“Ognuno di noi è fatto da tanti se stesso e non solamente da uno. Diciamo che siamo come un’assemblea condominiale composta da tante persone diverse. C’è quello più tollerante, c’è quello più permaloso, quello che si arrabbia subito, quello che parla poco e quello che non sta mai zitto.” Questa simpatica metafora mette in evidenza come la nostra personalità non sia univoca e sempre uguale. In effetti, siamo fatti di TANTE PARTI, a volte anche in conflitto tra loro. Tali parti o aspetti di noi derivano dai modi in cui ci è stato permesso di sentirci, da tutte le esperienze che abbiamo avuto la possibilità di fare con le persone importanti. Sono cioè tutti i modi che abbiamo sperimentato e che conosciamo di essere con gli altri.
Come spiegato nel mio libro “Riscrivi le Pagine della Tua Vita“ la nostra personalità non sempre rispecchia ciò che desideriamo per noi perché rappresenta il risultato di un adattamento che riflette l’ambiente in cui ci siamo sviluppati, i primi legami che abbiamo stretto e il modo in cui gli altri importanti ci hanno fatto sentire. Quando l’ambiente in cui cresciamo non è armonioso ma, al contrario, è ricco di ambivalenze, stimoli contrastanti e trascuratezza emotiva, il nostro sviluppo è messo a dura prova. Tutto avviene in modo precoce e silente, pertanto sfugge alla consapevolezza dei genitori e ancor più, naturalmente, a quella dei bambini. Prerogativa assoluta del bambino è quella di tenersi al sicuro, basta rifletterci: indifesi come eravamo, l’unico modo che avevamo per garantirci la sopravvivenza era nel legame genitoriale. Ecco perché, per mettere in salvo quel legame, alcuni di noi sono stati costretti a disconoscere parti di sé, a frammentarsi
E proprio in base a queste esperienze, che le parti di noi parlano, agiscono … o stanno in silenzio e non agiscono … a volte, anzi, ci impediscono proprio di fare delle cose.
Queste parti, rappresentano la lotta tra quello che riconosciamo, che evitiamo, che ammettiamo e che ignoriamo o non vogliamo vedere. E in questo piccolo, ma impegnativo, equilibrio cerchiamo di trascorrere le nostre giornate senza che nessuna delle parti domini la nostra vita. In quest’ottica non stupisce che alcune volte prevalga una parte e altre volte ne prevalga un’altra.
Non siamo padroni a casa nostra
Una delle affermazioni di Freud che più ricordiamo è: “non siamo padroni a casa nostra”. Intendeva dire che non ci conosciamo affatto. Infatti, per diventare “padroni a casa nostra” , cioè conoscere se stessi, bisogna faticare e non poco. Jung sosteneva che è l’impegno di una vita. Però, ognuno di noi pensa di sapere cos’è “l’Io”, intendendo per “Io” quella parte di autocoscienza di sé e delle sue capacità cognitive e, riteniamo che queste capacità ci abbiano resi diversi ma soprattutto superiori ad ogni altro essere vivente.
In realtà le cose sono un po’ più complicate di come vorremmo che fossero. Non è poi così vero che la struttura dell’ “Io” sia così granitica. Noi tutti abbiamo delle parti che parlano, tra loro e con noi, e che possiamo immaginare come dei bambini interiori. Alcuni hanno problemi con parti giudicanti e a volte il conflitto è talmente violento che non riescono nemmeno a gestirlo.
Quanti cambiamenti vorresti fare nella tua vita?
“Vorrei tanto cambiare lavoro, lasciare il mio compagno/a, vorrei dimagrire, vorrei trasferirmi. Ma …” … ma, per quanto una parte di noi voglia realmente fare quel cambiamento, un’altra parte di noi non vuole assolutamente! Tutto diventa come un’assemblea condominiale in cui i partecipanti parlano, urlano anche, e non giungono a nessuna conclusione utile. Ecco allora che sopraggiunge la crisi. “Non so proprio cosa fare, come uscirne!”
È importante accettare le nostre parti…così come sono, anche se a volte queste parti sembrano molto negative e possono arrivare a spaventarci tanto. A volte, è più utile cercare di capire cosa vogliono queste parti di sé, in modo da farle diventare collaborative. Sarà più utile rispettare tutte le parti, senza prendere posizione, per evitare di alimentare un conflitto interno. È più funzionale allearsi con l’intero sistema per capire come funziona il tutto.
In realtà, se ascoltassimo proprio quella parte di noi che più di tutte ci impedisce di fare qualcosa di diverso, capiremmo che ha davvero dei validi motivi per non farlo … pensiamo, per esempio, alle diete iniziate tante volte ma inefficaci. Cosa succede? Una parte del nostro sé trattiene quei chili di troppo perché si collegano metaforicamente a qualcosa nel profondo che ha una funzione specifica o a qualcosa che non vuole lasciare andare.
Facciamo degli esempi concreti di cosa si ripete quella parte inconscia di noi, e quindi assolutamente inconsapevole alla nostra parte razionale, per impedire il cambiamento: “Sono così invisibile per il mondo che con i chili di troppo qualcuno finalmente mi vedrà, saprà che esisto”, oppure, ahimè “Da bambino/a sono stata vittima di violenze, con i chili di troppo non piacerò a nessuno e così eviterò che qualcuno si avvicini a me per farmi del male”, o ancora “Non ho mai smaltito il dolore della gravidanza non portata a termine e trattengo con me i chili che avevo preso durante i primi mesi per mantenere la sensazione di avere una vita dentro di me” .
Questi e tanti altri sono i “DIALOGHI INTERNI”, i chiacchiericci, cioè, del nostro inconscio che non vogliono cambiare per preservarci da qualcosa o per trattenere cose che non vogliamo lasciare andare e che, quindi, entrano in conflitto con le altre parti che vogliono realmente farlo … Solitamente, alla fine, il tutto si riconduce al timore di soffrire e di non essere amati, ovvero alle paure principali che ci accomunano. Questa dinamica può essere estesa a gran parte dei disagi o delle difficoltà a cambiare che viviamo durante la nostra vita: situazioni lavorative insoddisfacenti e poco gratificanti che ci trasciniamo da tempo, relazioni sentimentali ormai logore e giunte al termine, situazioni statiche da cui non riusciamo a venir fuori, ecc. ecc.
Non trattiamo male le nostre parti, non insultiamole, non facciamo commenti negativi
Limitiamoci ad alimentare una curiosità sana e cerchiamo di capire il perché una parte sta agendo in un certo modo. Proviamo a promuovere l’aiuto reciproco e la collaborazione piuttosto che un conflitto interno. Ogni parte ha una sua funzione, impariamo a favorire empatia, collaborazione, negoziazione, così come comprensione e compassione.
Guardiamo curiosi le figure del sistema intero
C’è un momento in cui ci possiamo sentire agitati, ansiosi, impauriti perché non si capisce cosa stia succedendo nel sistema. Non riusciamo a comprendere cosa sta cambiando, se c’è qualcosa di sbagliato… ma in effetti il sistema potrebbe solo stare diventando più integrato. Vediamo le parti più comuni che possono coesistere in ognuno di noi.
1. La parte attaccamento
È la parte più fanciullesca che hai, tutto ciò che desidera è essere amata. È alla ricerca di complimenti, sorrisi, affetto e parole che possano rincuorarla. È quella che ha bisogno di conferme esterne quando c’è da prendere una decisione importante, desiderosa di consigli e approvazione. È percepita come la parte bisognosa di sé e in passato ci ha garantito il supporto degli adulti di riferimento. Ancora oggi, se ben integrata, può aiutarti a richiamare l’aiuto e la vicinanza degli altri.
2. La parte sottomessa
È la parte più spaventata. Ha paura della solitudine, dell’idea di non farcela e della mancanza di affetti; questa parte farebbe di tutto pur di compiacere gli altri. È spesso la responsabile dei confini indefiniti: è incapace di dire di no, è convinta di essere indegna e inadeguata, pensa che sia sempre colpa sua, a prescindere dai fatti o dal contesto. Quando è fortemente attiva, può farti sentire completamente “sbagliato” e far emergere in te grande vergogna.
3. La parte attacco
È indubbiamente la parte più “severa” di te. Si comporta come una parte tradita, perché di fatto si è generata in seguito a forti ingiustizie subite. È smaniosa di controllo e riscatto, ipervigile, estremamente giudicante e piena di rabbia. In passato, ti è servita a proteggere le parti più vulnerabili di te. Oggi, se lasciata agire in sordina, svolge la funzione di giudice severo, se invece prende il sopravvento, si serve di modalità aggressive e rigide e può scagliarsi contro di sé o gli altri.
4. La parte fuga
Questa parte è in perenne fuga: fugge dall’intimità, dalle emozioni e dalle situazioni che possono innescare tensione. La parte fuga ti fa evitare le emozioni soverchianti attraverso modalità disfunzionali che alleggeriscono il carico emotivo ma che spesso si traducono in comportamenti a rischio (alimentazione compulsiva, dipendenze, guida spericolata, shopping compulsivo, gioco d’azzardo…). Essa è spesso l’artefice della procrastinazione.
5. La parte idealizzante
È la parte che, al fine di salvaguardare il legame con l’altro importante, l’ha idealizzato mantenendone così un’immagine totalmente buona, in contrasto con i fatti effettivamente sperimentati nell’esperienza.
6. La parte negazionista
È la più difficile da identificare. Questa parte nega e minimizza i torti e i danni subiti. Riesce ad anestetizzare il dolore e usa un meccanismo di difesa molto primitivo: la negazione. Tale meccanismo verte sul rifiuto di accettare elementi della realtà, escludendoli dalla consapevolezza che si ha di essa.
7. La parte congelamento
Tutte le parti sono emerse in un contesto di sviluppo inadeguato, fatto di omissioni e abusi. Quando questo contesto di sviluppo diviene estremamente drammatico, emerge una parte che per tollerare le esperienze dolorose si paralizza, congela ogni emozione.
Come si fa a tenerle in equilibrio?
Più che tenerle in equilibrio dovremmo cercare di integrarle, collocandole correttamente nella nostra storia personale. Riconoscendo che ogni parte, per un lasso di tempo del nostro passato, ha avuto il suo scopo, interrompiamo il circolo vizioso del disconoscimento. Cioè, finalmente, smettiamo di negare noi stessi, di essere in guerra con parti di noi, ammettiamo che non siamo sbagliati e che se quella parte oggi esiste c’è sicuramente una ragione. Dialogare con ogni parte è un’ottima strategia per raggiungere una stabile armonia. Nel parlare con se stessi, bisogna ricordare che tutte le parti desiderano la stessa cosa che volevamo da bambini: sentirsi compresi, accettati e al sicuro.
Presta ascolto alle tue emozioni e rispettale
Questo articolo è ispirato al mio libro «Riscrivi le Pagine della Tua Vita», disponibile su Amazon e in tutte le librerie. Con il libro, cerco di diffondere la cultura della salute emotiva partendo proprio dall’abilità di accogliere le proprie emozioni e capire che vissuto ti stanno raccontando. Si parla di abilità perché come qualsiasi altra operazione complessa è qualcosa che è necessario apprendere.
Da bambini, i nostri genitori ci insegnano a leggere e a scrivere, capacità cognitive estremamente complesse per un bambino! Già a pochi anni dobbiamo imparare a distinguere dei simboli che lì per lì sembrano senza senso, dobbiamo imparare a replicarli con una penna, a impugnarla quella penna! Al contempo dobbiamo impararne ad associare un suono a ogni simbolo e poi a usare quelle lettere per comporre parole. Una sfida enorme che però siamo riusciti a superare!
Da bambini avremmo dovuto ricevere un’educazione emotiva che però è tardata ad arrivare: i nostri genitori in primis non l’hanno ricevuta! Come loro, siamo stati lasciati allo sbaraglio. Anzi, quelli più sfortunati tra noi sono stati addestrati a mettersi da parte, a ignorare i propri bisogni ed emozioni, a pensare che c’è sempre qualcosa di più importante di sé! Ecco, nel libro «Riscrivi le Pagine della Tua Vita» ti spiego come ripristinare un equilibrio perduto, ti insegno a rivendicare il tuo valore di persona completa e degna di amore, ad ascoltare i tuoi bisogni, le tue emozioni e a esprimerle senza timore alcuno. Se hai voglia di iniziare a conoscerti davvero, è il libro che fa per te. Puoi trovarlo in libreria e a questa pagina Amazon.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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