Spesso la vita ci obbliga ad affrontare situazioni più o meno difficili, mettendo a dura prova la nostra stabilità emotiva. Col trascorrere dei giorni, delle settimane e dei mesi, ci rendiamo conto che sono tante le giornate in cui ci sentiamo avvolti da dense nubi. Forse troppe. Non sembra esservi traccia nemmeno di qualche raggio di quel sole interiore che in altri momenti abbiamo conosciuto. E tutto questo mentre le persone attorno a noi, tratte in inganno dalla nostra riservatezza e dalla nostra dignità, non sembrano scorgere alcuna traccia della nostra crisi. Vorremmo naturalmente poterci liberare da questo velo, visibile solo a noi, che separa la nostra vita da quella gioiosa serenità che ormai ci attende altrove. Vorremmo sentirci più leggeri, più felici, meno diversi, meno soli. Vorremmo scappare dai dispiaceri
Scappare non è mai la soluzione
Purtroppo, siamo cresciuti nella convinzione che il dolore va evitato anziché affrontato. Non sappiamo affrontarlo, non vogliamo, in definitiva non ne vediamo il senso e l’utilità, e quasi tutti gli esempi che abbiamo intorno ci indicano che quando questo arriva, la miglior soluzione è la fuga. Il dolore rivela a noi stessi in tutto il nostro sconsiderato infantilismo, la nostra totale incapacità di assumerci la responsabilità di ciò che proviamo dentro di noi
Non è strano che quando affrontiamo situazioni che ci causano sofferenza, attiviamo delle strategie che ci fanno sentire ancora peggio e ritardano la guarigione emotiva. Eppure il dolore emotivo può essere usato come trampolino di lancio per la crescita.
Disse Ernest Hemingway “Il mondo spezza tutti quanti e poi molti sono forti nei punti spezzati“. Ma quanti riescono a rialzarsi dopo essersi spezzati? Sfortunatamente, ci sono persone che hanno grosse difficoltà a riprendersi dai colpi che la vita dà loro; persone che inconsapevolmente non permettono che le loro ferite guariscano, condizionando sia il loro presente che il loro futuro. Pensando a cosa scrivere mi è venuto in mente un metodo che i giapponesi usano per riparare gli oggetti in ceramica. Quando un’oggetto in ceramica cade frantumandosi in mille cocci, è nostra consueta abitudine buttarlo seppur con rabbia e dispiacere.
L’arte delle preziose cicatrici, il kintsugi
Eppure ci sarebbe un’alternativa per ridare vita a quello stesso oggetto e renderlo più prezioso! Ce lo insegna una pratica giapponese che consiste nell’evidenziare le fratture, impreziosirle, aggiungendo valore all’oggetto rotto. Si chiama kintsugi, letteralmente oro (“kin”) e riunire, riparare, ricongiunzione (“tsugi”). Questa antica arte giapponese prevede l’uso di un metallo prezioso, può essere oro o argento liquido, per riunire i pezzi di un oggetto rotto, de esaltare così le nuove nervature create.
“Ogni pezzo riparato diviene unico e irripetibile, a causa della casualità con cui la ceramica si frantuma e delle irregolari, ramificate decorazioni che si formano e che vengono esaltate dal metallo. Ed è proprio questo quello che ci insegna l’antica arte giapponese del kintsugi….quella di abbracciare il danno, di non vergognarsi delle ferite”
Il kintsugi può aprirci a nuove riflessioni
Non necessariamente dobbiamo buttare ciò che si rompe. La rottura di un oggetto non ne rappresenta più la fine. Le sue fratture possono diventare preziose cicatrici ma bisogna crederci e nel farlo ci si guadagna. È l’essenza della resilienza. Negare il dolore non è il modo migliore per affrontare la sofferenza. Il dolore emotivo è un sintomo, il segno che qualcosa non va e dobbiamo “ripararlo”. Pertanto, il primo passo per superarlo è accettarne l’esistenza e imparare a conviverci finché poco a poco scomparirà.
10 modi dannosi di affrontare il dolore emotivo
Il dolore emotivo genera di solito risposte diverse. Se non abbiamo sviluppato le nostre risorse psicologiche, è probabile che agiremo automaticamente, ripetendo comportamenti che abbiamo imparato dai nostri genitori o da chi abbiamo vicino. In questi casi, è molto facile cadere in un ciclo di negatività in cui non troviamo l’uscita. Il dolore è dentro di noi, non possiamo sfuggirgli, anche se è vero che in alcuni casi è conveniente allontanarsi dalla fonte che lo causa. Ma è sempre necessario fare un profondo lavoro interiore. Intanto ti invito a riflettere su questi dieci punti che di seguito ho elencato.
1. Ti danneggi quando cerchi la fuga
Mi riferisco a quando ci sforziamo di allontanarci con ogni mezzo dall’evento doloroso, dalla situazione che ci sta causando sofferenza. Ma dal momento che il dolore emotivo ha una grande componente soggettiva, non c’è posto al mondo in cui possiamo scappare da noi stessi, quindi sappi che questa strategia di evitamento non è per niente efficace.
2. Ti danneggi quando cerchi di reprimerlo
È un meccanismo di difesa che attiviamo quando crediamo di non essere in grado di affrontare il dolore emotivo. Quante volte hai provato a non pensarci sperando di reprimere quel dolore? E’ servito a qualcosa? No! Magari per qualche ora ti sei distratto ma quel dolore che cerchi di reprimere è lì con te che ti aspetta. Il problema, ancora una volta, è che non puoi semplicemente dimenticare perché quei contenuti rimarranno attivi, dal momento che non li hai elaborati come parte della tua esperienza di vita.
3. Ti danneggi quando neghi a te stesso l’esistenza del dolore
Abbiamo scelto di ignorare la sofferenza, agendo come se non esistesse. Ogni volta che senti una fitta di dolore dici a te stesso che non sta succedendo nulla, che tutto sta andando bene. Ovviamente, negare la realtà non la farà scomparire. Non hai la bacchetta magica, ma hai te stesso…..e dentro di te ci sono risorse che puoi tirare fuori per affrontare i tuoi demoni.
4. Ti danneggi quando proietti sugli altri la tua sofferenza
Non è raro proiettare il dolore emotivo sugli altri. Quando metti in azione questo meccanismo ti dici che stai bene, che sono gli altri a soffrire. Credi che non riconoscendo la tua sofferenza, ma piuttosto amplificando la sofferenza degli altri, sparirà come per magia?
5. Ti danneggi quando ti rifugi nel passato
Quando il dolore emotivo è molto forte, a volte ci rifugiamo in periodi precedenti della nostra vita, in cui ci sentiamo molto più a nostro agio e al sicuro. La nostalgia, e il bisogno di guardare indietro per sentirsi bene, indicano spesso che stiamo vivendo un presente che non ci piace. Se vuoi superare qualsiasi tipo di dolore emotivo devi guardare avanti, non rimanere bloccato nel passato.
6. Ti danneggi quando cerchi di isolarti
Più profonda è la ferita, più privato è il dolore. A volte non troviamo un modo per esprimere quella sofferenza, così finiamo per isolarci, viverlo in privato e permettergli di consumarci. Il problema è che l’isolamento genera solitudine e la solitudine innesca la depressione, introducendoci in un circolo vizioso che alimenta la sofferenza.
7. Ti danneggi quando non razionalizzi
Se crediamo di essere una persona profondamente razionale, che non può essere influenzata dalle emozioni, rifiuteremo il dolore emotivo e cercheremo delle cause razionali che possano confortarci. Il problema è che spesso questo processo porta all’auto colpevolizzazione, che genera problemi ancor maggiori a livello emotivo.
8. Ti danneggi quando sposti la causa del malessere
Quando non si è in grado di affrontare i propri dolori emotivi, si è portati a cercare un colpevole fuori di noi, a cui poter attribuire la responsabilità del nostro dolore. La verità è che la ricerca del capro espiatorio ti impedisce di assumere la tua parte di responsabilità e imparare dall’esperienza. A questo punto…..quel dolore sarà stato inutile.
9. Ti danneggi quando cerchi di sabotare la sofferenza
A volte adottiamo la strategia di affrontare il dolore emotivo sostituendo i pensieri che ci feriscono con altri pensieri, con lo scopo, magari inconsapevole, di evitare la sofferenza. All’inizio, non ci sarebbe nulla di sbagliato in questo, il problema si presenta quando la sostituzione dei pensieri viene fatta con l’obiettivo di negare l’evento o quando usiamo affermazioni ingenue come “sto molto bene, non succede assolutamente nulla”
10. Ti danneggi quando continui a rimuginare
È una delle peggiori strategie che possiamo usare per affrontare il dolore emotivo perché consiste nel ripassare, più e più volte, l’accaduto. La nostra mente si trasforma in un cinema in cui proiettiamo continuamente i fatti, cercando di ricostruire anche il più piccolo dettaglio nel tentativo di trovare consolazione o una spiegazione. Ovviamente, questa strategia non fa che alimentare il problema. Il dolore lo stiamo solo rivivendo, non lo stiamo elaborando!
La vita può essere molto ingiusta, talvolta addirittura crudele, ma non per questo puoi scaricare il tuo dolore sugli altri
La sofferenza può renderti più impulsivo più riflessivo più arrabbiato più paziente più indifferente più sensibile più cinico più compassionevole più vulnerabile più sicuro più superficiale più profondo più diffidente più aperto. La sofferenza può fare tante cose ma, per quanto triste sia ciò che ti è capitato, in nessun caso ti dà più diritti degli altri e, in nessun caso, dovresti smettere di lottare per un “destino” migliore. Questi sono i fatti, ineluttabili: La vita può essere molto ingiusta, talvolta addirittura crudele, ma non per questo puoi scaricare il tuo dolore sugli altri.
Questo significa che potresti trovare un nuovo significato della vita, capire in che modo questa esperienza ti ha reso più forte o addirittura sentirti incoraggiato a intraprendere nuovi progetti. Se usi il dolore come un’opportunità per crescere, invece di vederlo solo come una fastidiosa pietra sul tuo cammino, non sarà stato invano.
Accetta il dolore con tutta la grazia di cui sei capace
Accoglilo come si fa con un parente assente da tempo, o un caro amico venuto da lontano. Accogli il tuo dolore con gentilezza, come faresti con una persona cara che sta soffrendo e concedi a te stesso uno spazio e un tempo circoscritto per sperimentarlo, considerando che le onde delle emozioni col tempo diventeranno più piccole e più diradate. Accompagnati con esso, abbraccialo senza riserve e senza porti aspettative o scadenze da rispettare. Guardalo in faccia e dagli il benvenuto, poiché esso è il tuo più grande alleato, ti ricorda che c’è una cicatrice che rimarrà ben visibile. E tu sai che ogni cicatrice ha una storia, una storia che ti ricorda che sei sopravvissuto e ti sei rialzato.
Inizia da dove sei ora e con quello che hai a disposizione, facendo qualcosa che non hai mai fatto prima e che sia pienamente nelle tue possibilità, perché anche una sola azione coerente con ciò che è importante nella tua vita è un passo in più verso un’autentica felicità.
E io mio caro lettore o cara lettrice mi auguro che tu sia sempre gentile con te stesso. Ti prego.. non rimproverarti mai per le tue sventure, anche se la vita spesso è ingiusta con te in nessun caso, dovresti smettere di lottare per un “destino” migliore.! E’ normale quello che stai provando, è normale sentirsi soli, è normale offendersi, è normale arrabbiarsi, è normale aver paura di soffrire, è normale cercare amore, è normale mandare a fanc** qualcuno.
Non è normale sentirti un incapace o un buono a nulla, non è normale farsi calpestare, non è normale offrire la tua presenza a chi non merita le tue attenzioni e non è normale elemosinare amore. Apprezza i tuoi pregi (e credimi, tu ne hai da vendere) e accetta i tuoi limiti, ogni essere umano ha i suoi. Trova la parte di te che non rimugina ma sente, che non pensa ma sa, che non dubita e vive, fiduciosa nel fatto che non ti manca nulla in questo momento né per essere felice, né per affrontare le difficoltà. Se vuoi che da questo momento qualcosa di straordinario entri nella tua vita, crea uno spazio da riempire.. di cose belle, di momenti felici, di persone amorevoli ed esperienze meravigliose. Insomma, riempi di senso la tua vita perché ti porta a dare un immenso valore al presente. Ti porta ad Esserci.
È dentro di te che troverai l’ascolto, la comprensione, l’amore, la considerazione e la stima mancati. È con i tuoi occhi che potrai dire «wow». Non ci sarà nessuno da stupire, le bellezze che ti porti dentro non dovranno essere “scoperte” da nessuno se non da te stesso! Se hai voglia di iniziare questo cammino, ti consiglio la lettura di due manuali di psicologia.
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Sono i libri che io stessa avrei voluto leggere ancor prima di laurearmi in psicologia. Manuali perfetti per imparare a conoscersi e guardarsi per ciò che si è e non più per come ti hanno fatto sentire.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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