Segnali tipici di chi è psicologicamente consumato

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Se senti che il mondo sia interamente sbagliato e che gli eventi della vita stiano mettendo a dura prova la tua pazienza, sappi che non sei solo. E, soprattutto, sappi che c’è qualcosa che puoi fare per te stesso. Puoi tenderti una mano, anzi, devi tendertela soprattutto se ti senti psicologicamente esausto, consumato di ogni risorsa ed energia. Ma come ti rendi conto di essere arrivato allo stremo? Per alcuni è facile, semplicemente, quando sono arrivati allo stremo delle forze smettono di funzionare. Si ritirano. Sviluppano sindromi depressive invalidanti. Per altri di noi, invece, non è così lampante. Anche se sentiamo, dentro di noi, di essere arrivati alla frutta continuiamo a trascinarci. All’apparenza “funzioniamo”, o meglio, resistiamo.

Questo è un articolo sullo «stress cronico», tuttavia, se ti avessi parlato dei “segnali tipici da cogliere in chi soffre di stress cronico” probabilmente avresti immaginato subito una persona che si affatica tanto per il lavoro, le scadenze, le bollette (…); magari una persona che fa avanti e indietro con i mezzi di trasporto o che passa un’ora al giorno imbottigliata nel traffico. Certo, queste appena elencate sono tutte fonti di stress, tuttavia, lo stress cronico il più delle volte emerge in contesti relazionali. Emerge quando anche la tua ultima aspettativa è stata delusa. Quando il tuo ultimo briciolo di fiducia è stato tradito. Lo stress cronico è un processo estenuante, continuo e dannoso.

Il senso di insicurezza che si sperimenta nelle relazioni è una fonte di stress potentissima. Ci tiene in allerta. Se da un lato può causa un’ansia palese e manifesta, dall’altro alimenta sfiducia e acuisce ogni nostra vulnerabilità. Quando ci sentiamo insicuri, infatti, nel tentativo di proteggerci usiamo più risorse del dovuto. Mandiamo in allarme il nostro organismo. Molti si chiedono a che cosa servono le emozioni.

Il cuore non è mai un impiccio

Da ragazzina, una delle mie frasi preferite era «il cuore è sempre un impiccio, a meno che non sia infrangibile». La sentì dire nella serie tv che adoravo, Ally McBeal. E per lungo tempo l’ho pensata così. Poi, studiando, ho scoperto che le emozioni sono una funzione biologica molto importante. Hanno il compito di tenere informato il nostro organismo su ciò che sta accadendo dentro e fuori di noi. Il nostro organismo, infatti, utilizza quelle informazioni per ripartire al meglio le sue risorse energetiche. Quando siamo «psicologicamente consumati», le nostre emozioni dicono al nostro corpo che siamo affaticati e, il nostro corpo cosa fa? Sottrae risorse a organi, apparati e sistemi come quello digerente e immunitario, per ridirigere quelle stesse risorse altrove (magari sovraccaricando proprio il sistema cardiovascolare o alimentando risposte immunitarie in modo improprio!).

La «funzione affettiva» è, dunque, una funzione biologica essenziale e non è mai un impiccio. Analogamente, infatti, quando ci sentiamo al sicuro, il nostro organismo inizia a sfruttare al meglio le sue risorse, l’ossigenazione cellulare migliora, tutti i nostri organi e apparati sono sostenuti al meglio… E tutto, perché, le nostre emozioni hanno veicolato informazioni di stabilità e sicurezza. Ti dico questo per contrastare la tendenza alla RESISTENZA. A volta, infatti, invece di ricercare stati pervasivi di sicurezza, ci limitiamo a “resistere”. Ci convinciamo che la strategia giusta sia quella di “imparare a convivere con il malessere”. Ma questo è sbagliato da tutti i punti di vista:

A) Non lo meriti
B) È insostenibile
C) Così non vivi

Segnali tipici di chi è psicologicamente consumato

In questo paragrafo ti farò un breve elenco di quei campanelli d’allarme che non devi far passare inosservato. Si tratta di condizioni che, purtroppo, molti di noi tendono a normalizzare ma, come dicevamo, non dobbiamo imparare a convivere col disagio! Dobbiamo piuttosto imparare a uscirne. Se ti ritrovi nella gran parte di questi punti, hai bisogno di prenderti per mano e riavvicinarti a te stesso.

Gli altri ti sembrano tutti uguali

Ognuno è diverso. Il mondo è pieno di persone meravigliose… tuttavia, tu hai la percezione che gli altri si limitino a fare il minimo indispensabile. Che sono tutti svogliati, arrabbiati, egoisti, eccessivamente concentrati su se stessi. Già. Ci sono persone così, tuttavia ci sono anche persone più decentrate, che ti guardano negli occhi quando parli, che ti ascoltano per davvero, che non vogliono sentirsi migliori di te perché stanno in pace con se stesse. Tu, semplicemente, hai smesso di cercale: sei sfiduciato (vedi il prossimo!).

Ti senti sfiduciato

La sfiducia, nella vita, funziona come una potente cornice che condiziona ogni evento tanto che persino gli sforzi in buona fede vengono ignorati. Non sto dicendo che lì fuori c’è qualcuno che si sforza per te… Sto dicendo solo che, se ci fosse, tu ti perderesti ogni suo gesto di stima. Quando ci sentiamo sfiduciati, interpretiamo ogni mossa dell’altra persona come una prova aggiuntiva che possa giustificare la nostra decisione iniziale di essere sfiduciati. Tutto questo sfocia in un sistema che inibisce la cooperazione in qualsiasi relazione. Ci fa preferire gli smartphone alle persone. E può anche causare ritorsioni che fomentano i conflitti. Il motivo? Una cosa che in psicologia sociale si chiama “meccanismo a feedback”. A causa del nostro atteggiamento sfiduciato, l’altra persona, inizierà a ricambiare questo sentimento alimentando un sistema di sfiducia reciproca che porterà un inevitabile escalation al conflitto!

Ecco perché quando si agisce sulla “tenuta psicologica” dell’individuo, le ricadute sulla collettività sono forti. Non dimenticare mai che siamo noi quella società che, spesso, condanniamo acremente.

Scatti per un nulla

Diciamocelo pure, chi è psicologicamente consumato -cronicamente stressato- è intrattabile. Certo, ci sono giornate buone in cui riesci a tenere botta e non vedi minacce ovunque, tuttavia, ci sono interi periodi in cui senti il bisogno di proteggerti e ciò ti rende rigido, riluttante all’ascolto e a prestare concessioni.

La comunicazione, in questo scenario, diventa meno efficace. Si è più intolleranti e ci si ritrova spesso a dover invocare la pazienza (che poi, vera pazienza non è, anche in questo caso, si tratta di resistenza! Ulteriore carico). Certo, ci sono alcune persone che mettono a dura prova la nostra pazienza, tuttavia, se le nostre risorse sono -100 e la richiesta che abbiamo dall’esterno è solo pari a 1, anche uno stimolo innocuo può farci sprofondare o peggio, ribollire il sangue.

La vita ti sembra priva di significato

Un segnale d’allarme enorme è questo. Se senti che la tua vita sia priva di significato, vuol dire che stai investendo tutte le tue energie nei posti sbagliati. Lo so, è brutto da leggere. Poi, come mi permetto? Chi sono io per affermare questo? Non so niente della tua vita. Sicuramente, però, so che tutti noi facciamo le cose sbagliate per i motivi giusti. È una verità incontestabile e sai perché? Perché fin da bambini ci insegnano a ignorare quella funzione affettiva che dovrebbe dirci dove dirigere la nostre energie per regalare al nostro intero organismo un po’ di quiete e sano appagamento. Quando ci si sente completamente svuotati, queste domande non sortiscono alcun effetto:

  • Cosa potrebbe darmi sensazioni di gioia?
    Il vento tra le foglie, il rumore del mare, lo scoscio del torrente, una giro in bici, una passeggiata al parco, tenere una tazza di tè calda tra le mani…
  • Quali passioni o interessi mi piacerebbe esplorare o rispolverare?
    Suonare uno strumento musicale, leggere poesie, fare fotografie (senza necessariamente postarle online! Solo per te stesso! Sembra che è un’impresa impossibile, vero?), preparare un dolce, smontare un computer per poi rimontarlo…
  • Cosa posso fare per creare relazioni più appaganti?
    Lavorare su se stessi è il modo migliore per stravolgere la piega che hanno preso i nostri legami. Curare la comunicazione -anzitutto che hai con te stesso- è un buon modo per iniziare.

Lavorare sulla relazione per passare da meno 100 a più 100

Se queste semplici tre domande hanno fatto risuonare in te qualcosa, allora sei già a buon punto. In caso contrario, dovrai lavorare tantissimo con la domanda numero tre. Come premesso, infatti, lo stress cronico emerge in contesti relazionali e, migliorare la relazione che hai con te stesso avrà un impatto totalizzante. Sia per il meccanismo a feedback che ti spiegavo prima, sia perché ti restituirà un po’ di risorse e magari, da – 100, riuscirai ad arrivare prima a 10 e poi a 50 e poi a 100! Che è un bel traguardo.

Molte persone non sanno come migliorare il rapporto con se stesse. Non si considerano la più grande risorse personale e non sanno come diventare la propria fonte di benessere. Sanno solo che stanno male. Divengono insofferenti e, quando perdono la speranza, si convincono che con certi disagi «bisogna imparare a conviverci». Ma ormai avrai capito che non è così, non è questa la via. Qualsiasi disagio, anche il peggiore, si inizia a trattare con la Relazione che si ha con se stessi.

Nei miei libri fornisco tantissimi strumenti per “curare” e “migliorare” questa fondamentale RELAZIONE. Da dove cominciare? Quando provi qualcosa, impara a contestualizzarla, senza minimizzare o esasperarla; impara a non screditare e soprattutto, a non screditarti. 

Impara a considerarti

Il modo in cui tratti te stesso riflette la tua fiducia, la tua sfiducia, le tue insicurezze, le tue paure… Fai attenzione a non muovere interiormente una forma di dialogo aggressiva, giudicante o peggio, punitiva. Per esempio, se ti capita di pensare «sapevo che sarebbe andata a finire così», sappi che è un po come se ti dicessi: «me la sono cercata, mi merito il peggio, ce l’ho voluto io».
Si tratta di una forma di invalidazione molto brusca perché alimenta quel sistema di sfiducia di cui parlavamo prima. Sappi che dietro quel pensiero, dietro quelle parole di stizza, dietro quell’irritazione e quella rabbia di superficie, c’è il dolore per la delusione. Conceditelo. Accoglilo, restati vicino. Regalati un sincero «mi dispiace» che forse, un «mi dispiace» dall’esterno, così genuino, non l’hai mai sentito. Ecco perché non hai imparato a considerarti e a tenderti la mano. Siamo cresciuti tutti un po’ orfani di quella considerazione che cerchiamo all’estero e, invece, dobbiamo imparare da soli a concederci. È il dono più bello che possiamo farci.

Se hai voglia di iniziare a lavorare sulla relazione che hai con te stesso e, finalmente, riappropriarti della tua vita, ti consiglio la lettura del mio ultimo libro «il Mondo con i Tuoi Occhi». Come ti suggerisce la copertina, è venuto il momento di rifiorire, comunque, nonostante. Perché sembra banale ma è vero: la vita è unica e nessuno merita di “subirla”. Il libro lo trovi in preorder su Amazon, a questo indirizzo oppure, dal 29 ottobre, in tutte le librerie.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
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