Immagina di svegliarti e di ritrovarti a vivere in un mondo in bianco e nero, deprivato della possibilità di vedere i colori. Maglie, alberi, penne, vecchie fotografie e finanche il piumaggio del più colorato dei pappagalli ti apparirebbero grigiastri. I nomi dei colori, giallo, verde, blu, arancio, rosso… sarebbero per te solo suoni privi di senso, quasi inutili per il mondo in cui vivi.
Beh, questo è ciò che capita a chi soffre di acromatopsia, una rara condizione in cui la persona è incapace di percepire qualunque colore. “Acromatopsia” significa letteralmente “non vedere i colori”. Le uniche cose che riescono a percepire gli acromati, sono diverse gradazioni intermedie tra bianco e nero, delle scale di grigio molto confuse, neanche ben definite. Per gli acromati, i nomi giallo, blu, verde, arancio, viola, rosso (…) sono solo definizioni senza significato intrinseco, nomi che non riflettono la loro realtà ma che hanno dovuto imparare solo per comunicare con gli altri, senza avere mai la possibilità di distinguerli, riconoscerli… vederli!
L’uomo che vede i colori con l’udito
E se i colori si potessero vedere con l’udito e non più con la vista? È questa la conclusione a cui è arrivato Neil Harbisson, un uomo di origine britannica che soffre di acromatopsia fin dalla nascita. Era ancora uno scolaretto quando ebbe l’idea di inventare un’antenna in grado di convertire i colori in onde sonore. Complice del suo genio, i suoi studi nell’arte musicale. Così, all’età di 23 anni, Neil divenne in grado di percepire, con l’udito, ben 360 sfumature di colore, attraverso i microtoni trasmessi da un auricolare.
Neil, ancora oggi, riesce a percepire come propria, un’informazione elaborata e trasmessa attraverso un sistema hardware (una microcamera impiantata su un’antenna posta sulla testa e un trasduttore impiantato nell’osso della scatola cranica) e software (atto a convertire le informazioni sui colori in onde sonore). Neil si è spinto oltre questo e, nel suo sistema cibernetico ha fatto inserire le informazioni necessarie a ricevere gli input sonori per “ascoltare colori” che superano i limiti della percezione umana, come quelli nello spettro dell’infrarosso e dell’ultravioletto.
Il mondo percepito da Neil è molto diverso dal nostro, eppure viviamo nello stesso mondo! A fare la differenza è la soggettività del modo in cui acquisiamo informazioni sull’ambiente. Certo, quello dell’acromatopsia è caso limite, tuttavia, ognuno di noi ha un modo peculiare di acquisire informazioni dall’ambiente circostante. Ti sei mai soffermato a pensare, come, il modo in cui percepisci il mondo, riesca a guidare i tuoi desideri, le tue credenze e intenzioni? Oppure, più in generale, in che modo, la percezione che hai degli input esterni, condiziona il tuo comportamento?
Percezione, memoria e comportamento
A rispondere a queste domande ci pensano le neuroscienze che individuando il collegamento che c’è tra il funzionamento del cervello e le nostre competenze emotive e intellettive. L’esperienza che facciamo del mondo dipende dal nostro modo di percepirlo, dagli organi di senso (tatto, udito, vista…), nonché anche dalle nostre esperienze passate (memoria). Banalmente, riusciamo a identificare un oggetto cavo, frangibile, duro, cilindrico e trasparente come un bicchiere di vetro, solo perché nella nostra memoria ne abbiamo già visto e usato uno! Cosa dire della paura? La prospettiva di alcune esperienze ci terrorizza, anche se non le abbiamo ancora vissute. Se prendiamo un’aereo, possiamo sperimentare la paura di precipitare solo perché abbiamo in memoria notizie di incidenti aerei.
Cosa dire poi della paura che sperimentiamo in prossimità di una separazione o alla prospettiva di un colloquio di lavoro? Cosa sollecita la memoria in queste situazioni? Le emozioni hanno un rapporto molto stretto con la nostra memoria, tanto che, a livello cerebrale, condividono la medesima sede fisica. Come può il cervello dirigere il funzionamento di milioni di singole cellule nervose al fine di produrre un comportamento? E, soprattutto, come le esperienze passate e il modo in cui percepiamo l’ambiente circostante, influenza l’attività di tali cellule?
Le neuroscienze alla portata di tutti
Come premesso, le neuroscienze si pongono come obiettivo quello di rispondere a queste e a domande ancora più complesse. Per la loro importanza, le neuroscienze dovrebbero essere alla portata di tutti e non una materia per pochi eletti. Purtroppo, gli articoli di divulgazione scientifica che presentano le ultime scoperte in ambito neuroscientifico sono reperibili solo in lingua inglese o riportate, nel nostro paese, in termini accessibili a pochi. E se invece ci fosse una collana in grado di riportare tutte le nozioni del settore neuroscientifico in modo rigoroso, completo ma anche semplice? È ciò che ha fatto il gruppo editoriale EMSE.
A partire dal 27 agosto, in tutte le edicole d’Italia, sarà disponibile il primo volume della collana di libri «Scoprire Le Neuroscienze» dedicate proprio alle scoperte che hanno fatto e stanno ancora facendo la storia del panorama scientifico contemporaneo. Ogni volume pubblicato porta la firma di un ricercatore impegnato in ambito neuroscientifico e approfondisce un tema specifico alla scoperta di come funziona il cervello e di come noi ci facciamo guidare dal suo funzionamento!
Il racconto di Neil Harbisson, in apertura del presente articolo, è liberamente ispirato a una delle ultime pagine del primo volume intitolato «Il Cervello Inconscio» scritto da Marcos Quevedo Dìaz, ricercatore famoso per i suoi studi sugli stati di alterazione di coscienza e sulle aree cerebrali connesse all’epilessia. Il primo volume è dedicato agli automatismi della nostra mente e si può acquistare in edicola al prezzo di 2,99 euro. La data di lancio, come premesso, è oggi, 27 agosto!
L’apprendimento fa aumentare il volume del tuo cervello
Perché cimentarsi nell’approfondimento di una materia come le neuroscienze? Perché non sono affatto banali e perché parlano di noi, di come siamo fatti e di come funzioniamo. Inoltre, applicarsi in una lettura impegnativa significa mantenere in allenamento il cervello! Le stesse neuroscienze hanno dimostrato che l’impegno cognitivo, per esempio, durante l’apprendimento di una nuova materia neuroscientifica, può far aumentare letteralmente il volume del cervello, innescando la genesi di nuove cellule nervose (neuroni) e nuovi collegamenti (terminali assonali e sinapsi). Insomma, geni non si nasce ma ci si diventa, sfruttando le capacità naturali che tutti hanno in dotazione.
Scoprite, su questo link tutti i titoli della collana alla quale potete anche abbonarvi per non perdere neppure un numero della collezione e scoprire tutti i vantaggi dell’abbonamento.
Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
Autore del bestseller «Riscrivi le pagine della tua vita» edito Rizzoli
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