Siamo stati tutti feriti dalla vita. Non esiste alcun essere umano che non abbia sperimentato alcun tipo di dolore emotivo. Essere lasciati, perdere una persona molto cara, subire un torto da chi proprio non ci aspettavamo….sono ferite invisibili che lasciano brutte cicatrici all’anima. In molti casi riusciamo a continuare la nostra vita, a funzionare abbastanza bene, ma ciò non toglie che dentro di noi ci siano solchi profondi che bussano da dentro e chiedono attenzione. Riconoscerle non è semplice, perché il più delle volte si nascondono proprio bene, sono impercettibili!
Quando stiamo male troppo a lungo è per un solo motivo: stiamo tenendo aperte noi quelle ferite
Rimorso, nostalgia, rabbia, tristezza, rassegnazione, delusione, disperazione.. sembrano accompagnarci costantemente, provocando una grande sofferenza che non sappiamo come gestire. Ciò che stiamo facendo, è permettere che il passato ci definisca, condizionando quello che possiamo o non possiamo fare. Gli eventi accaduti, dicono delle cose di noi che, erroneamente, crediamo rappresentino ciò che siamo stati e che siamo tutt’ora.
Il carico emotivo del passato che ti appesantisce il presente
Tutti siamo più o meno attrezzati a convivere con queste ferite, ma è pur vero che nella maggior parte dei casi, il dolore proprio come per le ferite vere persiste nel tempo aggravando la situazione. In fondo, cosa succede se evito di curare una ferita vera? Potrebbe infettarsi, anche gravemente, e in breve provocarmi un disagio. Con le ferite emotive succede la stessa cosa: alcuni di noi sono portati a sopportarle, a nasconderle, a minimizzarle, provocando una grande sofferenza mentale.
Ecco una metafora per capire meglio il concetto di carico emotivo: immagina di essere il capitano di una nave a vela e vuoi salpare per andare a conoscere nuovi mari, sei stanco di stare nel porto e vuoi cambiare aria. Quindi apri le vele al vento e ti disponi ad attraversare il mare, ma, per quanto ti sforzi, la barca non si muove. Così ti senti frustrato, senti che qualcosa non va. Quello che non va è che sei ancorato al fondo del mare; sei metaforicamente ancorato a quei pesi emotivi del passato che ti impediscono di avanzare.
In tanti tengono dentro parecchie insoddisfazioni e un carico emotivo pesante
Questi pesi non lasciano spazio a nuove esperienze positive ma piuttosto si insinuano profondamente nell’inconscio e ti riempiono di amarezza, risentimento, rabbia e frustrazione. Per questo motivo, di tanto in tanto dovresti chiederti quali credenze ti impediscono di crescere, quali traumi o insoddisfazioni riducono le tue opportunità e quali eventi ti tengono legato al passato.
Segnali che le tue ferite del passato stanno interferendo con il tuo presente
Viviamo la nostra quotidianità cercando di far del nostro meglio, spesso lottando contro qualche avversità, anche se per lo più ignari di ciò che ci condiziona da dentro!
Alcuni cercano di controllare tutto o buona parte delle proprie emozioni al fine di evitare di risentirle. Altri vogliono affrontarle per risolverle e con resilienza ci riescono, oppure hanno una motivazione più forte per farlo! Col passare del tempo e con le esperienze che viviamo, è possibile accorgerci che ci sono delle ferite emotive molto importanti che ci condizionano notevolmente. In tanti tengono dentro parecchie insoddisfazioni e un carico emotivo pesante…Sei uno di questi? Ecco alcuni comportamenti emblematici di chi si trascina ancora ferite del passato.
1. Continui a procrastinare
Vuoi permettere alle tue ferite emotive di gestire il tuo presente? Rimanda le cose da fare. Evita di farne altre. Sogna ad occhi aperti, diventa un master della procrastinazione e ritarda tutto ciò che puoi. Questo ti aiuterà sicuramente ad incasinare le tue relazioni professionali, la tua vita personale e la tua autostima.
2. Ti fai pervadere da sensi di colpa
Il senso di colpa è un’emozione tossica che ha l’effetto di immobilizzarti; inoltre, ti fa perdere tempo, perché dai a loro un’attenzione che non meritano. Pensi possa servire a qualcosa angosciarti con sensi di colpa per cose che non puoi cambiare?
Quel che è successo non può più essere modificato e non ci è dato conoscere l’avvenire fino a quando questo non si verifica davvero! Il senso di colpa fa perdere il momento presente, perché pensi a ciò per cui ti auto-condanni. Forse non ne sei del tutto consapevole ma stai sprecando tempo prezioso a pensare qualcosa che è già accaduto e che non ha soluzione.
3. Ti lamenti in continuazione
Di tutto, di tutti, ovunque, ogni volta che puoi. Lamentarsi è una calamita molto potente, e funziona come la gratitudine. Ma invece di attrarre le cose positive, lamentarsi attrae ciò di cui ci si lamenta. Fondamentalmente più ti lamenti di qualcosa, più ti arriva quel qualcosa di cui ti lamenti. Per esempio se non vuoi incontrare il vero amore, inizia a lamentarti che sarai sempre solo.
4. Ti metti in competizione con gli altri
Pensi davvero che avere uno smartphone più bello della tua collega possa farti stare meglio? Che vestirti meglio del tuo amico possa darti gratificazioni? Fai pure ma non meravigliarti se continuerai a sentirti frustrato. L’unica gara reale è con te stesso. Gli altri a volte possono servirti da paragone, ma puoi vincere soltanto con te stesso.
5. Rimani in una relazione inadatta
Può essere sia una relazione sentimentale che amicale. Potresti pensare che sia soltanto temporanea o anche che potrebbe essere il meglio per te, ma ti stai soltanto illudendo, stai permettendo alle tue ferite di esprimersi. Le situazioni inadatte sono come delle sabbie mobili: ti fanno affondare lentamente. Se non te ne vai nel momento in cui ti rendi conto che non vanno bene per te, alla fine diventi un tutt’uno con quella palude.
6. Cerchi di compiacere gli altri
Per compiacere gli altri perdi ogni traccia che possiedi di autenticità e originalità. Su questa Terra ci sono miliardi di persone e durante il corso della tua vita ne incontrerai svariate migliaia. Come puoi pensare di riuscire a compiacerle tutte? A meno che quello che vuoi dalla vita sia questa perfetta e nebulosa mediocrità.
Vuoi risolvere le tue ferite?
Dentro di te c’è una luce offuscata dal dolore e dall’esperienza della paura. È giunto il momento di accogliere le esperienze dolorose e smettere di scappare. È importante vedere la propria luce, piuttosto che farsi guidare da quella degli altri. Hai una scelta: accettare il tuo dolore e la tua infelicità, oppure decidere di fare scelte positive che ti fanno sentire felice e in pace. Hai libero arbitrio, per decidere quale delle due possibilità preferisci!
Sono poche le persone che si prendono cura di sé stesse, che tendono ad assecondare le loro esigenze. Tante persone pensano di non essere speciali, credono di non essere particolarmente belle, degne di essere amate… senza tuttavia assumersi la responsabilità di questi pensieri. Ma non si rendono conto di aver deciso autonomamente di nutrire questi, di aver scelto di non essere niente di speciale.
Possiamo guarire le nostre ferite emotive soltanto andando alla loro ricerca e facendole riemergere, senza nasconderle
A volte pensiamo che si debba essere sempre più forti per sopportare, ma la vera forza si dimostra nel saper affrontare ciò che ci fa male o ci fa soffrire. Per affrontare, bisogna prima ammettere di avere un problema o un disagio, fisico, emotivo, mentale o psichico. Il processo di guarigione può essere molto lungo. Per guarire le nostre ferite emotive dobbiamo cercare di eliminare i filtri che abbiamo messo inconsapevolmente per difenderci, le maschere che abbiamo creato per nasconderci. Non è semplice! Bisogna iniziare a cambiare degli automatismi. E questo comporta porsi delle domande scomode!
Non sei stanco di tornare sempre dalle persone che ti feriscono? Non sei stanco delle situazioni che ti fanno solo stare male? Non sei stanco di commettere sempre gli stessi errori, come se fossi incapace di imparare? Devi riappropriarti della sensazione di essere tu a governare la tua vita. Devi affermare la volontà di essere attore responsabile del tuo destino. Non permettere che il passato definisca la tua identità. Qualsiasi momento è quello giusto per mostrare “il tuo vero te”, libero da ferite dell’infanzia che imprigionano il tuo cuore e la tua esistenza.
È venuto il momento di rispolverare i tuoi bisogni e metterli al centro di tutto!
Il modo in cui tratti te stesso riflette la tua fiducia, la tua sfiducia, le tue insicurezze, le tue paure… Fai attenzione a non muovere interiormente una forma di dialogo aggressiva, giudicante o peggio, punitiva. Per esempio, se ti capita di pensare «sapevo che sarebbe andata a finire così», sappi che è un po come se ti dicessi: «me la sono cercata, mi merito il peggio, ce l’ho voluto io».
Si tratta di una forma di invalidazione molto brusca perché alimenta quel sistema di sfiducia di cui parlavamo prima. Sappi che dietro quel pensiero, dietro quelle parole di stizza, dietro quell’irritazione e quella rabbia di superficie, c’è il dolore per la delusione. Conceditelo. Accoglilo, restati vicino. Regalati un sincero «mi dispiace» che forse, un «mi dispiace» dall’esterno, così genuino, non l’hai mai sentito. Ecco perché non hai imparato a considerarti e a tenderti la mano. Siamo cresciuti tutti un po’ orfani di quella considerazione che cerchiamo all’esterno e, invece, dobbiamo imparare da soli a concederci. È il dono più bello che possiamo farci.
Se hai voglia di iniziare a lavorare sulla relazione che hai con te stesso e, finalmente, riappropriarti della tua vita, ti consiglio la lettura del mio ultimo libro «il Mondo con i Tuoi Occhi». Si tratta dell’attesissimo saggio di psicologia incentrato sull’affermazione personale, cinque capitoli che ti porteranno alla scoperta di quel potenziale che, da troppo tempo, è assopito dentro di te e non chiede altro di esplodere! Per immergerti nella lettura e farne tesoro, dovrai aspettare un pochino: il libro è ora in pre-order (puoi ordinarlo qui su Amazon) e sarà disponibile in tutte le librerie a partire dal 29 ottobre. Come ti suggerisce la copertina, è venuto il momento di rifiorire, comunque, nonostante. Perché sembra banale ma è vero: la vita è unica e nessuno merita di “subirla”.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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