo, affettivo e neurobiologico.
Il «Trauma da abuso genitoriale» diventa una definizione ombrello che va a “coprire” una più vasta gamma di conseguenze traumatiche legate a completamenti implicitamente abusivi dei genitori. Il termine «trauma da abuso genitoriale» è apparso per la prima volta in rete con questo articolo che andrà a spiegare cause ed effetti.
La dott.ssa Sepe ha sentito il bisogno di coniare un termine più adeguato per i bambini che avevano subito un maltrattamento subdolo e implicito, un abuso che non aveva nulla a che fare con una trascuratezza o una negligenza. Al contrario delle persone che hanno vissuto un trauma esplicito, molti individui abusati in modo subdolo sono cresciuti con la percezione di aver vissuto un’infanzia felice. Un’idea estremamente discordante che viene fuori analizzando più attentamente i ricordi e somministrando loro il questionario AAI (Adult Attachment Interview).
L’AAI è un’intervista semistrutturata in cui si richiede ai soggetti di ricordare eventi relativi alla propria infanzia e al legame genitoriale. Per esempio, ogni adulto può scegliere cinque parole per descrivere il rapporto con la madre e per ognuna di queste parole narrare un episodio, con ricordi relativi alla parola scelta. Analogamente si procede per il padre. Lo stesso questionario indaga temi del rifiuto, dell’angoscia e in dettaglio del legame genitoriale.
Quando si prova a ricostruire la biografia infantile di un adulto che ha subito un abuso genitoriale, vengono fuori quadri molto discordanti, spesso accompagnati da personalità frammentate, dicotomiche e con la tendenza al perfezionismo e all’auto-condanna.
La differenza con il «neglect»
Il «trauma da abuso genitoriale» cerca di ritagliare una dimensione qualitativa del trauma subito. Il cosiddetto «childhood emotional neglect» o «neglet» e il trauma da abuso genitoriale si trovano sullo stesso continuum ma su versanti opposti. Un genitori assente, trascurante e magari concentrato su se stesso per problemi personali di ansia e depressione, di certo non contribuisce all’ottimale sviluppo della prole ma non è lesivo quanto un genitore manipolatorio, abusante, sadico, narcisistico e istrionico.
Il «childhood emotional neglect» è meglio descritto come una sorta di trascuratezza emotiva, riferisce un quadro in cui il genitore non riesce a soddisfare i bisogni emotivi del figlio. Il trauma da abuso genitoriale riferisce un quadro in cui il bambino è stato subdolamente violato. Un bambino trascurato e un bambino abusato, da un punto di vista clinico, hanno dinanzi traiettorie evolutive ben diverse.
In cosa consiste l’abuso genitoriale
Sia in alcuni scenari di trascuratezza emotiva, sia in scenari di abuso, il bambino recepisce un messaggio doloroso che può essere tradotto così: «se sarò impeccabile, se sarò abbastanza buono, allora meriterò il suo amore». Dato che l’amore genitoriale non arriverà mai, il bambino crescerà con la sensazione di non essere mai abbastanza.
Un genitore abusante trasmette al figlio un messaggio implicito che può essere tradotto così: «tu sei di mia proprietà. Con tutto ciò che faccio per te, il minimo che tu puoi fare è soddisfare le mie aspettative, non dare fastidio e gratificarmi come meglio desidero». Un genitore abusante plasma il figlio in base ai propri bisogni, ignorando e addirittura calpestando i classici bisogni di spensieratezza e amore di ogni bambino.
L’abuso genitoriale si consuma con un’infanzia violata, mai concessa, che restituisce bambini adultizzati che devono adottare strategie di sopravvivenza estreme per adattarsi a un ambiente ostile.
Uno scenario classico dell’abuso genitoriale è quello che vede il bambino come estensione del genitore. I bisogni e la personalità del bambino vengono completamente annientati: il figlio è solo strumentale, cioè uno strumento che il genitore abusante impiegherà per realizzare le sue ambizioni fallite. Questo scenario doloroso può essere tradotto con questo pensiero implicito:
«Io vivrò attraverso te. I tuoi successi saranno i miei. Qualsiasi fallimento e colpa sarà solo frutto della tua incapacità. Ti renderò ciò che io non sono mai stato perché se tu diventi qualcuno, allora lo sono anche io.»
In questo contesto il figlio viene messo al mondo solo per coronare dei sogni di gloria genitoriali. L’identità del bambino è subordinata ai desideri genitoriali e i bisogni del genitore vanno a sostituire sistematicamente quelli del bambino. Non tutti i genitori, però, “vivendo attraverso il figlio” lo spingono verso l’ambizione. L’identificazione nel bambino, quando è fortemente marcata, non solo non consente al bambino di sviluppare un’identità seguita da sani confini, ma può dare agio a scenari estremamente maltrattanti.
Un genitore maltrattato durante l’infanzia, può vedere nel figlio se stesso e realizzare scenari che suonano così: «tu rappresenti le parti sbagliate di me, per quanto potrò sforzarmi, tu non sarai mai abbastanza e mi deluderai sempre».
In questo scenario, il genitore afferma di volere il meglio per suo figlio, promette di non commettere gli stessi errori commessi dai nonni, ma identificandosi con il figlio debole farà di tutto per sabotarlo, limitarne la crescita, tenerlo confinato e non aprirlo al mondo. Spesso, l’abuso consumato trasforma il bambino nel capro espiatorio della famiglia. In caso di fratelli, il capro espiatorio subirà le angherie di tutti. Il genitore identificherà le parti sbagliate di sé in quel “figlio sacrificale” che diventerà una sorta di valvola di sfogo per l’intera famiglia, un vero e proprio agnello sacrificale.
Un’altra figura genitoriale abusante è il classico genitore-padrone. Il messaggio implicito legato a ogni comportamento è un secco: «tu sei mio, se non righi dritto e non fai ciò che desidero, ricorda che sono padrone della tua vita e del tuo destino.»
Ogni genitore abusante porta un messaggio unico che racconta mediante i suoi comportamenti adottati. Nei miei esempi ho esplicitato i messaggi nascosti ma ricordo che l’abuso consumato è sempre subdolo e mai esplicito.
Così, talvolta il genitore apparirà sacrificante, cioè pronto a tutto per i figli… ma in realtà è solo pronto a tutto affinché i suoi figli rispettino le sue aspettative. I figli possono avere la percezione di un genitore ingombrante ma iperprotettivo. Non hanno la percezione di un genitore abusante e invischiante… complice anche un legame di dipendenza affettiva che il genitore abusante avrà piacere a impostare: niente gratifica più dell’incondizionata sudditanza del figlio dipendente.
Il trauma da abuso genitoriale
Il quadro sindromico è estremamente vasto. In genere l’adulto appare con uno stile di attaccamento disorganizzato o evitante. Sempre incapace di stabilire sani confini tra sé e l’altro. L’adulto non sarà in grado di accogliere ma neanche di porre le giuste distanze.
I ruoli nella famiglia rimangono rigidi, i figli abusati resteranno subordinati anche in tarda età… anche se l’apparenza potrebbe raccontare una storia diversa. Il trauma da abuso genitoriale può descrivere una persona che rispetta le aspettative genitoriali a discapito di sé, oppure una persona che per ferire i genitori, ha compromesso se stessa consumando una serie di vendette trasversali. Non sono poche le persone che abusano di sostanze stupefacenti, giocano d’azzardo o hanno scelto un matrimonio sbagliato solo per vendicarsi di un genitore.
La vendetta trasversale legata al trauma da abuso genitoriale
Un genitore abusante ha deprivato il bambino della sua conquista più grande: la costruzione di un’identità basata sui propri bisogni. Il bambino abusato struttura un’identità basata su istinti primari come l’autodifesa, l’attacco e un attaccamento disorganizzato/evitante.
Il bisogno di un’identità e di autonomia del figlio, negato fin dalle esperienze precoci, finirà per essere assopito e al suo posto insorgerà rabbia e frustrazione. Rabbia e frustrazione che sfociano in comportamenti disfunzionali che spesso si traducono in vendette trasversali da attuare per punire i genitori per quell’identità negata, per quell’emancipazione mai concessa.
In questi contesti, il potere che esercita il genitore sul figlio diviene uno status permanente: si va a creare una sorta di “cordone ombelicale” che al contempo nutre e vincola il figlio. Il figlio, anche in età adulta, vivrà questo vincolo con impotenza e sentendosi impossibilitato a uscirne e ripudiare il genitore in maniera esplicita, lo farà attuando vendette punitive come:
- Se l’aspettativa è un matrimonio con una persona benestante, il figlio sceglierà la persona meno adatta.
- Se la pretesa è quella di una carriera florida, il figlio si farà licenziare al lavoro o si rifiuterà di lavorare.
- Se l’attesa è quella di strutturare un matrimonio tradizionale, il figlio inizierà una relazione con un partner già sposato…
Le vendette trasversali variano in base al sistema di valori interno della famiglia.
Il trauma da abuso genitoriale si manifesta con parti ferite del sé, proprio come farebbe un trauma più esplicito. Tuttavia, trattandosi di un’esperienza traumatica subdola e implicita, non sempre viene riconosciuto e trattato. La persona che l’ha subito finisce per non identificarsi mai come vittima, anzi, può addirittura colpevolizzare se stessa.
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