Il divo di Hollywood soffre una particolare condizione neurologica nota come prosopagnosia. Bred Pitt così come tutti i pazienti prosopagnostici, vede i lineamenti ma non riesce a «comporre» e a riconoscere le immagini dei visi. Persino dei suoi familiari. Allo stesso modo si dimentica dei visi con estrema facilità. In qualsiasi persona questo disturbo può creare molto disagio, proviamo per un attimo a immaginare la vita di Brad Pitt, un volto di fama mondiale che, oltre a lavorare con altri attori è costretto a continue interazioni con i giornalisti. Deve essere parecchio imbarazzante sedersi con un produttore o un intervistatore per la terza o quarta volta e non riuscire a riconoscerlo e capire bene con chi sta parlando…
A tutti può capitare di non riconoscere qualcuno o di non ricordarne il nome, ma ai pazienti prosopagnosici basta un lieve cambiamento a rendere irriconoscibile il coniuge o un figlio; il loro riconoscimento avviene infatti per dettagli: vestiti, taglio di capelli, voce, interessi e ruolo sociale diventano indizi irrinunciabili.
La responsabile sembra essere un’anomalia nell’analisi dei volti che avviene nel giro fusiforme, l’area cerebrale in cui è archiviato il modello standard di visi con il quale confrontiamo ogni volto nuovo. Fatichiamo, per esempio, a riconoscere gli orientali perché sono diversi dal modello presente nella nostra rete neurale.
Che cos’è la Prosopagnosia?
La prosopagnosia, il cui nome, assegnatogli dal neurologo tedesco Joachim Bodamer nel 1947, deriva dall’unione delle parole greche pròsopon (faccia) e agnosìa (ignoranza), è l’incapacità di distinguere il volto di persone note e nei casi più gravi nemmeno il proprio. Si tratta di un deficit cognitivo-percettivo che riguarda il sistema nervoso centrale e può presentarsi sia come malattia congenita (è questa la forma più comune) che in seguito a danni cerebrali. Sembra arrivare ad un’incidenza di circa il 2% della popolazione, con forme più o meno gravi.
«La gente pensa che sia vanitoso. Non è così». Il caso di Brad Pitt
«Non ricordo i volti», ha spiegato l’attore di «Allied», «Troy», «Fight Club» e «C’era una volta… a Hollywood» durante un’intervista con «Esquire» nel 2013. «La gente pensa che io sia vanitoso. Non è così, soffro di prosopagnosia», ha detto Pitt.
Per facilitare i ricordi e «rompere il ghiaccio», è solito, sostiene l’attore, chiedere al proprio interlocutore dove si sono incontrati prima. Il che generalmente irrita non poco chi ha di fronte. «Ma la mia non è presunzione — ha precisato il divo —. Purtroppo non riesco proprio a ricordare i volti delle persone, anche di quelle che mi sono più care. Posso riconoscere le diverse parti del viso, ma non identificare a quale persona appartengono. Non è purtroppo sempre facile, soprattutto per il tipo di lavoro che svolgo. È un grande handicap e tutto ciò mi sta allontanando da molte persone, anche nell’ambito lavorativo».
Insomma, Pitt non è un egotista che non presta attenzione alle persone con cui parla: la realtà ha a che fare con una malattia che, in casi estremi, può condurre il soggetto che soffre fino a dimenticare i volti dei familiari o non riconoscersi davanti allo specchio.
Molte testate giornalistiche hanno sottolineato che Bred Pitt non ha una diagnosi medica di Prosopagnosia e hanno trattato la vicenda con superficialità. In realtà, la diagnosi di prosopagnosia non è affatto semplice da fare! Ancora oggi la comunità scientifica cerca di creare strumenti ad hoc e a fine teste vedremo il perché. Adesso descriveremo un altro affascinante caso clinico. Il soggetto affetto è indubbiamente meno famoso di Bred Pitt ma la sua eclatante prosopagnosia è presente in molti manuali di neuroscienze.
L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello. Il caso di P.
«L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello» è il saggio neurologico scritto da Oliver Sacks per raccontare tutte le esperienze cliniche bizzarre avute con i suoi pazienti. Il saggio ha raggiunto una fama mondiale proprio per le buffe storie narrate, tra queste vi è il caso di un paziente prosopagnostico: un uomo che letteralmente scambiò sua moglie per un cappello!
Questo caso, considerato tanto importante dall’autore da spingerlo a intitolarvi tutto il saggio, narra del dottor P., «eminente musicista», che cominciò gradualmente a manifestare una progressiva incapacità di dare un significato a ciò che vedeva, e a confondere tra di loro gli oggetti (e soprattutto i volti delle persone viventi) appartenenti alla sua vita quotidiana.
Il titolo deriva proprio da una delle gaffes di questo paziente, che alla fine di un colloquio con il dottor Sacks confuse la testa di sua moglie con il suo cappello, e l’afferrò tentando di mettersela in testa.
Nella sua trattazione, Sacks sottolinea più volte come il dottor P. non avesse alcun deficit visivo, ed avesse anzi uno spirito di osservazione molto acuto: semplicemente, in lui era scomparsa la capacità di assegnare un significato visivo agli oggetti che vedeva attorno a sé, sebbene fosse in grado di riconoscerli utilizzando gli altri quattro sensi. Durante un esperimento, il dottor Sacks gli consegnò un guanto, che egli fu perfettamente in grado di descrivere ma non di associare al suo significato, fino a quando non fu forzato ad indossarlo (mettendo quindi in campo il senso del tatto).
«Una superficie continua» annunciò infine «avvolta su se stessa. Dotata…» esitò «di cinque estremità cave, se così si può dire. […] Un qualche contenitore?» «Sì,» dissi «e che cosa potrebbe contenere? […] Non ha un aspetto familiare? Non crede che potrebbe contenere, fasciare, una parte del suo corpo?» Nessun lampo di riconoscimento illuminò il suo viso. In seguito se lo infilò per caso: «Dio mio!» esclamò «È un guanto!».
La caratteristica più tragica che appare da questa descrizione è come il dottor P. fosse assolutamente inconsapevole del suo difetto. Esso infatti non intaccava minimamente la sua giornata, se non per qualche occasionale gaffe: essendo infatti un musicista di professione, il dottor P. riusciva a compiere tutti i gesti quotidiani (mangiare, vestirsi, lavarsi) canticchiando sovrappensiero, e quindi, per così dire, senza accorgersene.
La causa patologica di questo deficit, non viene riportata nell’analisi di Sacks, in quanto questi non fu in grado di seguire il paziente per lungo tempo. L’autore ipotizzò comunque una natura degenerativa di questo difetto («un tumore massivo o un processo degenerativo nelle parti visive del cervello»), supposizione questa accentuata dal rapido peggioramento delle condizioni del dottor P. nel volgere di pochi anni.
La diagnosi clinica
L’osservazione del cervello, grazie alle tecniche di neuroimmagini, ha raggiunto livelli elevati ma la prosopagnosia non dipende da una malformazione celebrare da individuare con una risonanza magnetica, è legata bensì a un’anomalia del funzionamento! Quando si osserva un disturbo funzionale e non strutturale, all’apparenza non c’è niente che non va!
Se il disturbo è legato a una lesione (così come osservato per la prima volta nella storia medica su un paziente di 24 anni), la diagnosi diviene più accessibile, ma con il tempo è stata osservata la medesima anomalia in modo congenito, cioè senza l’avvento di alcuna lesione. Si parla infatti di prosopagnosia acquisita (a seguito di lesioni) o congenita.
La prosopagnosia acquisita, è di solito conseguente a una lesione cerebrale bilaterale della giunzione temporo-occipitale, ma non solo, in alcuni casi la sintomatologia è stata descritta anche per una lesione del solo emisfero destro. Gli studi di neuroimmagine funzionale (che consentono di osservare in vivo le aree cerebrali maggiormente attive, mentre il soggetto è impegnato in uno specifico compito), confermano l’attivazione bilaterale di queste aree con una prevalenza emisferica destra.
Nonostante i progressi scientifici, le neuroscienze sono ancora lontane da mettere a punto uno strumento atto a poter diagnosticare con esattezza il disturbo e a procedere con l’opportuno trattamento. La comunità scientifica si sta impegnando a fondo, ma il percorso è arduo. Le aree cerebrali implicate nel riconoscimento dei volti a livello corticale, sono complessamente interconnesse ad altre strutture.
Per la diagnosi si stanno valutando diversi test clinici su cui lavorare, tra cui un test incentrato sulla memoria visiva portato avanti dai dipartimenti di ricerca di un gran numero di università, tra cui l’Università di Cambridge. È stato osservato che chi, come Brad Pitt, soffre di prosopagnosia, ottiene degli score bassi (in altre parole, fallisce in determinati test di memoria visiva).
In questi casi l’unica figura professionale a poter intervenire è quella del neuropsicologo. Attualmente, si sta inoltre cercando una linea d’intervento su cui agire per poter arginare il problema e quest’intervento viene portato avanti dall’equipe del dottor Rivolta, associato presso la School of Psychology dell’University of East London. Infatti, una rivista autorevole come Neuropsychologia ha riportato e pubblicato le ricerche del dottor Rivolta con tutti gli approfondimenti del caso.
A cura di Ana Maria Sepe, psicoanalista
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