L’essere umano è certamente un essere sociale, viviamo immersi nelle relazioni e che lo si voglia o meno non possiamo non interagire con gli altri. Una parte di noi sente il bisogno di essere riconosciuta, apprezzata e amata, mentre una più guardinga teme di essere ferita e tende a proteggere la propria vulnerabilità per fuggire dal dolore. Si tratta quindi di trovare il giusto equilibrio che possa conciliare due posizioni dicotomiche: avere un legame senza che questo determini in qualche modo la rinuncia alla propria individualità.
Perché il porcospino?
Avete mai sentito parlare del mito del porcospino? Ne ha parlato il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer nella sua raccolta di scritti intitolata “Parerga e Paralipomena”. Per parafrasare la sua storia, Schopenhauer ha scritto di una notte d’inverno in cui una colonia di porcospini cominciò a sentire freddo… “Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione”.
I contatti umani
Come per tutte le storie possiamo imparare molto da questi porcospini! Con questo breve racconto, noto come “Il dilemma del porcospino” di Schopenhauer, utilizzando la figura del porcospino, animale dotato di spine, riflette sulla difficoltà del vivere insieme agli altri e di mantenere la giusta distanza nei rapporti con le persone, per non ferirsi a vicenda. La prima cosa che ci insegnano i porcospini è che le relazioni sono il frutto di un complicato e delicato equilibrio tra vicinanza e distanza.
Questo vale per tutte le relazioni: quelle di amicizie, quelle sentimentali e soprattutto… quelle familiari! Pochi conoscono questo dilemma, ma tutti quanti abbiamo sperimentato il dolore per una relazione amorosa o d’amicizia andata male. Tale dilemma potrebbe anche chiamarsi dilemma del genere umano! L’uomo infatti è un essere sociale, poco incline alla solitudine: proprio per questo ha costruito una società fondata sui rapporti umani e sullo scambio tra persone.
Questa storia spiega in maniera perfetta come tutti noi abbiamo bisogno di socialità, affetto e rapporti umani per riempire la monotonia e il vuoto interiore; tuttavia ogni individuo ha qualità e difetti che, nel momento in cui si superano certe distanze per avvicinarsi agli altri, vengono allo scoperto, causando rotture e allontanamenti. Così amori apparentemente solidi si trasformano in rapporti conflittuali, amicizie felici ad un tratto si spezzano portando dolore e amarezza, legami familiari si inclinano.
Perciò nelle persone si genera un vero e proprio dubbio, il cosiddetto dilemma del porcospino, se avere o no rapporti sociali.
Questa parabola evidenzia perciò come ogni stretto rapporto affettivo possa da una parte riempire, rendere felici e “scaldare” la nostra vita,ma dall’altro possa ferire e portare dolore:
È il prezzo da pagare per aver una vita sociale? Non sempre e non necessariamente avere rapporti significa poi provare dolore e comunque non è un valido motivo per essere asociali.
La prima forma di relazione è quella che il bambino sviluppa con la madre nei mesi di gestazione. Per un buon periodo della vita sarà dipendente da chi si prenderà cura di lui. Crescendo, stabilisce relazioni con i pari, con gli educatori all’interno dell’ambiente scolastico. Fino ad arrivare al periodo della vita in cui il gruppo di amici diventa una delle ragioni fondamentali per cui vivere. Sono gli anni delle prime relazioni amorose. Crescendo si manifesta spesso la necessità di avere relazioni stabili e durature. Quindi matrimoni, figli, famiglie, nuove relazioni, nuovi ruoli.
Da adulti infatti noi tutti in qualche misura tendiamo a riproporre modelli relazionali interiorizzati durante l infanzia. Schemi che utilizzeremo non solo con i nostri genitori ma anche con gli estranei.
Il caso più esemplificativo: la scelta del partner. Lo stile di attaccamento entrerà in gioco nella scelta del partner e nella modalità della relazione che a sua volta influenzerà la distanza relazionale. Se un bambino ha sperimentato una madre attenta alle sue esigenze, accudente, avvolgente, “unito da un legame intimo e costante, fonte per entrambi di soddisfazione e gioia“, avrà la percezione di sé come di una persona degna di amore e il modello di un mondo dove potersi aspettare aiuto e conforto in caso di necessità.
Al contrario se un bambino ha sperimentato distacco, freddezza, una insufficiente risposta alla soddisfazione dei bisogni, da adulto avrà la percezione di sé come di una persona non degna di amore e il modello di un mondo freddo, talvolta ostile dal quale difendersi. Difficilmente si lascerà andare, la diffidenza, per paura di essere delusi o feriti , sarà una delle principali caratteristiche, e sarà un individuo alla costante ricerca di attenzioni.
Quale distanza bisogna tenere?
La relazione è un legame che congiunge, occupa un tempo e uno spazio, ha una storia, contiene emozioni, desideri, aspettative, significati, richieste, scambio reciproco, rispetto; inoltre non è mai neutra, ma sempre condizionata dalla soggettività. Ognuno entra in relazione con l’altro portando il proprio bagaglio personale, la propria storia. A volte si sente di non poter fare a meno di avere quegli aculei nel corpo. Sono legami che creano dipendenza, legami dei quali non si può fare a meno ma che fanno sentire tutto il dolore di essere trafitti. Altre volte ci si allontana dagli altri a tal punto da provare il gelo della solitudine.
La cosa più difficile nelle interazioni sociali è quella di trovare il giusto equilibrio per rimanere vicini senza farsi male. Delusioni, relazioni fallite ed abbandoni creano delle ferite proprio come gli aculei di gesti animali: ma davvero è meglio allontanarsi del tutto dagli altri per paura di farsi ancora male? Come gestire il dilemma del porcospino?
In tutte queste relazioni dobbiamo trovare il giusto equilibrio. Come possiamo trovare l’equilibrio tra vicinanza e distanza, tra il nasconderci e l’essere trovati?
- La prima cosa importante è essere sicuri di se stessi e sentirsi a proprio agio con ciò che siamo. Conoscersi e amarsi è il segreto per potersi avvicinare all’altro e amarlo. Solo in questo modo possiamo correre il rischio di farci trovare e stare vicini ad un’altra persona.
- Il secondo passo è stabilire i confini di se stessi. Ciò significa che dobbiamo aver chiaro chi siamo al di là dell’altro: stabilire chi sono! Costruire un proprio senso d’identità ci permette di definire i nostri confini interni in modo stabile ma non rigido, così che permettano agli altri di avvicinarsi a noi, senza però superarli e soffocare chi siamo, quello che sentiamo e come prendiamo le nostre decisioni.
In definitiva la soluzione sta nell’imparare a tenere una certa distanza: in questo modo ci si può “scaldare” senza però rischiare di pungersi. E allora viene da chiedersi: come bisogna porsi all’interno di una relazione? La storia del dilemma del porcospino ci insegna che per stare bene dobbiamo trovare la giusta distanza l’uno dall’altro. Il segreto è quello di lasciarsi sfiorare dagli aculei per poter sentire il calore della vicinanza senza venire feriti dalla presenza dell’altro.
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A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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