Le relazioni tossiche all’interno della famiglia possono avere un impatto devastante sulla vita di una persona. Sono caratterizzate da dinamiche disfunzionali, mancanza di rispetto, manipolazione emotiva e, in alcuni casi, abuso fisico. Molte famiglie spesso sembrano buone all’esterno, ma dietro le porte chiuse dominano le dinamiche familiari problematiche. Certo! Nessuno vuole ammettere che le persone che ci hanno cresciuto hanno creato un trauma duraturo. In effetti, i nostri genitori e la nostra famiglia, in senso lato, dovrebbero essere la nostra zona di comfort. Dovrebbero proteggerci dalle influenze negative del mondo esterno
La famiglia è il primo ambiente in cui impariamo a relazionarci e a esplorare il mondo
È il luogo dove iniziamo a conoscerci e che pertanto può maggiormente influire sulla formazione della personalità, la costruzione dei primi attaccamenti e l’acquisizione dei ruoli sociali. Si dice: “le peggiori cose sono state fatte con le migliori intenzioni”. Questo è vero anche per quanto riguarda l’educazione dei figli. Molti genitori pensano di essere dei bravi genitori e ignorano del tutto che stanno facendo del male ai propri figli.
Concetto di famiglia tossica
Nell’attuale letteratura psicologica l’aggettivo “tossico” viene spesso menzionato. Si scrivono tanti articoli utilizzando titoli del tipo “Relazione tossica”, “Collega tossico” oppure “amicizia tossica”. È bene precisare che questa etichetta non corrisponde a nessuna descrizione clinica; nel manuale diagnostico la parola “tossica” non definisce nessuna patologia o disturbo. Tuttavia, l’impiego di questo termine raggruppa un insieme di schemi comportamentali disfunzionali che si identificano alla perfezione con la parola “tossicità”.
Già da qualche anno, un argomento che per fortuna si sta molto approfondendo sono le dinamiche che avvengono dentro le mura…il luogo in cui le famiglie si relazionano e si vincolano per amarsi, proteggersi, educare i figli e costruire un futuro proiettato verso la felicità. Mi riferisco a dinamiche che non sempre seguono una regola perfetta; schemi comportamentali in cui accadono fatti non sempre positivi. A tal proposito vorrei approfondire l’argomento sulle tipologie di famiglie tossiche e delle loro dinamiche così che la mia conoscenza in merito possa essere utile per qualcuno. Ovviamente problemi e conflitti esistono in tutte le famiglie ma ci sono diversi gradi o livelli di conflitto o situazioni conflittuali come ad esempio:
- Violenza fisica o psicologia
- Abusi di potere
- Problemi di salute mentale
- Relazioni conflittuali tra i membri
- Trascuratezza emotiva…
Parliamo per l’appunto di dinamiche disfunzionali che si ripercuotono inevitabilmente al di fuori, nella società. Ed è per questo motivo che si può parlare di tossicità.
Tipologie di famiglie disfunzionali
Più che focalizzarmi sul concetto di famiglia disfunzionale, vorrei porre l’attenzione sui “genitori tossici”. A volte, la relazione di coppia influisce così negativamente sul nucleo familiare da creare un’atmosfera carica di tossicità emotiva. Analizziamo ora quali sono i diversi tipi di famiglie tossiche.
1. Famiglia in cui il legame si basa sul sacrificio
Un genitore tossico specializzato nella sofferenza si sacrifica in maniera eccessiva, o almeno questo è quello che fa vedere a suo figlio sin da piccolo. In genere questo ruolo è rivestito dalle mamme. Man mano che il figlio diventa grande, fa in modo che lui sappia tutto quello che lei ha dovuto rimandare e sacrificare per dedicarsi a crescerlo. Non c’è spazio per il piacere ma solo per il dovere e il sacrificio. Nella famiglia sacrificante predominano questi sentimenti:
- Gelosia
- Possesso
- Bisogno di controllo
È importante chiarire che la madre vittimista non agisce con malizia. Crede ciecamente che l’amore materno sia un sacrificio tanto grande da essere doloroso. Il genitore sacrificante accondiscende alle richieste del figlio, ritenendo che, un giorno, tutte le sue rinunce saranno ricompensate dal successo raggiunto dal figlio stesso e da tutto ciò che lui è riuscito ad avere.
Le parole più ricorrenti del genitore sacrificante sono: “sacrificio”, “dovere” e “privazione”. Tali termini si esprimono specialmente quando il genitore vittimista si ritrova a lamentarsi quando i figli non mostrano gratitudine per il valore del suo sacrificio, esprimendo in questo modo anche tutta la sua delusione. Il genitore sacrificante manipola suo figlio in modo da fargli credere che è e deve sempre essere il protagonista della sua vita. Lo trasforma in una marionetta e manovra i suoi fili con il chiaro scopo di “mantenerlo appeso” a ciò di cui il genitore ha bisogno
2. La famiglia in cui il legame si basa sulla permessività
In questo modello familiare tutto è permesso; non si è in grado di esercitare il proprio ruolo genitoriale in quanto inadeguati alla cura e tutela dei figli. La troppa libertà in casa porterà il figlio ad assumere un comportamento anarchico ovunque: in casa di altri, a scuola, negli ambienti di svago o d’incontro coi coetanei. Non ascolterà alcun rimprovero fatto dagli insegnanti, da coloro con cui deve condividere i vari ambiti. Non comprenderà termini come il rispetto, l’osservazione, l’adeguamento e l’adattamento di sé agli altri o al luogo in cui si trova.
Lo stesso metodo verrà applicato in tutte le relazioni sociali, diventando impossibile ascoltare e tener conto delle necessità altrui, delle esigenze sia dei partner che degli estranei, dato che non è in grado di fornire una comunicazione veramente efficace e costruttiva per un rapporto. Sarà questa mancanza assoluta di rigore e di regole che porterà il figlio ormai adulto a non sapersi relazionare con il mondo esterno. Anzi sarà del tutto incapace a creare un rapporto impostato sul rispetto dell’altro che ha esigenze pari alle sue che non saprà come gestire.
3. Famiglia in cui il legame si basa sull’iperprotezione
Questo modello familiare si caratterizza per la paura verso il mondo esterno. Questa famiglia si mostra sempre sulle difensive, in particolare quando i figli devono svolgere attività che sfuggono al controllo dei genitori. Diventano quindi dipendenti dai loro figli al punto di controllare la loro vita in tutti gli aspetti. Questo è, in un certo senso, sinonimo di manipolazione.
4. Famiglia in cui il legame si basa sul controllo
“Ho il diritto di mettermi nella tua vita, seguirti e sapere tutto perché ti ho dato la vita e ti ho cresciuto”. In questo caso, i genitori non hanno ben chiaro il concetto tra limiti e confini. Non esistono regole, si entra in camera senza bussare e si dà per scontato che non possa esistere privacy. Anzi, il figlio che tenta di mantenere una certa riservatezza, viene malgiudicato
5. Famiglia in cui il legame si basa sui sensi di colpa
Frasi come: “se fai così vuol dire che non mi vuoi bene”, oppure: “solo se finisci quello che hai sul piatto mi dimostri il tuo amore”. Sono frasi che in molte famiglie si utilizzano per far fare le cose ai propri figli. Ognuna di queste frasi però cela un grandissimo senso di colpa che il bambino vive se non fa quello che vuole il genitore. Il senso di colpa si può riassumere in: faccio delle cose sbagliate e per questo non merito l’amore di mamma e papà.
6. Famiglia in cui il legame si basa sull’immaturità
In questa tipologia familiare i genitori, entrambi o uno solo, sono molto immaturi a tutti i livelli. In questi casi di solito i figli si assumono, prematuramente, le responsabilità proprie di un adulto, cosa ingiusta e malsana.
7. Famiglia in cui il legame si basa sul disprezzo
Non esiste rispetto, si interagisce con l’offesa, la critica costante o addirittura il disprezzo. In questi casi anche i due genitori si disprezzano vicendevolmente.
8. Famiglia in cui il legame si basa sulla frustrazione
Non esiste peggior arma psicologica della frustrazione. Un genitore frustrato riflette le sue colpe, le sue paure e i suoi insuccessi sui figli o sul partner, creando una situazione molto estenuante. In questo caso, i figli si vedono costretti a realizzare i sogni dei genitori oppure a essere la valvola di sfogo della loro insoddisfazione.
9. Famiglia in cui il legame si basa sull’alienazione
Tale comportamento ha lo scopo di separare, allontanare i figli da un genitore (alienato) e indottrinare il figlio da parte dell’altro genitore (alienante) contro il genitore alienato. Con queste tecniche, il genitore “alienante” verrebbe a costruire una sorta di ”realtà virtuale familiare”, sviluppando nel figlio profondi sentimenti di paura, diffidenza e odio verso il genitore “alienato”, arrivando a rifiutarsi di avere qualsiasi contatto con il papà o la mamma.
Gli scopi del genitore alienante sono molteplici: spesso la motivazione è l’affidamento esclusivo del figlio o di ottenere concessioni economiche. Tuttavia non sempre il genitore alienante inventa volontariamente accuse infondate per raggiungere obiettivi personali. Infatti può anche essere convinto della necessità di limitare la relazione del figlio con l’altro genitore, sulla base dei propri vissuti e delle proprie difficoltà psicologiche che tende a proiettare sul bambino.
È comprensibile come il suo bisogno di sicurezza, la sua situazione di dipendenza e la paura di perdere anche il genitore con cui vive lo spingano ad identificarsi con quest’ultimo e a schierarsi dalla sua parte. Come conseguenza di queste dinamiche il bambino, impara a manipolare, non solo per ottenere un vantaggio, ma per sopravvivere immergendosi nelle menzogne. Da sottolineare che resta pur sempre una vittima dell’abuso psicologico a cui è stato sottoposto.
Una famiglia tossica può portare gravi conseguenze nello sviluppo dei figli
Eppure quel bambino che ha vissuto in una famiglia disfunzionale, una volta adulto, avrà bisogno di trovare una modalità per essere rassicurato su quell’amore che sente di non meritare; egli avrà comunque bisogno di sentirsi amato. Ecco che, quindi, potrà riempire quel vuoto, quel desiderio di amore primario ed essenziale, con diverse modalità: cibo e droghe oppure con amori sbagliati. Oppure non cercherà più quell’amore gratuito che non ha mai sperimentato bensì un amore condizionato ad esempio al proprio continuo fare: essere accondiscendente, invisibile, disponibile….
Accetta quel che non puoi cambiare
Talvolta, anche se si sono fatti tutti i passi necessari, i membri della famiglia tossica, non ce la fanno a cambiare. Accettare quel che non si è riusciti a far cambiare non significa sottomettersi agli abusi, tutt’altro. Una volta presa coscienza che il problema sono gli altri e che possiamo cambiare solo noi stessi, abbiamo con noi il più grande potere. Questo potere, ci serve per lasciare andare ogni tentativo di controllo, di manipolazione, di prevaricazione. Siamo oramai certi del nostro valore e non permettiamo a nessuno di abbassare la nostra autostima. Il segreto è impedire alle parole dei membri tossici di andare in profondità dentro di noi smentendole, una ad una.
Se pensi di non essere abbastanza
Lasciare andare le antiche credenze apprese e i ruoli che ti sono stati assegnati durante l’infanzia può essere estremamente difficile, al punto che molte persone credono di non essere in grado di farlo: non c’è da stupirsi, nessuno ci ha mai insegnato a credere in noi stessi! Se pensi di non piacere, i dati salienti per te saranno quelli atti a darti conferma di ciò. Se ritieni che non sei degno di amore, di accettazione, andrai dunque a cogliere fra le righe quei segnali, di per sé neutri, che però possono essere usati come prove per la tua idea precostituita. Tuttavia, devi sapere che chi si sforza di migliorare se stesso e soprattutto di affrontare un passato doloroso, alla fine avrà le sue grosse ricompense: autonomia, soddisfazione, senso di completezza, capacità di individuare e perseguire i propri obiettivi e… sì, anche autentica felicità.
Affinché questo accada, devi avere il coraggio di guardarti dentro con onestà, apprendere a sostare nello spazio scomodo delle scoperte delle tue antiche ferite, e accettarle. Da quest’accettazione nasce una forza nuova, la paura del giudizio altrui lascerà spazio a una verità, autenticità, che solo chi può permettersi di essere se stesso fino in fondo conosce.
C’è una persona che non dovrebbe deluderti mai: quella persona sei tu!
Ricorda: anche tu meriti la tua fetta di felicità in questa vita, abbi il coraggio di allungare la mano per prenderla! È tua, ti spetta di diritto. Se hai voglia di fare introspezione, guardarti dentro e metterti davvero in gioco, sappi che ho scritto un libro, ed è il libro che io stessa avrei voluto leggere tantissimi anni fa, prima ancora di diventare una psicologa. S’intitola «D’amore ci si ammala, d’amore si guarisce». In ogni pagina ti spiego come acquisire maggiore libertà di scelta, svincolandoti dai bisogni insoddisfatti e costruendo la tua piena autonomia. Perché come scrivo nell’introduzione del libro “Non è mai l’amore di un altro che ti guarisce ma l’amore che decidi di dare a te stesso”. Se hai voglia di scoprire le immensità che ti porti dentro e imparare a esprimere pienamente chi sei, senza timori e insicurezze, è il libro giusto per te. Il libro lo trovi in libreria e su Amazon, a questo indirizzo
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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