Le relazioni sono complesse e sfaccettate, e spesso iniziano con una nota positiva, piena di emozioni e speranze per il futuro. Tuttavia, a volte, anche le relazioni più promettenti possono evolversi in incubi emotivi, in cui la felicità iniziale viene sostituita da stress, conflitti e sofferenza. Non voglio infrangere nessuna magia, l’amore romantico fa sognare, languire… ma non funziona da solo. Nonostante l’amore e l’impegno reciproco, è possibile che ci si senta infelici all’interno di una relazione. Ma andiamo per gradi! Quando scatta l’attrazione si innesca inevitabilmente la fase di idealizzazione, si pensa che quello sia l’Amore….tutto è bello, semplice e perfetto!
La fase della disillusione
La complessità della relazione di coppia arriva nel momento della disillusione, la fase in cui entrambi in partner si “accorgono” realmente di com’è l’altra persona con i pregi ed i suoi difetti in particolare: a questo punto esatto, inizia il vero racconto delle persone nella relazione! Questo perché dopo la fase dell’illusione (ovvero dell’innamoramento) quello che accade è che inevitabilmente (e lo è per tutti) l’altro viene visto con le proprie lenti di osservazione attraverso i propri bisogni e aspettative. È un momento destabilizzante per la coppia, che deve fare i conti con la realtà…fase cruciale in cui la relazione ha una svolta.
Ecco i tre scenari possibili
1. Si chiude la relazione
Dopo aver compreso di stare vivendo dentro una relazione che non apporta valore, che non gratifica, troncare la relazione appare la più ovvia soluzione.
2. Ci si impegna a portare avanti la relazione con impegno reciproco (comportamento funzionale)
Accettare l’altro implica essersi accettati prima come persona. Non significa avvalere comportamenti maleducati e maltrattanti, dev’essere ben chiaro. Significa che si accoglie l’altro/a per la persona che è, così come prima ci si è accolti in se stessi per la persona che si è. Nel momento in cui non si affida all’altro/a la responsabilità, e il dovere, di guarire le ferite personali interne, vengono di conseguenza il rispetto, la stima, l’accoglimento, il senso di protezione che rende la relazione un luogo sicuro dove sentire se stessi pienamente.
3. Si rimane nella relazione che non soddisfa per incapacità di porre fine (comportamento disfunzionale).
Forse non hai mai sentito parlare di “fence sitting relationship”, ovvero la sindrome di chi vive una situazione di stallo nella propria relazione e non sa se oltrepassarne il “recinto” (fence, in inglese). Più comune aver provato almeno una volta quel senso di ambivalenza che non porta a prendere una decisione sul futuro della storia: chiudere un rapporto, anche se non più felice, non è mai facile, e può capitare di restare in una sorta di attesa.
La paura più grande che le persone sperimentano, e che porta a restare in relazioni disfunzionali è quella della solitudine. Un timore naturale, ancestrale e multiforme, che nasconde sotto il suo cappello altre paure legate alla dimensione sociale. Ad esempio, la paura di invecchiare da soli: le persone che hanno avuto carenze emotive nell’infanzia possono temere di invecchiare da sole, associando la vecchiaia all’indifesa infanzia. Perché la solitudine fa paura, perché così ci si può illudere di sentirsi più completi. Le persone che hanno perennemente bisogno di stare con qualcuno e che tendono ad accontentarsi in amore solo per paura di rimanere single, probabilmente sono persone che non riescono a stare bene con se stesse. Ma la paura di stare soli può farci dimenticare le nostre priorità.
Quando accade che l’innamoramento assume le sembianza di un rapporto emotivamente insano? Ecco alcuni esempi:
- Quando la nostra serenità interiore e il nostro valore hanno origine solo dal giudizio dell’altro
- Quando cerchiamo di colmare carenze affettive nel nostro compagno/a il più delle volte senza nemmeno accorgercene
- Quando ci adattiamo a tutto pur di compiacere l’altra persona
- Quando diventiamo ossessivi se non ci telefona o non fa quello che vorremmo
- Quando smettiamo di coltivare amicizie e/o interessi.
Questi comportamenti possiamo definirli “tossicomania d’amore”. Ci identifichiamo nel partner e diviene indispensabile per sentirci bene con noi stessi. Le dosi (la presenza) diventano sempre maggiori e l’astinenza ci sfianca: in pratica esistiamo solo quando c’è l’altro e vogliamo continue rassicurazioni.
Genesi degli amori insani
Come già accennato, tutto è riconducibile alle nostre relazioni nella vita infantile e alla nostra dipendenza con i nostri genitori prima e al distaccamento da essi poi: il dipendente affettivo non ha costruito una sana dipendenza dai suoi genitori e neppure un sano distacco. I motivi possono essere i più svariati e non necessariamente collegati a gravi episodi traumatici. I vuoti da colmare che ne scaturiscono sono molteplici: rifiuto di sé, negazione dei propri bisogni e diritti, inadeguatezza e l’assurda presunzione di riuscire prima o poi a farsi amare anche se a caro prezzo!
L’individuo si trova dunque a cercare inconsciamente di suturare la ferita in due modi:
- svalutativo: si basa su assunti quali “è colpa mia”, “c’è qualcosa di sbagliato in me”, “non merito una persona così, non merito amore”; una insofferenza verso se stessi, una non accettazione di sé.
- difensivo: in questo caso si delegano all’esterno tutte le responsabilità: “non mi capisce”, “non mi ama abbastanza”, “non si comporta come vorrei”: una modalità narcisistica di integrare la perdita.
Le conseguenze si intravvedono non di rado in personalità che tendono a soddisfare le esigenze altrui per ottenere approvazione o altre dinamiche che tendono a gonfiare il proprio ego per compensare la mancanza di autostima e sicurezza.
Quando una bella relazione si trasforma in un incubo
Prima di uscire da una relazione che fa male, è necessario rendersi conto di esserci in mezzo. Purtroppo, non è così semplice e scontato come sembra: troppo spesso, infatti, non ci rendiamo conto di stare male, o meglio, nonostante la sofferenza e l’insoddisfazione, tendiamo a giustificare l’accaduto con un fatto piacevole pregresso o futuro. È in questi casi che si usa il termine insano. Si parla dunque di relazione insana quando una persona si trova a pensare di non essere compresa e supportata, talvolta sovrastata da sensazioni di umiliazione o presa di mira per un attacco personale.
Molte persone che vivono relazioni disfunzionali stentano a rendersi conto di cosa realmente si tratti finché il loro malessere non raggiunge o supera il livello di guardia, diventando fonte di problemi sociali, lavorativi e di salute. A quel punto si chiedono cosa ne sia stato della meravigliosa e idilliaca relazione iniziale e come sia potuto accadere che si trasformasse in una specie di incubo. La reazione automatica è quella di sentirsi responsabili di questa rovina, tendendo ad attribuirsi la colpa di aver portato l’idillio a diventare l’intricata, incomprensibile, abusante e straniante relazione che oggi fa soffrire.
Allora succede che si inizino a leggere pagine su pagine sulle relazioni malsane ma è difficile fare ordine e comprendere come stiano davvero le cose. Un modo molto utile per fugare dubbi e confusione è quello di spostare l’attenzione dall’altro su di sé: invece di chiedersi cosa abbia l’altro che non va, occorre iniziare seriamente a domandarsi: “come mi sento io?”, “Come sto?”, “Cosa mi sta succedendo?”. Esistono infatti segnali affidabili e chiari, indicativi di una relazione disfunzionale. A questo punto più che concentrarsi sui comportamenti del partner bisognerebbe darsi una sana risposta alla domanda: “in che modo il comportamento del mio partner mi colpisce e influenza la mia vita?”
Non Permettere di trasformarti in una persona infelice
È la cosa più importante. Quando ti svegli la mattina, chiediti se sei felice. Chiediti sempre se la persona che hai accanto è quella con la quale vuoi invecchiare, la persona con la quale vuoi condividere la TUA VITA. Se il tuo partner ti apporta sicurezza, maturità e voglia di crescere, non dubitare: questa relazione è giusta e devi lottare per essa. Se invece ti senti vuota e percepisci che il tuo partner non ti regala sorrisi, ma lacrime…e tanta sofferenza, devi reagire. Meriti di essere felice. È il diritto vitale di qualsiasi persona.
Ricorda sempre…l’amore che guarisce è prima di tutto il tuo! e a tal proposito ci ho scritto un libro!
Lo so, ci insegnano che l’amore è cieco e così facendo ci dicono implicitamente che dobbiamo accontentarci di ciò che capita. Accontentarsi è sbagliatissimo e se ci rifletti, lo sai anche tu! La vita è unica e non è fatta per essere sopportata, non ci dobbiamo accontentare in amore, dobbiamo piuttosto imparare ad accogliere l’amore che meritiamo. Nel mio nuovo libro «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce», ti parlo di relazioni ma, ancora di più, ti parto di te e di cosa puoi fare per te stesso per costruirti una storia d’amore appagante, lavorando sui carichi emotivi che ti porti dal passato. Come ti ho spiegato, le nostre esperienze ci rendono ciò che siamo ma noi non siamo impotenti. Sono molte le cose che puoi fare per te stesso e che puoi spiegare al tuo partner, nozioni che fino a oggi ignori. Perché come scrivo nell’introduzione del libro “Non è mai l’amore di un altro che ti guarisce ma l’amore che decidi di dare a te stesso”. Il libro lo trovi su Amazon, a questo indirizzo e su tutti gli store online. Se hai voglia di scoprire le immensità che ti porti dentro e imparare a esprimere pienamente chi sei, senza timori e insicurezze, è il libro giusto per te.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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