Ognuno di noi si dovrebbe sentirsi in diritto di esistere, di pretendere i propri spazi, di ricevere rispetto, stima e comprensione nelle relazioni interpersonali. Qualcuno di noi ha poco senso del diritto, altri, invece, ne hanno fin troppo e vogliono affermarsi persino a discapito degli altri. Quando qualcuno amplifica il suo senso del diritto, vive con «un’aspettativa irrealistica e immeritata di condizioni di vita favorevoli e di un trattamento favorevole da parte degli altri». Hai mai conosciuto qualcuno che sembra comportarsi come se tutto il mondo fosse in debito con lui? Come se gli spettasse qualsiasi cosa come diritto innegabile?
In psicologia clinica, il senso del diritto è descritto come un tratto di personalità tipico di chi vive con la convinzione di meritare privilegi o riconoscimenti per cose che non ha guadagnato. In termini semplici, le persone che lo sperimentano credono che il mondo debba loro qualcosa in cambio di… niente.
Esprimono rabbia immotivata
Chi pensa che tutto gli sia dovuto vive davvero male! Il motivo? Vive con la malsana convinzione che tutto ciò che accade dovrebbe apportargli vantaggi e tu lo sai bene, raramente gli eventi spontanei della vita portano benefici! Così, chi ha un senso del diritto accentuato, vive con costanti aspettative infrante e si condanna (da solo) a insoddisfazioni perpetue. Vive di rabbia, di rancori, di frustrazione e senso di ingiustizia. Quanto appena detto emerge in modo palese: quando qualcosa non va come previsto, chi pensa che tutto gli sia dovuto reagisce con forte rabbia e frustrazione. Per lui la rabbia nutrita è del tutto legittima ma chi osserva si rende conto che, in realtà, è del tutto ingiustificata.
Riversano le emozioni negative sugli altri
Non riuscendo a contenere la loro frustrazione, la riversano sugli altri anche quando gli altri non ne hanno alcun coinvolgimento diretto nell’accaduto. Per esempio, se malauguratamente questa persona ha avuto una ramanzina dal capo, dinanzi al quale si è sentito impotente, farà scontare a te le pene della sua impotenza. Anche se sono rabbiose e lamentose, chi pensa che tutto gli sia dovuto non fa nulla per costruirsi il meglio, aspetta che siano gli altri a darglielo. In più, non sempre hanno l’ardire e l’intraprendenza di contrariare chi oggettivamente ha il coltello dalla parte del manico (come il capo) ma poi riversano tutto su chi non c’entra nulla.
Sono intolleranti e lamentosi
La fila alla posta? Per loro l’attesa è intollerabile. Al supermercato? Per loro la cassiera è un’inetta, sempre troppo lenta. E gli automobilisti sono sempre troppo scarsi. Un po’ come te che, a suo dire, non sai gestire le tue cose! Insomma, lui/lei è l’unico che ci sa fare nella vita. Per tutti gli altri non c’è storia.
Si fermano alla superficie
Mancando di empatia, non riescono mai a capire il punto di vista altrui. L’unica prospettiva che esiste è la propria. Riallacciandoci al discorso di prima, se hanno di fronte qualcuno in difficoltà, lo bollano come incapace e non hanno l’empatia per capire che potrebbe semplicemente trattarsi di una persona che fa una giornata stressante!
I suoi problemi sono più importanti dei tuoi
I suoi problemi sono più importanti dei tuoi così come i suoi bisogni hanno priorità su tutto e tutti. State uscendo insieme? Bada che si ha un urgenza, si farà ciò che vuole lui/lei. Se due bisogni competano tra loro (soddisfare lui significa scontentare te) sappi che non vorrà sentire storie, non ci proverà neanche a trovare una via di mezzo.
Non chiedono, pretendono
Queste persone possono arrabbiarsi e diventare indisponenti e dispettose anche se semplicemente rifiuti di fare loro un favore. Chi pensa che tutto gli sia dovuto non accetta i rifiuti, li vive con un affronto personale, come l’ennesima ingiustizia. Come ovvia a questa situazione? Non chiede, ma pretende, estorce favori, usa ricatti (non solo morali, ma anche palesi, per esempio: non usiamo la tua auto? Ok, vorrà dire che non ti inviterò alla prossima cena che organizzo!) e sotterfugi per ottenere il suo tornaconto.
Vivono tutto come un affronto personale
Prendono tutto sul personale, non accettano critiche. Se gli fai notare una loro mancanza, aggrediscono. Quando commettono un errore, accantonano giustificazioni imputando la responsabilità a fattori contestuali (e non a una propria incapacità come fanno nel valutare con gli altri!) e non sanno mai chiedere scusa. Se fanno qualcosa, non la fanno perché è la cosa giusta da fare ma perché si aspettano una ricompensa, si aspettano di essere notati.
Siamo ciò che siamo per una moltitudini di ragioni rintracciabili nei nostri vissuti
Ciò che cerco spesso di spiegare a tutti quelli che mi conoscono (compresi i miei lettori) è che se oggi siamo come siano, se facciamo determinate scelte e abbiamo tratti di personalità caratteristici, un motivo c’è. Il nostro carattere non viene fuori dal nulla ma è la sintesi di tutti i nostri vissuti e, in quanto tale, racconta la nostra storia personale. Gli atteggiamenti che vedremo tra poco ci raccontano la storia di persone che non hanno mai avuto l’opportunità di apprendere e fare propri concetti come rispetto, reciprocità e fiducia. Per tali persone, è divenuto “naturale” sminuire i bisogni degli altri al fine di far valere i propri perché è l’unica modalità relazionale che conoscono.
Non ti chiederò di provare a comprenderli, non potrei mai, queste stesse persone, infatti, sono capaci di ferirti profondamente senza neanche rendersene conto. Ti chiederò, però, di provare compassione per loro. Perché? Cosicché non possano innescare in te rabbia, così da non permettergli di turbare i tuoi equilibri. Fin dai tempi di Boccaccio (cit. umana cosa è l’avere compassione degli afflitti), la compassione è vista come qualcosa che appartiene a un animo nobile e al contempo tenero. La compassione, piuttosto, dovrebbe essere vista come la virtù dei più tenaci, di chi osserva, capisce e lascia scorrere perché sa bene che ogni torto a lui riservato, danneggia in primis chi lo muove. Sa bene che nutrire il rapporto con certe persone, non può portare a nulla di buono per sé. E noi tenaci, vogliamo solo il meglio per noi stessi e le persone che amiamo!
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Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
Autore del bestseller «Riscrivi le pagine della tua vita» edito Rizzoli
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