Più che rompere schemi, a volte sentiamo l’impulso di distruggere legami o addirittura oggetti, di tirare fuori tutta la nostra rabbia accumulata negli anni, dalla nostra infanzia a oggi. La rabbia per i torti subiti, per le attenzioni mancate e le promesse infrante (…). Questa sensazione è del tutto normale. Capita perché, invece, di gestire la frustrazione man mano che si presenta, tendiamo ad accumularla. Lo facciamo perché ci hanno insegnato a «non dar fastidio», a «essere buoni e accondiscendenti» e, in definitiva, a metterci sempre da parte nella nostra stessa vita.
Sebbene sia consapevole delle enormi generalizzazioni, solo in termini puramente descrittivi, potrei dividere il mondo in due tipologie di persone: quelle che accumulano, subiscono, accondiscendono… e i prepotenti. I prepotenti si trovano esattamente sulla sponda opposta. Nelle loro dinamiche relazionali, hanno imparato a dare priorità sempre a se stessi, hanno imparato a scaricare sugli altri le proprie frustrazioni e così, i malcapitati di turno, subiscono la loro influenza. La tristezza è che ne’ prepotenti, ne’ accondiscendenti, saranno mai felici se non imparano a gestire la loro interiorità. Un prepotente, però, solo difficilmente riuscirà a mettersi in discussione, al contrario, chi è stato addestrato a «non dar fastidio» non sa fare altro! Ormai gli viene spontaneo mettere in dubbio se stesso e i propri bisogni! Chi è accondiscendente, infatti, è generalmente molto insicuro.
Sono state le invalidazioni e le mancanze vissute durante l’infanzia a innescare questo senso di insicurezza e a costruire degli schemi interiori, che di volta in volta si riattivano innescando quell’accumulo di malessere. Nel mio nuovo libro «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce», già caso editoriale 2023, ti spiego come i tuoi schemi appresi, stanno influenzando le dinamiche interpersonali senza che tu te ne accorga. Di seguito, una breve panoramica… sono questi schemi a indurti a vivere ai margini della tua stessa vita.
1) Schema dell’impotenza
Martin Seligman, psicologo e ricercatore americano, nel 1967, presso l’Università della Pennsylvania, eseguì un esperimento piuttosto cruento. Pose due gruppi di cani in gabbie elettrificate. Il primo gruppo, poteva evitare le scosse elettriche azionando una leva. Nel secondo gruppo, invece, per quanti sforzi potessero fare i cani, questi ricevevano costantemente scosse elettriche. Non avevano modo di sottrarsi.
Successivamente, tutti i cani venivano posti in box più ampi divisi in due parti: da un lato erano presenti le scosse e dall’altro, la gabbia era sicura. I due lati del box erano separati da un divisorio facile da saltare. Solo i cani che in precedenza avevano fatto esperienza della leva, saltavano. I cani del secondo gruppo, rimanevano nella parte della gabbia elettrificata, ormai avevano appreso che, per quanti sforzi potessero fase, erano destinati alla sofferenza. Eppure, quel divisorio, poteva essere facilmente superato. L’esperienza precedente li aveva segnati. Avevano appreso lo schema dell’impotenza.
Chi ha avuto un’infanzia difficile, fatta di deprivazione e sforzi sistematicamente ammoniti, vive un po’ come quei cani di Seligman. Potrebbe fare tantissimo per se stesso ma non lo sa… non lo sa perché si è già arreso! La cosa tristissima è che queste persone si percepiscono come deboli, stupide o fragili… in realtà non sono niente di tutto questo. Semplicemente, come potrebbero agire diversamente se nessuno gliel’ha mai mostrato!
2) Schema del bravo bambino
Si tratta di un altro schema acquisito durante l’infanzia. Il bravo bambino fa sempre tutto bene, vuole raggiungere ottimi risultati e desidera lasciare un segno della sua presenza. Vive in attesa di essere notato, di essere considerato! Allora rincorre qualcosa di impossibile: amori non corrisposti, traguardi eclatanti, la forma fisica perfetta, la lode agli esami… Gli scopi possono essere tanti ma si tratta di diversivi, obiettivi fittizi che mirano a soddisfare il bisogno di essere «considerato». Quando cresciamo “bistrattati” da tutti, cerchiamo la considerazione che in passato ci è sempre mancata, cimentandoci in grandi imprese e cercando di “fare bene tutto”. Ma questo non è ciò che vogliamo per noi oggi, questo riflette solo una mancanza che pone le sue radici nel nostro passato. Tutti noi abbiamo bisogno di considerazione, dobbiamo rompere lo schema del “bravo bambino”, capire che ormai, quella considerazione perduta, possiamo darcela da soli!
Non abbiamo bisogno di sentirci dire “bravo”, non abbiamo bisogno dell’amore di chi non ci ama o ci fa star male. Abbiamo solo bisogno di guardare a noi stessi con gli occhi della considerazione. Dobbiamo imparare a darci il giusto valore cosicché, non desideriamo più che siano gli altri a darcelo.
2 bis) Schema del giudizio sociale
Questo può essere definita l’estensione dello schema del bravo bambino ma è più subdolo. Ci induce a rispettare delle regole implicite solo perché la collettività lo richiede. In genere, le norme sociali sono sane, mantengono l’ordine… tuttavia, alcune di queste sono pericolose. Allora, c’è chi si fidanza, si sposa e fa figli, solo perché le aspettative dei genitori prima e della società poi, lo richiedono.
C’è chi fa determinate cose solo per la possibilità di mostrarle agli altri, come una tacca sul petto… mentre qualsiasi obiettivo o attività, andrebbe fatta solo per il piacere di vivere quell’esperienza e non di sfoggiarla sui social, di raccontarla o per assecondare i genitori. Le esperienze che facciamo nella vita dovrebbero essere scelte da noi e noi soltanto! Non dovremmo subire condizionamenti esterni.
3) Schema dell’accondiscendenza
Il bisogno di non deludere, di non arrecare dispiacere, di dire sempre «sì» anche quando vorremmo sottrarci, ci induce ad accettare situazioni scomodissime. Questo avviene perché sentiamo costantemente il bisogno di essere «accettati dall’altro», accettati da chi abbiamo di fronte, che sia il salumiere o, a maggior veduta, il partner di turno. Così, se il salumiere ti dice «le ho fatto 50 grammi in più, va bene lo stesso?», quando a te, in realtà, serviva solo un etto di formaggio… tu dirai di «sì». Ancora peggio, quando qualcuno ti chiederà un favore, tu dirai di «sì» perché non vorrai arrecare un dispiacere, non varrai correre il rischio di essere “mal visto”. Ma sai che ti dico? Se qualcuno smette di stimarti solo perché tu hai deciso di far valere un tuo diritto… vuol dire che la stima di quella persona non ti serve davvero!
Non c’è davvero nulla di male nel far valere i propri diritti. Non c’è niente di sbagliato nel dare valore a se stessi e ai propri bisogni. Dobbiamo solo imparare a farlo e fare in modo che gli altri (compresi i prepotenti) rispettino i nostri punti fermi. Per raggiungere questi ambiziosi obiettivi, è necessario un profondo lavoro su se stessi e, come ti dicevo, per aiutarti a compierlo, puoi contare su un prezioso manuale di psicologia: «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce», disponibile in tutte le librerie o su Amazon, a questa pagina.
Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
Autore del bestseller «Riscrivi le pagine della tua vita» (tradotto in 5 lingue) e del nuovo «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce».
Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirmi su Instagram: @annadesimonepsi
Seguire le pagine ufficiali di Psicoadvisor su Facebook: sulla fb.com/Psicoadvisor e su Instagram @Psicoadvisor