Il concetto di autostima è estremamente sottovalutato, eppure è questo costrutto che determina la qualità delle nostre relazioni, le scelte che facciamo e, a dirla tutta, è determinante per l’intera esistenza. La definizione di autostima è riduttiva, essa infatti è descritta come l’insieme di giudizi valutativi che l’individuo dà di se stesso (Battistelli). Per capire meglio in che termini l’autostima può influenzare la nostra vita parleremo di un concetto fortemente correlato e vedremo alcuni esempi di come l’autostima riesca a invalidare –in modo insospettabile– la nostra vita quotidiana. E in tutto ciò cosa c’entrano i nostri genitori? L’idea che abbiamo di noi stessi l’assorbiamo da loro, da come questi si relazionavano con noi in età infantile e negli anni successivi. Già, perché l’autostima nasce in base ai feedback sociale che riceviamo dall’esterno. Vediamo tutti i dettagli.
L’autoefficacia percepita
L’autoefficacia percepita è la costituente fondamentale dell’autostima. Il concetto di autoefficacia è stato introdotto da Albert Bandura e corrisponde alla consapevolezza di essere capace di fronteggiare situazioni e padroneggiare il proprio funzionamento psicologico e sociale. L’autoefficacia percepita ci dice che cosa siamo capaci di fare, cosa siamo capaci di sentire, di esprimere, di essere o di diventare. È a partire dalle valutazioni che facciamo di noi stessi che fissiamo i nostri obiettivi. Questo è piuttosto intuitivo: come potrei pensare di ottenere un premio, se non mi reputo capace di partecipare alla gara?
Da ciò si evince che l’autostima non riguarda banalmente il nostro aspetto fisico, non determina solo se ci piacciamo o accettiamo fisicamente, ma si spinge molto più in là. In altre parole, molte persone accettano il proprio corpo, si prendono cura di sé (almeno sul piano fisico)… tuttavia hanno una bassa autostima che si riflette nelle relazioni sentimentali, sul lavoro o in altri domini della vita.
L’idea che abbiamo di noi stessi l’abbiamo eredita dai nostri genitori
La bassa autostima, uno scarso senso di autoefficacia, riflettono pensieri, convinzioni e credenze (a volte nascoste) che abbiamo su noi stessi. Talvolta queste credenze sono talmente implicite da funzionare in modo occulto. In queste circostanze, l’idea che abbiamo di noi stessi l’abbiamo ereditata da qualcun altro e non ci appartiene davvero.
Sì, l’idea che abbiamo di noi e delle nostre capacità spesso non si forma sul campo, non emerge dopo una serie di fallimenti, piuttosto avviene l’esatto contrario: è la bassa autostima a determinare i nostri fallimenti. Come premesso, l’idea che abbiamo di noi stessi viene ereditata da una figura di accudimento: prima da un genitore che ci sottovaluta, successivamente confermata da un partner che ci tratta come una nullità o da colleghi di lavoro approfittatori.
La fiducia in se stessi è qualcosa che si eredita, l’autostima, infatti, non è un tratto a se stante ma il risultato di un percorso che inizia presto, fin dal primo anno di vita. Sentirsi curati, protetti e amati senza condizioni ma accettati per quello che si è, è alla base di una sana autostima. Se la prima eredità è fornita dai genitori, le conferme di ciò che siamo e possiamo essere arrivano in seguito dai nostri amici di scuola, dagli insegnati e, in generale, da come ci vedono gli altri. È importante sottolineare che tutto può essere consequenziale al primo apprendimento trasmesso dai genitori.
Cosa è andato storto?
Proviamo a rispondere a questa domanda: cosa è andato storto nell’infanzia di chi ha uno scarso senso di autoefficacia? I bambini piccoli hanno bisogno di sentirsi protagonisti delle proprie esperienze e non soltanto i destinatari di iniziative altrui. Lo sviluppo di una sana autostima può essere compromesso da fattori come:
- Elevate aspettative genitoriali
- Traumi irrisolti
- Abbandoni
- Caregiver anaffettivo
- Caregiver sadico o ambivalente
- Vergogna interiorizzata
- Trascuratezza emotiva (neglet)
- Abusi
L’autostima è determinante nella vita di ognuno di noi perché sono le nostre percezioni che plasmano la realtà.
8 insospettabili indicatori di scarsa autostima
Avere un’opinione pessima di se stesso, sentirsi indegno, non accettare il proprio corpo, sentirsi inadeguato, sperimentare vergogna circa un proprio vissuto, non sentirsi abbastanza… sono evidenze comunemente associate alla bassa autostima. Non sempre è così palese, l’autostima può manifestarsi in modi occulti.
Per esempio, relazionandoci con una persona arrogante, probabilmente non ci verrebbe mai in mente di pensare che ha una scarsa stima di sé… eppure potrebbe essere così. Le persone passive-aggressive, infatti, non godono mai di una buona stima di sé ma sono popolari solo per la loro arroganza.
#1. Compiacere gli altri
Il compiacente è una persona che tende a dare soddisfazione o piacere agli altri nonostante ciò comporti per lei un sacrificio. Spesso, per compiacere l’altro, chi ha una bassa stima di sé non riesce a dire “no”. Il bisogno di compiacere nasce dal timore di essere rifiutato. Il pensiero occulto soggiacente suona così: «poiché io non mi accetto e non mi basto, mi assicuro che siano gli altri ad accettarmi e faccio di tutto per scongiurare lo spauracchio del rifiuto».
#2. Competere con gli altri
Quando l’autostima è sana, è possibile cooperare con gli altri, creare un clima di affiliazione e amicizia. Chi è portato a competere con tutti e chi ha la tendenza a paragonarsi costantemente agli altri, ha uno spiccato deficit d’autostima.
#3. Fare cose per poter dire di averle fatte
Ogni giorno muoviamo delle scelte. Secondo logica, dovremmo scegliere ciò che ci piace e ci gratifica. Chi ha una scarsa stima di sé muove le proprie scelte in base a ciò che ritiene possa piacere agli altri. Così, alcune esperienze vengono vissute solo per poter raccontare agli altri di aver fatto quella determinata cosa. Si strumentalizzano acquisti ed esperienze per migliorare l’immagine che gli altri hanno di sé.
#4. Difficoltà a scandire i confini interpersonali
Può forte è la nostra autostima, più definiti sono i confini interpersonali. Confini interpersonali sani si traducono in relazioni funzionali e appaganti. Al contrario, confini interpersonali confusi, si traducono in rapporti basati sull’abuso, sulla manipolazione, sull’annullamento di sé o sulla distanza affettiva.
Con l’accudimento, il genitore trasmette al bambino il valore dei propri confini, la dignità dell’essere persone complete, rispettabili, meritevoli di fiducia, stima e amore. E’ in questo modo che i figli imparano a farsi rispettare, a porre dei limiti a ciò che sono disposti a tollerare, apprendono come dire no a richieste eccessive. Chi è cresciuto con genitori invischianti, abusanti, trascuranti, eccessivamente ansiosi… non saprà «lasciar entrare e accogliere con piacere» ne’ saprà «tenere fuori e respingere». Non saprà trovare la giusta distanza tra sé e l’altro e finirà per fondersi oppure chiudersi completamente. P
#5. Sperimentare un dialogo interiore negativo
La tendenza a rimuginare e a sperimentare un dialogo interiore confuso, pessimistico e negativo, è figlia di uno scarso senso di autoefficacia. Chi è troppo severo con se stesso, pronto a rimproverarsi duramente, ha certamente una scarsa autostima. Chi accetta se stesso è pronto ad accettare anche i propri errori, muovendo un dialogo interiore propositivo è possibile trasformare ogni errore in resilienza.
#6. Soffrire d’ansia
Alla base di qualsiasi forma d’ansia c’è il pensiero di non essere abbastanza. Non tutti sanno che l’ansia insorge quando valutiamo (in modo consapevole o inconsapevole) le nostre risorse insufficienti per fronteggiare un’evenienza spiacevole. Non è l’aspettativa dell’evenienza spiacevole in sé a generare l’ansia, quanto l’idea di non essere in grado di affrontarla.
#7. Indecisione cronica
Chi ha una scarsa autostima non si conosce affatto! Come premesso, chi soffre di bassa autostima ha eredità da qualcuno l’idea che ha di sé, ciò significa che non ha avuto mai modo di conoscersi profondamente, di sperimentarsi davvero in diverse circostanze della vita. La mancata conoscenza di sé crea delle crepe nell’identità personale e delle falle che si traducono in una forte indecisione cronica.
#8. Prevaricare l’altro nelle discussioni
Chi vuole sopraffare l’altro nelle discussioni, pur di averla vinta, ha chiaramente un problema di scarsa autostima. Se avesse una buona stima di sé non sentirebbe il bisogno di imporsi, prenderebbe atto delle divergenze d’idee e proseguirebbe per la sua strada. Il bisogno di volersi imporre a ogni costo, fino a sopraffare l’altro nelle discussioni (ricorrendo anche ad offese personali che poco hanno di pertinente con il tema della discussione) è un chiaro indice di scarsa autostima. Queste persone vivono le opinioni diverse dalla propria come una minaccia alla già labile autostima. Il pensiero soggiacente suona così: «se non sei d’accordo con me, vuol dire che io ho torto… ed è inaccettabile».
Le persone con un buon senso di auto-efficacia, riescono a tollerare le diversità e i diversi punti di vista perché non vivono i disaccordi come una minaccia alla propria autostima, non rischiano di sentirsi sbagliati per una divergenza di opinione. Quindi non sentono il bisogno di sopraffare nessuno.
Come invertire la rotta?
Non tutti ci riflettono, ma ogni volta che abbiamo difficoltà a prendere decisioni, quando siamo in preda all’ansia, quando procrastiniamo un obiettivo, in realtà stiamo dicendo a noi stessi che non valiamo. Che non meritiamo spazio e fiducia, stiamo confermando l’idea che abbiamo ereditato, quindi non stiamo esprimendo davvero noi stessi ma stiamo confermando le convinzioni che altri hanno avuto di noi. L’aspetto positivo è che l’eredità che hai ricevuto, che ti racconta l’idea che hai di te stesso, non è qualcosa di immutabile. Puoi lavorare fin da subito su te stesso per accrescere l’intima consapevolezza del tuo valore e migliorare la fiducia nelle tue capacità.
Chi vuole fare un profondo lavoro su se stesso potrebbe trovare utile la lettura del libro «Riscrivi le pagine della Tua vita. Tutti gli strumenti per scoprirti, capirti e volerti bene», un manuale ricco di spunti, stimoli ed esercizi psicologici che possono farti capire chi sei veramente. Comprendersi sembra facile, eppure, alcuni di noi sono estremamente complessi, si portano dentro una moltitudine di sfaccettature non sempre facili da «gestire», alcuni di noi, poi, si portano dentro dei carichi emotivi enormi, che stanno lì da chissà quanto tempo, carichi difficili da districare. Il testo è il primo libro di Psicoadvisor, ed è nato per a fornirti gli strumenti giusti per analizzare te stesso, i tuoi vissuti emotivi, il tuo senso di auto-efficacia e la funzionalità (o disfunzionalità) delle tue storie relazionali, dall’infanzia all’età adulta.
Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
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