“Ma che mi piangi” , “non si piange” sono le frasi che tutti noi abbiamo ascoltato almeno una volta nella nostra vita. In una società basata sull’apparenza, le emozioni maggiormente accettate sono la gioia e l’allegria. E questo rende difficile manifestare tristezza o dolore. Molti soggetti per adeguarsi alle aspettative comuni reprimono i loro stati d’animo richiudendosi in una sorta di guscio, ma ciò è estremamente pericoloso a livello psicologico per il singolo individuo.
Le emozioni non sono tutte uguali, né trovano lo stesso grado di accettazione nella nostra società. L’emozione più accettata è la felicità, fondamentalmente perché è un segno di sicurezza e di successo. Per questo ci vediamo costretti a fingere di essere felici, rispondendo che stiamo bene e sorridendo anche quando dentro siamo distrutti.
Una società che esige che siamo sempre felici e disposti a conquistare il mondo è ingiusta, perché non funzioniamo così. Spesso siamo tristi. Stigmatizzare la tristezza serve solo a farci sentire peggio, a farci pensare che non siamo abbastanza forti da affrontare i problemi.
Nasciamo piangendo come segno di vitalità
Da bambini ci capita spesso di piangere. Era il nostro modo più efficace per comunicare un dolore o un malessere, oppure una paura. Crescendo impariamo a controllarci. Non piangiamo più, ci tratteniamo. In realtà piangere è il modo più efficace per buttare fuori le emozioni forti, la tensione, persino la gioia e la commozione.
Gli unici a piangere per ragioni emotive siamo noi umani. La nascita del pianto legato alle emozioni ha rappresentato un fondamentale passaggio evolutivo nella storia dell’uomo. Una ragione in più per non vergognarsi mai di piangere. Non dovremmo mai bloccare il nostro pianto né interpretarlo come un segno di debolezza.
Piangere come passaggio evolutivo cruciale dell’uomo
Michael Trimble, neurologo dello University College London’s Institute of Neurology, nel suo libro intitolato “Why Humans Like To Cry” identifica il piangere come passo fondamentale nell’evoluzione dell’uomo. Secondo Trimble gli uomini avrebbero iniziato a piangere per dimostrare le proprie emozioni prima ancora di iniziare a usare il linguaggio parlato.
Il neurologo sostiene che il momento in cui la lacrima è divenuta un grido di aiuto e un segnale di sofferenza emotiva sia stato fortemente collegato con la nascita dell’auto consapevolezza e con la crescita del cervello sociale. La lacrima insomma rappresenta uno spartiacque emotivo nell’evoluzione umana che ha iniziato anche ad affermarsi con il crescere dell’empatia verso gli altri esseri della nostra specie. E la consapevolezza che questi possono andarsene, magari per sempre.
Il pianto umano nasce come attaccamento emotivo agli altri individui, incoraggiato da una mimica facciale che negli umani è divenuta sempre più sofisticata con il passare del tempo. Nel libro il ricercatore precisa anche quali sono le aree cerebrali coinvolte. In sintesi sono in un collegamento tra la porzione anteriore della corteccia cerebrale e le aree cerebrali deputate alla rappresentazione delle emozioni: il sistema limbico e il sistema nervoso neurovegetativo che coordina la frequenza cardiaca, la respirazione e la parola, attività collegate al pianto.
Le lacrime contengono una grande quantità di elementi chimici in grado di comportarsi come messaggeri olfattivi, impercettibili ma sicuramente efficaci. Il pianto dunque come elemento di comunicazione emotiva ed affettiva, come strumento relazionale e segno di forza, non di debolezza. Gli unici esseri viventi che piangono con un contenuto emotivo sono gli essere umani e questa caratteristica esclusiva è così ancestrale da aver addirittura preceduto l’acquisizione del linguaggio.
Piangere e salute mentale
Secondo l’eminente psicologo Daniel Goleman quando tratteniamo le lacrime, sono le nostre emozioni che lottano per esprimersi, pertanto, reprimiamo la nostra rabbia e la nostra tristezza in modo da subire gli effetti di quest’ultima. Secondo il dottor Frey, biochimico e capo del dipartimento di psichiatria del Ramsey Medical Center, le lacrime sono un processo che consente al corpo di rilasciare tossine indotte dallo stress emotivo. In effetti, le lacrime secrete durante una situazione emotiva dolorosa sono cariche di proteine e ormoni legati allo stress (ACTH e prolattina), pertanto, l’esperto ritiene che le lacrime aiutino a calmare lo spirito.
Piangere è catartico
Sigmund Freud è stato il primo a realizzare degli studi sul pianto. Il padre della psicoanalisi disse che piangere è catartico; aiuta a liberare il paziente dalle angosce del subconscio. In seguito si è giunti alla conclusione che reprimere le lacrime può scatenare disturbi d’ansia, asma o ulcere intestinali. Non esternare i nostri sentimenti ci rende più propensi a deprimerci o ad ammalarci. Oltre alla capacità di alleviare le tensioni psicologiche, le lacrime hanno diversi vantaggi, come ricorda la psicologa Michèle Hosseini:
Alleviano la tristezza e la depressione
Come suggeriscono i ricercatori del Pasteur Institute, le lacrime contengono oppiorfina, una proteina che ha effetti contro la depressione. Di conseguenza, il pianto allevia lo stress, la tristezza e l’ansia e ripristina il buon umore.
Aiutano a comunicare i nostri sentimenti Il linguaggio non verbale rappresenta gran parte della nostra comunicazione. Pertanto, riteniamo che le lacrime siano un mezzo di espressione come qualsiasi altro. Quando le parole diventano difficili da esprimere, il corpo può assumere il controllo e definire determinate emozioni; le lacrime sarebbero quindi un modo per evidenziare la sofferenza e il bisogno di consolazione.
Alleviano alcune forti emozioni
Quando si verifica un sovraccarico emotivo correlato a stress, angoscia o persino gioia, le lacrime possono aiutare a regolare le emozioni. In effetti, in certe situazioni possono apparire anche lacrime associate a sentimenti di felicità, pertanto, il pianto aiuta a liberare tutte le tensioni interne e ripristinare l’equilibrio emotivo.
Aiutano a lasciar andare le emozioni negative
Viviamo in un contesto in cui lo stress spesso ci travolge. Pensando al passato, al presente o al futuro, alcune emozioni possono sorgere e incitare a mettersi in discussione. Ma quando piangiamo, queste idee pessimistiche che possono ostacolare il nostro benessere alla fine diminuiscono generalmente.
Cosa abbiamo imparato
Piangere in conseguenza di un’emozione è un modo attraverso cui il nostro sistema nervoso acquisisce consapevolezza di se stesso e delle nostre emozioni. L’uomo ha probabilmente iniziato a piangere per comunicare i propri sentimenti prima di iniziare a parlare. Nella nostra società esiste ancora la convinzione che piangere sia un segno di debolezza. Mentre invece è un atto curativo. Che ci permette di liberarci e essere consapevole delle nostre emozioni e delle nostre condizioni. Saper piangere, quando serve, è il vero segno di forza ed equilibrio interiore.
Per piangere, nella nostra cultura, ci vuole coraggio
Coraggio di ascoltarsi, di entrare in contatto con la tristezza, di dare spazio a questa affinché si possa mostrare nella sua forma più pura, far in modo che il giudizio non blocchi il flusso e infine lasciare che le goccioline dagli occhi visitino il volto. Credi ancora che piangere sia per deboli?
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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