Per tantissimi di noi è assolutamente normale arrivare a temere di non avere valore e sentirsi inferiori agli altri. Già da bambini, non potendo sopravvivere senza i genitori, tutti noi dobbiamo convivere con l’idea di essere vulnerabili e dipendenti da loro. Ma anche da grandi, capita che questo senso di inferiorità continui a operare indisturbato e interferisca in ogni ambito della nostra vita. Possiamo sentirci inferiori in tante situazioni: quando ci troviamo a dover affrontare un esame, quando entriamo in un nuovo gruppo, quando ci confrontiamo con persone più esperte di noi, quando ci poniamo in competizione. Il problema nasce quando il senso di inferiorità si fissa nella nostra interiorità, divenendo una sensazione costante al punto da invalidare l’intera nostra esistenza.
Il complesso di inferiorità è un disagio psicologico che pone le sue radici nella bassa autostima
Chi ne soffre è una persona estremamente insicura e focalizza la sua esistenza su difetti immaginari sia a livello fisico che intellettuale. E’ condizionato dalla sua insicurezza rischiando di avere una vita meno gratificante di quanto potrebbe: tutto quello che fa o non fa sarà filtrato dal proprio senso di inferiorità. Alcuni ambiti chiaramente più di altri ad esempio la carriera, ma anche tale modalità non sarà esente da difficoltà personali e relazionali.
Secondo Adler, psicologo allievo di Freud, esistono due tipi di complesso di inferiorità:
- Il complesso di inferiorità primario
In questo caso l’origine può essere fatta risalire all’infanzia, quando il bambino sperimenta sentimenti di debolezza, impotenza e dipendenza. In seguito questi sentimenti possono essere rafforzati da confronti negativi con fratelli, compagni di classe o nei rapporti di coppia. - Il complesso di inferiorità secondario
In questo caso l’origine si trova nell’età adulta ed è legata alla sensazione, spesso inconscia, di non essere in grado di raggiungere sicurezza e successo. La persona sperimenta sentimenti negativi rispetto alle sue capacità e si sente inferiore agli altri, che considera persone sicure e di successo.
Tuttavia, qualunque sia il periodo in cui è sorto, il complesso di inferiorità si basa in una generalizzazione, in giudizi irrazionali rispetto a noi stessi. Questo idea errata si fissa a tal punto nella nostra mente che finisce per influenzare la nostra vita e l’immagine che abbiamo di noi stessi.
Come nasce il complesso di inferiorità?
La maggior parte delle persone che soffre del complesso di inferiorità pensa che questo sia dovuto a un proprio difetto, spesso fisico, o al fatto che non sia abbastanza competente in alcuni ambiti. In realtà questa è solo una scusa (magari inconsapevole) per avvalorare il modo di percepirsi. Il complesso di inferiorità non dipende solo dalla “differenza”, ma anche dall’incapacità di gestire correttamente questa differenza. Non è la diversità, ma la nostra interpretazione di tale “differenza” che crea il complesso di inferiorità. Infatti, si possono incontrare persone con lo stesso difetto, invalidità, debolezza o limiti e non hanno sviluppato un complesso di inferiorità!
Ovviamente, questo modo di affrontare la “differenza” dipende in gran parte dalle nostre credenze, molte delle quali ci sono state trasmesse durante l’infanzia. Ad esempio, se pensiamo che una persona può avere successo solo se è riuscita ad accumulare beni e denaro, è probabile che ci sentiamo inferiori e falliti se non siamo riusciti a farlo. Se pensiamo che per essere felici bisogna essere fisicamente perfetti, saremo perennemente ossessionati dal nostro aspetto e ogni piccolo “difetto” può contribuire a far sorgere il complesso di inferiorità.
Le persone che credono che tutto debba essere necessariamente bianco o nero, buono o cattivo, o tutto o niente, sono anche più propense a sottovalutarsi e disprezzarsi perché non sono in grado di apprezzare le diverse sfumature della vita.
Il pericolo della sovracompensazione
Alcune persone, quando si sentono inferiori, si comportano come se lo fossero davvero, così finiscono per riaffermare la bassa opinione che hanno di se stesse. È una profezia che si autoavvera. Queste persone tendono inoltre ad isolarsi dagli altri perché pensano che tutti noteranno il loro “difetto” e li derideranno. In alcuni casi possono anche sviluppare paure o fobie. Diventano persone dipendenti che hanno bisogno di qualcuno più forte al loro fianco che gli offra un supporto emotivo permanente.
In altri casi, le persone con un complesso di inferiorità reagiscono attivando inconsciamente un meccanismo di sovracompensazione. Cioè, cercano di compensare il “difetto” ponendosi un obiettivo quasi impossibile da raggiungere!
E’ importante distinguere tra la compensazione e la sovracompensazione
La compensazione implica semplicemente sviluppare alcune risorse per compensare una carenza. In questo caso la persona è consapevole del problema e lavora per compensarlo, migliorando altre abilità e competenze.
La sovracompensazione va un passo oltre, comporta il desiderio di sentirsi superiore. Le persone che implementano un meccanismo di sovracompensazione mostrano spesso comportamenti estremi, cercano di eccellere in alcuni ambiti a qualsiasi mezzo proiettando una falsa immagine di sicurezza. Per esempio, un uomo con un complesso di inferiorità associato con la mascolinità, può reagire con atteggiamenti misogini che lo inducono a disprezzare le donne.
Spesso il meccanismo della sovracompensazione si verifica a livello inconscio. Cioè, la persona non accetta che, alla base di questi comportamenti estremi, si nasconda in realtà la sensazione di inferiorità. Ovviamente, in questo modo si finisce per sprofondare in un circolo vizioso che non permette di crescere. Infatti, anche se queste persone riescono a raggiungere determinati risultati o addirittura eccellono in alcune aree della vita, non riescono mai a sentirsi meglio, perché non superano il complesso di inferiorità che sta alla base
Complesso d’inferiorità e narcisismo
Percependosi deboli e inadeguati, molte persone che soffrono di complesso d’inferiorità cercano in maniera disfunzionale di dimostrare al mondo di essere degni di valore. Adottano schemi comportamentali, dove cercano il protagonismo a prescindere: per fare questo utilizzano arroganza o un umorismo sprezzante, graffiante, irrispettoso dell’altro, pur di affermare se stesso. Usano qualsiasi mezzo per sminuire chi è al loro fianco: per apparire di più, sono disposti a tutto pur di riuscire nel loro intento.
Questi individui, incapaci di ammettere i propri errori, non hanno l’umiltà per sostenere fallimenti; lottano strenuamente, pronti a passare sopra le vittime del loro sterminio, obbedendo a un copione che prevede solo la vittoria, mosso da un senso di inferiorità nascosto, che li spinge a uno sforzo immane nel dimostrare a se stessi e al mondo di valere. La lotta per affermarsi li porta pertanto a sviluppare un disturbo narcisistico di personalità.
Come superare il complesso di inferiorità?
Ripetersi all’infinito frasi positive davanti allo specchio è completamente inutile. Infatti, uno studio condotto da psicologi delle università della California e di Yale indica che le persone che hanno una bassa autostima si sentono peggio quando ripetono a se stesse frasi come: “mi accetto totalmente” o “avrò successo”. Non è così facile ingannare se stessi. Superare il complesso di inferiorità richiede un sforzo molto profondo a livello psicologico
1. Determina in cosa ti senti inferiore
Il primo passo per risolvere un problema è sapere che esiste, divenire consapevoli della difficoltà. Se soffri un complesso devi trovare quella parte di te che non ti piace.
2. Valuta l’entità del danno
Il complesso di inferiorità di solito inizia da una carenza, una debolezza o un difetto, ma si diffonde gradualmente a tutta la personalità. Valuta come questo sentimento ha influenzato la tua vita. Non significa trovare delle ragioni per deprimersi, ma capire fino a che punto questo complesso ti ha limitato.
3. Inizia a pensare in termini di diversità
Essere inferiori rispetto a qualcosa implica un confronto, nel quale spesso utilizziamo schemi troppo rigidi. Invece di paragonarti agli altri, sarebbe meglio che iniziassi a vedere la vita in termini di diversità. Non si tratta di essere migliore o peggiore, ma solo di evidenziare ciò che ti rende unico e diverso.
4. Concentrati su ciò che puoi migliorare
Piangere sul latte versato è controproducente. Tutti noi abbiamo debolezze e limiti, se non siamo in grado di andare oltre in alcuni campi, è meglio concentrarsi su quelle aree in cui possiamo dare il meglio di noi. Naturalmente, non dobbiamo ossessionarci a voler compensare un difetto a tutti i costi, ma dobbiamo semplicemente trovare soddisfazione e felicità. Ricorda che non c’è bisogno di dimostrare niente a nessuno, basta fare in modo di sviluppare le competenze che ti rendono felice.
5. Sii te stesso/a
In una società dove tutto è standardizzato e omogeneizzato, è normale che molte persone si sentano male se percepiscono che sono diverse. Ma ciò che è veramente assurdo è far finta di essere uguale agli altri, perché in questo modo stai soffocando la tua identità e anche il tuo valore come persona. Guarda dentro te stesso, scopri chi sei e abbi il coraggio di essere diverso.
Infine, ricorda che non hai bisogno di molto per essere felice. Quando scopri chi sei, ti renderai conto che molte delle cose a cui anelavi erano superficiali o utopiche. Ti renderai conto che non hai bisogno di queste cose per essere felice perché la felicità e la soddisfazione non provengono da fuori ma da dentro di te.
Come cambiare l’immagine negativa di sé
Il web è pieno di suggerimenti per imparare ad accettarsi: comprendono il pensiero positivo, l’elenco dei propri successi, la visualizzazione positiva e persino… la bacchetta magica! Di sicuro, alcune indicazioni possono avere la loro utilità, (se escludiamo tutti i testi elaborati da psicologi improvvisati) ma non affrontano il problema della mancanza di autostima alle radici.
Se sono troppo impegnata a sentirmi come “essere inferiore, indegno di vivere” a cause delle mie insicurezze e limiti non potrò mai prendermi la responsabilità di essere me stessa. Non accettarsi significa rafforzare il proprio senso di inferiorità. E’ necessario prendersi la responsabilità di accettarsi per come si è. Il monaco buddista Thich Nhat Hanh diceva sempre: “Essere belli significa essere se stessi. Non c’è bisogno di essere accettati dagli altri. È necessario accettare se stessi”.
“NON sentirsi inferiori” è un processo di auto consapevolezza che parte dal confronto realistico con l’immagine negativa che si ha di se stessi. E il confronto consiste nell’interrogarsi con occhi obiettivi: quanto questa immagine che ho di me è realistica? I miei limiti, i miei difetti sono realmente cosi gravi e immodificabili?
Magari alcuni nostri limiti possono avere anche una spiegazione specifica. Ad esempio, un percorso scolastico difficile e lento può essere stato causato da un dislessia non diagnosticata e non curata. La difficoltà nell’affrontare una discussione può essere dovuta alla tensione emotiva subita in un ambiente familiare conflittuale.
Per eliminare il complesso di inferiorità devi invertire lo sguardo: smettila di concentrarti su quello che ti manca piuttosto concentrati sulle tue qualità per quanto possano sembrare (in apparenza) piccole e misere rispetto a quelle che vorresti avere. Ricorda, quando si comincia a mettere a frutto le proprie doti, facendo del meglio con il poco che si ha, quel poco si moltiplica e si scopre di avere delle risorse inaspettate.
E’ ora di rinascere!
Pochi di noi hanno avuto la fortuna di essere costantemente valorizzati. Tutte le volte che gli altri non hanno creduto in noi, ci hanno insegnato a non farlo! Le volte che gli altri ci hanno umiliati e scherniti, ci hanno insegnato a essere timorosi e sfiduciati. Famiglia, amici di scuola, insegnanti… ci hanno implicitamente insegnato a metterci da parte, a svalutare il nostro valore intrinseco, a ignorare l’immenso potenziale che ci portiamo dentro.
Non ha senso chiuderti nel tuo dolore, hai la possibilità di riscattarti, di guardarti per ciò che sei e che puoi essere! Hai la possibilità di liberarti da zavorre emotive e dai condizionamenti, ti mancano solo gli strumenti giusti per farlo. Nel mio libro «Riscrivi le Pagine della Tua Vita. Tutti gli strumenti per scoprirti, capirti e volerti bene» ho provato a raccogliere e mettere a disposizione, tutti quegli strumenti psicologici indispensabile per garantirti la rinascita che meriti! Lo consiglio caldamente, da lettore a lettore. Nell’introduzione al mio libro ho scritto: si nasce due volte, la prima è lasciata al caso ed è quando vieni al mondo, la seconda si sceglie, ed è quando impari a volerti bene. Se hai voglia di ricominciare a volerti bene, è il libro giusto per te. Puoi trovarlo in libreria e a questa pagina Amazon In bocca al lupo per il tuo percorso di crescita.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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