Per quanto possiamo desiderare di dimagrire, a volte siamo noi stesse le prime ad ostacolarci nel raggiungere l’obiettivo. La fame emotiva, data da questioni psicologiche e non fisiologiche, è la ragione per cui il 95% delle nostre diete fallisce. Gli statunitensi definiscono ’emotional’ o ‘compulsive overeating’, ovvero ‘abbuffate emozionali’ il bisogno di nutrirsi compulsivamente per compensare ad una mancanza emotiva.
La fame nervosa è dunque collegata direttamente alla nostra psiche che ritiene, erroneamente, che abbandonarsi al cibo possa fornire una liberazione dal disagio, grazie al momentaneo senso di piacere e soddisfazione. La triste verità è che, terminato il momentaneo senso di piacere, si rimane con un profondo senso di colpa destinato ad accentuare, anziché rimuovere, il disagio iniziale. Anche se il legame alimentazione-emozioni sembra essere ormai accertato, le cause scatenanti la fame nervosa non sono ancora del tutto chiare.
Sicuramente si tratta di un fenomeno che affonda le sue radici nelle fragilità e nelle insicurezze che caratterizzano alcune personalità o che vengono portate allo scoperto da eventi negativi. Riguardo la sua origine invece, diversi studi sembrano aver messo in luce una stretta relazione tra questo problema ed alcuni errati comportamenti alimentari durante l’infanzia, come nel caso di altri disturbi legati al cibo. Sta di fatto che chi soffre di emotional eating si ritrova suo malgrado a mangiare, il più delle volte in quantità e qualità sbagliate, non per fame ma per cercare di allontanare il disagio provocato da situazioni negative o per colmare vuoti emozionali.
Fame emotiva, 12 motivi psicologici
“Non riusciamo a perdere peso e a controllarci perché siamo emotivamente affamati” afferma il Dr. Roger Gould, psichiatra e psicanalista statunitense, autore del libro ‘Shrink Yourself’ e dell’omonimo programma on line per risolvere il problema della fame compulsiva. Secondo il Dr. Gould, siamo spinti verso il cibo come valvola di sfogo per affrontare lo stress, il che rende la dieta e la forza di volontà efficace solo per brevi periodi di tempo. Il Dr. Gould ha identificato 12 motivazioni interiori che fanno da grilletto all’assunzione compulsiva di cibo: riconoscere quella che più sentiamo nostra può essere un primo passo per risolvere il problema.
Tipo 1: “Il cibo è il mio ‘ciuccio’ per adulti”. Se la fame si manifesta con l’emergere di rabbia, depressione, ansia, noia o solitudine, si utilizza il cibo per alleviare il dolore che queste emozioni causano.
Tipo 2: “Mi difendo riempiendomi”. Se si reagisce con la fame quando gli altri discutono con noi, approfittano di noi, ci sminuiscono, o ci danno per scontati, per evitare il confronto diretto ci si butta sul cibo.
Tipo 3: “Il cibo, il mio unico amico fedele”. Se si ha bisogno di mangiare quando si avverte tensione nelle relazioni strette, ci si sazia per evitare di sentire il dolore del rifiuto o la rabbia.
Tipo 4: “Quando mastico riesco a non sentire il mio critico Interiore”. Se si tende a diventare ipercritici nei confronti di se stessi, se ci si etichetta da soli come “stupidi”, “pigri” o “perdenti”, ci si rimpinza per soffocare l’odio di sé.
Tipo 5: “Non ho l’amore, però ho il cibo”. Se la fame si attiva perché le nostre relazioni intime non soddisfano alcune necessità di base come la fiducia e la sicurezza, si utilizza il cibo per cercare di colmare il divario.
Tipo 6: “Il cibo non può riempire le parti mancanti nel mio passato”. Se ci si sazia per compensare le privazioni vissute nell’infanzia, lo si fa per dimenticare il passato.
Tipo 7: “Non dirmi cosa devo mangiare”. Se si vuole affermare la propria indipendenza perché non si vuole che nessuno ci dica cosa fare, si usa il cibo come forma di ribellione.
Tipo 8: “Sono troppo occupato a mangiare per prendere un rischio”. Se l’appetito entra in gioco quando si è di fronte a nuove sfide e si utilizza cibo per evitare l’aumento della posta in gioco, si mangia per proteggersi dalla paura del fallimento.
Tipo 9: “All’amore preferisco il cioccolato”. Ci si può abbuffare per evitare di affrontare la sessualità, rimanendo sovrappeso in modo da non essere o sentirsi desiderati, oppure per evitare l’intimità, quindi si mangia per impedire ad altri di avvicinarsi troppo.
Tipo 10: “Uso il mio corpo come un campo di battaglia”. Alcuni mangiatori emotivi assumono cibo per ripagare chi ha fatto loro del male, spesso in un lontano passato. Usano i loro corpi come campi di battaglia per elaborare antichi rancori. In questo caso, ci si abbuffa per vendicarsi o per controllare la rabbia.
Tipo 11: “Non intendo crescere”. Se si mangia per sentirsi spensierati come un bambino, lo si fa per evitare di fare fronte alle sfide della crescita.
Tipo 12: “Ho segretamente paura di essere magro”. Se si mangia troppo perché, consciamente o inconsciamente, si ha paura di dimagrire, lo si fa per evitare la paura del cambiamento.
È importante rendersi conto che la fame emotiva è parte della vita di tutti
Affrontare i problemi e le cause che la scatenano significa riuscire a trovare una soddisfazione tanto fisica quanto psichica. Altrimenti, il rischio è che la fame emotiva continui a crescere insieme al girovita. Come si può controllare la fame ansiosa?
Perché ho fame?
In primo luogo, bisogna logicamente capire qual è l’origine di quest’ansia. È a causa del lavoro? Hai un problema con il tuo partner? C’è qualcosa di te che non ti piace? Forse è arrivato il momento di farsi forza, essere coraggiosi e correre il rischio di essere più felici, di stare bene. Vale la pena provarci pertanto vai in cerca della tua “vera fame”
Se non sei fisicamente affamata/o (il tuo stomaco non brontola e hai da poco assunto un normale pasto), potresti sentirti affamata/o di un abbraccio, di una rassicurazione o di affetto. Potresti avere fame di una relazione, di un amicizia o di una lode. Fai una lista di ciò di cui hai “fame” in questo momento. Prova a riconoscere di avere fame di qualcosa che il cibo non può dare.
Ho davvero fame?
Hai davvero fame? Fai a te sempre questa domanda ogni volta che ti ritrovi a mangiare qualcosa. Magari quello che il tuo corpo ti sta chiedendo non è cibo. Forse ti sta semplicemente chiedendo di risolvere quello che ti preoccupa e di smetterla di ingannarlo con dolci e stuzzichini. La tua fame non è sempre reale.
Sento un vuoto allo stomaco?
Ogni volta che avverti un vuoto allo stomaco, fai dei piccoli esercizi di rilassamento. Inspira aria lentamente, metteti una mano sullo stomaco ed espira profondamente. Fallo 5 volte di seguito e cerca di rilassarti.
Il cibo può farmi stare bene?
Può sembrare una cosa molto stupida, ma prova lo stesso a farla. Chiedi alla nutella: “Vuoi abbracciarmi? Vuoi rassicurarmi? Vuoi essere mia amica?”. Ovviamente la risposta è no. L’unica cosa che la nutella può offrirti è un momento di gratificazione temporanea, seguita dal rimorso. Puoi offrire a te stessa(o molto più di questo.
Dopo che mi sono abbuffata/o, come mi sento?
Non è la prima volta che hai voglia di mangiare per soddisfare la fame emotiva, e potrebbe non essere l’ultima. Se quella fetta di cheesecake continua ad attrarti, ricorda come ti sentirai dopo. Prova a dire a te stessa/o: “Se mi avvento sulla torta, poi probabilmente mi sentirò delusa/o, gonfia/ e frustrata/o”. Ricorda a te stessa/o: “Mangiare quella cheesecake potrebbe farmi stare bene temporaneamente, ma la bella sensazione non durerà”.
Il cibo può confortarmi?
Se sei in cerca di cibo per un nutrimento emotivo, come conforto quando sei triste, rassicurazione quando hai paura o amore quando ti senti sola/o, fermati. Il cibo non può rimediare alla tua tristezza, paura o solitudine. Potresti ottenere un po’ di sollievo mentre stai mangiando ma, in seguito, finito di assaporare la cheesecake, ti ritroverai proprio dove hai iniziato, cioè consapevole della tua tristezza, paura o della tua fame di compagnia e amore.
Cerca di rispondere a questi punti non ricorrendo al cibo. Se sei triste, concediti di piangere. Potrà cominciare a darti sollievo! Se hai paura e desideri rassicurazioni, accette innanzitutto il modo in cui ti senti. Avere paura è utile e fisiologico. Poi rassicura te stessa/o che, nella grande maggioranza dei casi, le cose possono essere gestite. Se ti senti sola/o, ricordati che stai avendo la preziosa occasione di essere in compagnia di te stessa/o. Stare soli è un’esperienza fondamentale per ritrovare un autentico dialogo con i propri bisogni. (…)
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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