Con il termine gaslighting ci si riferisce ad un processo di manipolazione volto ad indurre una persona a dubitare di se stessa e della sua salute mentale. Parliamo di una forma di abuso emozionale e psicologico tanto subdola da essere delle volte giustificata dalla vittima, portata gradualmente a mettere in discussione la sua reale percezione, i suoi pensieri e la propria capacità di giudizio.
Il termine, in inglese “luce a gas”, deriva da un’opera teatrale del 1938 “Gas light” e dagli adattamenti cinematografici di Alfred Hitchcock “Rebecca – la prima moglie” del 1940 e “Angoscia” film italiano del 1944. La trama tratta di un marito che cerca di portare la moglie alla pazzia manipolando piccoli elementi dell’ambiente, facendole credere che si sbaglia o che ha ricordi distorti, nel momento in cui lei nota questi cambiamenti.
Il titolo origina dal subdolo affievolimento delle luci a gas da parte del protagonista, cosa che la moglie nota, ma che il marito insiste essere solo frutto dell’immaginazione di lei. Tutto questo, al fine di impossessarsi di alcuni gioielli di valore della donna.
Pur non basandosi sulla violenza fisica, il gaslighting lascia profonde ferite psicologiche in chi lo subisce
Pensiamo ad una coppia in cui uno dei partner accusa l’altro di averlo ferito profondamente durante una conversazione. Nonostante l’accusato possa smentire la cosa, sostenendo appunto di non avere alcun ricordo dell’accaduto, può comunque essere indotto dal manipolatore, attraverso una serie di stratagemmi studiati e reiterati nel tempo, a credere di aver perso la capacità di distinguere tra realtà e immaginazione.
Il risultato delle tattiche del gaslighter (l’abusante) è quindi quello di portare la vittima a sperimentare confusione e dubbi su di sé, fino a sentire in alcuni casi il bisogno di ritirarsi ed allontanarsi da altre persone significative.
Frasi tipiche del gaslighter
Ovviamente siamo all’interno di un’interazione (e relazione) tossica tra un abusante, che ha bisogno di avere ragione per esercitare controllo e potere sull’altro, e una vittima, che gli permette di definire il suo senso di realtà, poiché bisognosa d’approvazione. Ed è proprio in questa necessità di validazione che inizia a manifestarsi il pericolo. Alcune tipiche espressioni utilizzate dal gaslighter per manipolare la vittima sono:
- Sei pazzo/a
- Non essere così sensibile
- Non essere paranoico/a
- Stavo solo scherzando!
- Ti immagini le cose
- Non ti agitare così tanto
- Sono preoccupato/a: penso che tu non stia bene.
La ricerca dimostra che nella stragrande maggioranza dei casi i protagonisti di tale dinamica relazionale sono quasi sempre partner o parenti stretti.
Il gaslighting in famiglia
Una realtà tipica è quella tra genitore e figlio, dove il genitore autoritario e iperprotettivo, tratta il figlio da incapace, impedendogli di sviluppare pienamente la sua personalità. In questo modello educativo l’autorità genitoriale è assoluta: l’adulto non deve fornire alla prole spiegazioni di nessun tipo in merito alle proprie azioni o ai propri ordini e non riconosce i figli come persone autonome, che hanno propri desideri e capacità.
In quasi tutte le forme di gasligthing è infatti presente anche l’elemento dell’iperprotezione: il gasligther è convinto di proteggere la sua vittima al punto da sentirsi autorizzato a sostituirsi ad essa, anche se questo può avvenire in modo inconsapevole.
Il gaslighting si sviluppa secondo tre fasi principali:
1. La prima è caratterizzata da una distorsione della comunicazione: la vittima si rende conto che qualcosa non torna, ma crede che si tratti di un fraintendimento. Le conversazioni in questo primo stadio sono caratterizzate da un mix di silenzi ostili e osservazioni positive che generano nella vittima disorientamento e confusione.
2. Nella seconda fase la vittima cercherà di difendersi mediante giustificazioni di ogni genere, nel tentativo di convincere l’abusante di essere in errore e di indurlo a cambiare idea. La vittima sente di poterlo distogliere dalla sua credenza utilizzando le proprie capacità d’ascolto e di dialogo.
L’ultima fase è la più grave, che segna la resa della vittima e la sua ascesa verso la depressione. La vittima non solo comprende che l’aggressore non cambierà, ma inizia a credere realmente di aver sbagliato. È lo stadio in cui la perversione relazionale raggiunge l’apice: la violenza si cronicizza e l’abusato si convince non solo della ragione, ma anche della bontà del manipolatore che, spesso, finisce per essere idealizzato.
gaslithing
Ovviamente le conseguenze di tale fenomeno possono essere molto gravi: uno stato di totale confusione della vittima, la sensazione di essere priva di valore e di non meritare amore, la stanchezza fisica e mentale, la vergogna e quindi l’isolamento, fino alla totale dipendenza dal gaslighter.
Ma quali sono le caratteristiche tipiche del gaslighter?
Tendenzialmente si tratta di un soggetto che ha difficoltà a identificare, gestire ed esprimere le emozioni e che soffre di un forte senso di vulnerabilità, come molte persone che commettono abusi.
Non è in grado di reggere il disaccordo o la critica: il suo scopo è quindi quello di eliminare ogni possibilità che ciò si verifichi, minando la concezione che la vittima ha di sé e convincendola del fatto che non deve fidarsi di se stessa, in quanto dotata di una percezione distorta della realtà e di una scarsa abilità decisionale. Il fine ultimo è quello di assicurarsi il suo consenso e di mantenere il controllo su di lei.
C’è da dire però che la manipolazione psicologica, intesa come strumento per sfruttare l’altro al fine di ottenere da questo una serie di vantaggi per lo più relazionali, può avere infinite sfumature.
Non sempre, infatti, chi manipola lo fa consapevolmente. Allo stesso modo, non sempre chi manipola è un narcisista patologico o un sociopatico (tratti di personalità prevalenti nel persecutore): delle volte è una persona che interiormente coltiva la convinzione di non essere amabile per quel che è realmente. Non è mai facile mettere fine a dinamiche di questo tipo, tuttavia è possibile individuare dei segnali che possono fungere da veri e propri campanelli d’allarme.
La presenza di piccole ed innocue bugie
Una relazione tossica spesso si fonda sulle menzogne e la vittima spesso, anche se ne è consapevole, non le attribuisce il giusto peso.
Gli eccessi di gelosia
Di frequente sono le persone gelose a tradire e che, per dissimulare, accusano i partner di tradimento.
La tendenza a ricercare continuamente l’approvazione altrui
Se si ha la sensazione di non avere più una propria opinione e di adottare comportamenti che non ci appartengono, al solo scopo di non infastidire il partner o di essere validati da lui/lei, allora bisogna fermarsi e chiedersi il perché.
La negazione dell’evidenza
Il manipolatore è molto abile a negare comportamenti di cui la vittima è stata testimone o comunque a distorcerne il racconto.
Il sentirsi invasi
ovvero rendersi conto che l’altro cerca frequentemente di indurci a fare ciò che vuole, varcando chiaramente limiti non valicabili e facendoci sentire impotenti, non rispettati, violati.
Ovviamente chi vive una tale condizione di disagio necessita di un aiuto concreto per uscirne.
Vi è spesso una resistenza a denunciare, per la ragioni più svariate: dal coinvolgimento affettivo con il manipolatore, ad una reale difficoltà a riconoscere ciò che appare come “cura e protezione”, per quello che realmente è, ovvero una forma di abuso psicologico.
C’è poi la credenza di essere in qualche modo responsabili di quanto subìto, ragion per cui è molte volte necessario un lungo percorso di supporto, che possa consentire alla vittima di tornare alla sua autonomia e di dimostrare a se stessa il proprio valore.
A cura di Sara Belli, psicologa psicoterapeuta. Riceve su appuntamento nel suo studio di Priverno (LT). Contatti: Mail: bellisarapsi@gmail.com-Telefono: 329.4188208
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