La depressione è un disturbo dell’umore piuttosto diffuso. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità essa colpisce 121 milioni di persone ed è la causa di morte per suicidio di circa 800 mila persone all’anno. Inoltre può colpire chiunque, a qualsiasi età ed è responsabile della grave compromissione della qualità di vita sia in ambito relazionale che lavorativo.
Ognuno di noi vive dei momenti di tristezza, di perdita di interesse e di volontà che ci fanno sentire “depressi”, giornate storte che però passano e lasciano di nuovo spazio al normale vivere quotidiano. In questo caso più che parlare di depressione si tratta di un transitorio calo dell’umore che va ben distinto dalla depressione clinica, caratterizzata da molti altri sintomi e di più lunga durata.
Capita spesso, tuttavia, che la gente quando si trova in contatto con una persona depressa ha difficoltà a comprenderne il vissuto, cerca di tirarle su il morale con qualche consiglio spronandola a darsi da fare ed a cambiare. Il problema è che la depressione non va confusa con una mancanza di volontà, con la pigrizia o un senso di debolezza transitorio facile da scacciare.
Di seguito vengono indicate alcune delle frasi che è preferibile non rivolgere a chi sta soffrendo di episodi depressivi.
1) Perché non fai qualcosa per tirarti su?
Chi non è depresso teme o semplicemente non sopporta la passività e la demotivazione degli individui depressi. Soprattutto nella nostra società occidentale, riconosciuta come la società del “fare” e del “poter fare”, di fronte ad uno stato di inattività e di paralisi, la reazione istintiva è quella di spronare l’altro ad andare avanti, a reagire ed a cambiare il suo destino.
Se, da una parte, questo propensione è comprensibile e si poggia su delle buone intenzioni, dall’altra un simile incitamento può invero aumentare il senso di disperazione, in quanto una persona depressa non manca di volontà a superare e combattere il suo disagio, ma secondo la sua organizzazione cognitiva ed emotiva, semplicemente “non può” e “non ci riesce”.
La depressione si caratterizza, tra i tanti sintomi, proprio per uno scarso livello di energia, vissuti di impotenza, senso di inutilità e d’incapacità. Sia l’umore, che i pensieri negativi ed i comportamenti sono percepiti come al di fuori del proprio controllo. Per cui non basta darsi una mossa per cambiare.
2) Sii felice!
In uno stato depressivo, per quanto possa sembrare scontato, prevale la tristezza. Essa pervade ogni momento della vita di una persona, anche quelli comunemente associati a fonti di divertimento e serenità. Inoltre, una delle distorsioni cognitive che il depresso compie abitualmente è l’astrazione selettiva: egli si focalizza sui dettagli negativi estrapolati dal contesto, ignora tutti gli altri aspetti della situazione arrivando a vivere ed a concettualizzare l’intera esperienza sulla base di quei particolari spiacevoli.
La mente è, dunque, concentrata solo sul carattere negativo delle cose. Se nelle persone non depresse è più facile cogliere le sfumature di un’esperienza e mettere in discussione i significati attribuiti agli eventi, per un depresso questo non è un processo spontaneo ed automatico.
La persona depressa, inoltre, tende a classificare le esperienze e gli eventi in “positivi” o “negativi” (pensiero dicotomico): possiamo ben immaginare che, se già l’attenzione ricade prevalentemente sugli aspetti infelici di una situazione minimizzando tutto il resto, è la categoria del “negativo” a dominare gli stati mentali dell’individuo.
Spingere, quindi, una persona depressa a cercare gioia o a concentrarsi sulla felicità può essere più scoraggiante che stimolante: in uno stato di cognizione negativa, qual’è la depressone, manca la capacità di vedere le sfumature delle cose. Insistere su questo rafforzerà il vissuto di fallimento e di autocritica.
3) Non servono psicoterapeuti e farmaci!
Le persone spesso si spaventano all’idea di chiedere aiuto ad uno specialista, che sia psicoterapeuta o psichiatra, a causa dello stigma del “malato mentale” e della percezione di non avere un proprio controllo sulla situazione. Ancora, possono avere paura di confidare questioni personali ad uno sconosciuto o aver maturato la convinzione che parlare dei problemi personali e familiari sia qualcosa di vergognoso.
Riguardo ai farmaci, invece, spopola l’idea che siano pericolosi perché causa di dipendenza, di effetti collaterali o perché mero strumento delle case farmaceutiche.
In realtà, fino ad oggi molte ricerche scientifiche hanno ampiamente dimostrato la validità della psicoterapia nella cura della depressione; così come vi sono specialisti che consigliano in modo accorto e ponderato uno psicofarmaco monitorando con serietà sia posologia che effetti.
Da diversi studi condotti sul trattamento della depressione è emerso che l’80% delle persone in cura, utilizzando o combinando queste modalità terapeutiche, mostra un miglioramento significativo della sua qualità di vita. E’, quindi, importante trasmettere corrette informazioni in merito, affinché chi soffre di depressione possa prendere consapevolmente e sapientemente una decisione su come agire.
4) Non è poi così tragico, c’è chi sta peggio di te!
Sicuramente c’è chi sta peggio, basti pensare ai bambini che vivono e nascono in condizioni di guerra e di completa povertà, solo per fare un esempio.
Ma non è questo il punto! La depressione è uno stato attivo e così vorticoso da far perdere il significato dell’esistenza anche in condizioni socio-economiche ottimali. E’ una condizione psicologica in cui pensieri, emozioni, comportamenti disfunzionali e dannosi si autoalimentano in una spirale di negativismo che condiziona l’intera rappresentazione del Sè (difettoso ed inadeguato), del mondo circostante (ostile e deprivante) e del proprio futuro (fallimentare e senza speranza).
D’altronde non è un caso che anche personaggi ricchi e famosi cadano in depressione, mostrino un deterioramento notevole del funzionamento psicosociale e arrivino al suicidio. Eppure, apparentemente, avrebbero “tutto” nella loro vita.
E’, dunque, importante non ignorare e banalizzare il profondo senso di disperazione e di impotenza di chi si trova in uno stato depressivo. Minimizzare la sua sofferenza comporta il rischio di ingigantire senso di colpa ed autocritica (“mi lamento e non sono capace di essere felice quando c’è davvero chi soffre ogni giorno”); allo stesso tempo possono aumentare il senso di solitudine e la percezione di mancanza di sostegno (“nessuno mi capisce e può aiutarmi, sono solo con questo mio malessere”).
5) Dovresti smetterla di essere così negativo!
E’ vero, stare accanto ad una persona depressa non è facile: il suo negativismo, la scarsa energia, l’inattività e la passività, la cupa espressività facciale possono essere contagiosi e condizionare il proprio stato d’animo.
Viene istintivo allontanare da se stessi quest’aura di sofferenza e di disperazione, arrabbiandosi e cercando di incoraggiare l’altro.
Tuttavia, per quanto sia difficile stargli accanto, spesso non si comprende come una persona depressa sia già molto critica e si colpevolizzi per lo stato in cui risiede. Assumendo il suo punto di vista, sentire gli altri che cercano di smuoverti, che attaccano il tuo pessimismo e che non ti sopportano (perché è questo il significato facilmente attribuito al nervosismo di chi cerca di incitare), accresce l’autocritica, lo scoraggiamento e il senso di incapacità.
La depressione può trasformare il mondo in un luogo solitario ed insignificante per chi ne è afflitto. Chi sta attorno al depresso può dir cose e fare proposte che, seppur con ogni buona intenzione, possono risultare inappropriate e fuori luogo, perché non vi è una chiara comprensione di tutto ciò che sta abitando il suo mondo interiore.
L’approccio auspicabile e più utile è cercare, allora, di fornire un sostegno incondizionato e non giudicante, di essere sufficientemente solidali ed empatici, di non personalizzare le sue nefaste valutazioni ed ancora di rassicurarlo sul fatto che la depressione è una condizione di disagio che, come altre, può essere ben trattata.
Per ultimo, ma non meno importante, consigliare di rivolgersi ad un professionista, così come tranquillamente facciamo nel caso di una qualsiasi malattia fisica.
A cura di Christian Spinelli, psicoterapeuta.
Riceve per appuntamento nel suo studio di Bari. Email christian.sp@libero.it
Ho un marito di 86 anni che io definisco “malato immaginario” .Tutte le mattine quando si sv eglia ha un disturbo nuovo rispetto al giorno prima. Cerco di trovare insieme a lui una giustificazione notturna ma lui non si accontenta.
Quando facciamo una visita dal neurologo-geriatra e gli viene chiesto come si sente?
“Guardi bene, mi sento a posto, tutte le mattine vado in ufficio, faccio una passeggiata di un’ora circa e collaboro con i miei dipendenti, ecco forse mi posso lamentare del fatto che le ore lavorative sono diminuitre”. ECCO DOTTORESSA COSA NE PENSA?