Chi usa queste frasi vuole solo provocarti

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Siamo bravi in molte cose ma non a frenare la lingua quando qualcuno ci provoca. Riflettiamoci un po’, dove ci conduce la nostra replica? «Rispondere per le rime» è sicuramente la reazione che ci dà maggiore appagamento nell’immediato. È un po’ come mangiare quel pasticcino che desideriamo ma che poi, alla lunga, può cozzare con il nostro desiderio di metterci in forma.

Rispondere per le rime è spesso estremamente controproducente

Per «tenere testa all’altro» finiamo per nuocere a noi stessi e magari, concedere anche più attenzioni del dovuto. Quando rispondiamo a una provocazione cediamo alla frustrazione. La frustrazione è alla base di ogni nostra risposta di rabbia e diciamocelo, le provocazioni, per loro natura, hanno proprio lo scopo di farci arrabbiare, minare il nostro equilibrio.

Perché devi disinnescare chi ti provoca?

Le provocazioni così come le risposte d’impeto, sono emotivamente corrosive. La maggior parte delle persone, in una relazione di coppia, incolpa il partner e vuole che egli cambi; purtroppo nessun cambiamento (anche quando desiderato in modo legittimo) arriva dal nulla, senza essere innescato, alla base, da un altro piccolo cambiamento. Quel piccolo cambiamento potrebbe essere proprio il modo in cui rispondi alle provocazioni. In altre parole, disinnescando l’altro e non alimentando il circolo vizioso della frustrazione, gli darai la possibilità di riflettere su se stesso e la relazione. Parliamo di relazioni d’amore, tuttavia questo è vero per qualsiasi relazione interpersonale.

Inoltre, le provocazioni nascondono dinamiche di potere. Una risposta emotivamente carica rischia di farci sentire ancora più impotenti, involontariamente cediamo terreno al nostro interlocutore ma anche alla rabbia e al risentimento. Riflettere su una risposta logica e meditata demolisce ogni gioco di potere ripristinando un equilibrio in cui i piatti della bilancia sono perfettamente in linea. Senza una reazione d’impulso, quella provocazione perderà ogni potere, anzi, la risposta meditata ha il potere di raccogliere rispetto, fomentare stima e aprire un confronto dove non ci sono gerarchie. Dove chi provoca non può sentirsi superiore.

E se l’altro è un “provocatore professionista”? È vero, alcune persone si nutrono di questo, hanno una vena di sadismo che le porta a godere dei turbamenti altrui. Anche in questo caso disinnescare è utile, alla lunga, la persona potrebbe allontanarsi spontaneamente o comunque cessare la sua opera di frecciatine sterili dato che, con te, non troverà terreno fertile.

Frasi tipiche di chi vuole provocarti

Un passaggio importante è imparare a riconoscere le provocazioni ma sono certa che non farai fatica a individuarle. Sono quelle che «ti fanno salire il sangue alla testa», ti feriscono nel profondo o, nel migliore dei casi, ti irritano in superficie. Vediamo alcune frasi tipiche di chi vuole provocarti.

  • «Tu sei sempre quello che ha dimenticato/ha fallito/ha perso….»

Questa è una delle provocazioni più meschine. L’altro sottolinea un tuo errore e lo fa per un motivo: deprivarti di stima, fiducia, per screditarti e, nella sua dinamica disfunzionale, sottrarti potere. In genere si scelgono episodi del passato, non conta quanto poi tu ti sia riscattato, non importa quanti anni siano passati, l’acqua defluita sotto i ponti non è mai abbastanza: quell’episodio è lì, ripescato dal tuo interlocutore per tormentarti.

Cosa rispondere? «Probabilmente non hai alcuna argomentazione se devi ripescare quell’evento passato. Ne hai fatte molte anche tu, ma non ha senso offendersi così».

Consiglio. Quando ci provocano e veniamo offesi, nel rispondere non sappiamo quando fermarci, spesso tendiamo ad argomentare troppo. Il segreto, invece, sta nel dare risposte brevi e secche; l’altro così non avrà neanche il tempo di interromperti e riceverà il tuo messaggio franco e inequivocabile.

  • «Mai una volta che…»
  • «Tu fai sempre…»
  • «Me la devo sbrigare sempre io…».

Sono generalizzazioni e talvolta non vengono usate allo scopo di ferirti, piuttosto queste formule mostrano la frustrazione dell’altro riguardo alcuni temi che coinvolgono entrambi. Puoi provare a rispondere «La prossima volta ci coordiniamo meglio, mi dai indicazioni più precise e sarà diverso». In questo modo, sottolinei che le cose si fanno in due.

  • «Datti una calmata!»
  • «Non esagerare»
  • «Stai facendo un dramma per nulla»

Ok. A volte è vero, possiamo perdere le staffe per nulla. Queste frasi non hanno lo scopo di provocarti, tuttavia finiscono per farlo. Non sono frasi intelligenti da dire a chi ha i nervi a fior di pelle. Piuttosto, il tuo interlocutore dovrebbe pensare a frasi tranquillizzarti da dirti, tuttavia questo solo raramente accade in modo spontaneo.

Allora cosa fare? Chiedere il suo aiuto in modo lineare! «Quello che è successo mi ha scosso, tu puoi starmi vicino mentre affronto questa situazione?». Se a scuoterti è proprio una sua condotta, puoi rigirare le accuse che ti balenano nella tua mente, ed esprimerle in termini di bisogni. Per esempio, se pensi «sto male perché sei superficiale e passi tutte le sere dai tuoi genitori», puoi esprimerti meglio: «è vero, sono scosso, perché la sera mi piacerebbe se cenassimo insieme. La tua presenza è importante per me…».

Consiglio. Quando reagiamo a una provocazione, rispondiamo a nostra volta con una provocazione; usiamo le accuse per mettere alle strette l’altro e questo non fa altro che creare lontananza. Se alla mente ti balena un’accusa, fai un passettino indietro e prova ad esprimerla in forma di bisogno come nell’esempio appena visto.

  • «Pure oggi ho dovuto cucinare io… tu dov’eri?»
  • «Come al solito ho badato io ai bambini… che hai fatto tutto il tempo?»
  • «Ho sbrigato il tuo lavoro per te, possibile che tu sia così inefficace?»

Premesso che nella relazione bisognerebbe ripartire i compiti in modo equo sempre tenendo presente le esigenze dei singoli componenti. In altre parole: ci si viene incontro. Discorso diverso per il lavoro. Se un collega ti accusa di essere un pelandrone, se tu generalmente svolgi tutte le tue mansioni, non hai nulla da rimproverarti.

In questi casi, non bisogna giustificarsi. Chi accusa l’altro di fare poco, generalmente sta dipingendo se stesso come una vittima e… è un provocatore provetto! L’altro potrebbe chiedere aiuto in modo efficace, mentre invece tende a lamentarsi a fatto compiuto; questo è ciò che fanno i vittimisti.

Con queste premesse, non è facile innescare un dialogo costruttivo ma se la relazione non può essere sciolta, hai il dovere di provarci per non trascendere. Allora cosa dire? Chiarisci la tua disponibilità (che però non deve essere solo verbale) e tieni un diario delle faccende svolte rendendo partecipe l’altro di questa tua iniziativa. Il diario farà da repellente a eventuali lamentale: quando l’altro proverà a fare la vittima, fagli presente che tutte le attività vengono svolte insieme e c’è cooperazione.

  • «Fai come ti dico, altrimenti…»

Provocazioni sì, ma minacce no! Come rispondere? Fai una bella risata per alleggerire i toni minacciosi e sì, per disinnescare il potere che il tuo interlocutore presume di esercitare su di te. Le minacce sono tipiche dei manipolatori affettivi. Attenzione che probabilmente sei in una relazione disfunzionale. Una persona sana non sente il bisogno di minacciare l’altro.

Consiglio. Fare un passo indietro, temporeggiare, lasciare svaporare tutta quella tensione emotiva ti servirà a ragionare su una risposta che non alimenti la cascata a catene che sta cercando di innescare il tuo interlocutore. Se proprio il volume delle tue emozioni è alle stelle, puoi giocartela d’astuzia e chiamartene fuori invocando la stanchezza: «Non dirmi nulla, proprio non ti seguo, penso che dovrei rilassarmi un po’ prima di risponderti. Sono esausto e non va mai bene discutere con la stanchezza addosso. Ne riparliamo dopo». E intanto ti ritagli un po’ di tempo per te stesso.

Il «passo indietro» che ti porta avanti!

Chi fa un passo indietro e spesso anni luce avanti! Sai che la tendenza a cedere alle provocazioni è anche mediata da fattori biologici come la struttura della tua corteccia prefrontale? La corteccia prefrontale è quella che ci rende più evoluti! Allenandoti alla calma e alla riflessione, nel tempo, avrai modo di aumentare i collegamenti neurali in questa area, in altre parole, diverrai una persona più evoluta. In termini pratici? Diventerai più volta al ragionamento, alla programmazione lucida, più capace di perseguire i tuoi obiettivi, più incline a regolare gli stati emotivi soverchianti (paura, rabbia, disperazione, scoraggiamento…) e soprattutto, efficace nel farti rispettare.

La qualità della nostra vita è fatta di tante piccole cose, non siamo abituati a rifletterci ma anche comportamenti che possono apparire insignificanti come pensarci bene prima di lasciarsi andare alle provocazioni, possono avere importanti risvolti sulla nostra salute psicofisica e sulla nostra personalità.

Risvolti psico-fisiologici

Da un lato meramente fisiologico, allenarsi alla riflessione, potenziare la propria corteccia pre-frontale e, imparare a regolare gli stati emotivi,  significa anche modulare l’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, cioè quella centralina che gestisce e condiziona lo stato di infiammazione nel nostro corpo. Le piccole scelte che facciamo ogni giorno contano, hanno un peso straordinario sul nostro sistema mente-corpo e ricadute tangibili sulle nostre relazioni. Disinnescando l’altro, in un certo modo, lo educheremo a moderarsi.

Certo è che il nostro scopo non dovrà essere educare l’altro ma lavorare su noi stessi, le ripercussioni che avremo sulle nostre relazioni saranno una naturale evoluzione del lavoro fatto su se stessi. È importante questo passaggio, nella vita di ognuno di noi, spesso mettiamo al centro altre persone, facciamo dell’altro il nostro progetto di vita quando l’unico progetto di vita su cui dovremmo lavorare siamo noi stessi, la nostra crescita, il nostro benessere.

Questo non è affatto un approccio egoistico. Se ci pensi bene è l’unico approccio possibile per perseguire la via del benessere con sé e con l’altro. Riflettici: due persone non possono cimentarsi in un vecchio ballo se uno dei due sta sperimentando nuovi passi, l’altro dovrà per forza adeguarsi! Chi esce dallo schema, costringe l’altro a sperimentare, a sua volta, nuovi mondi… oppure, se proprio non ci riesce, a uscire di scena dal proprio mondo!

La soluzione è l’autoaffermazione

La differenziaziore può essere definita come la capacità di affermare se stessi anche quando siamo emotivamente e/o fisicamente molto vicino agli altri, specialmente quando questi “altri” sono molto importanti per noi. L’autoaffermazione consente di far valere i propri bisogni senza andare a discapito dell’altro, permette di conoscere l’altro per ciò che è realmente e non per le speranze, le paure e le aspettative che vivono dentro di noi.

Nelle relazioni viviamo da un lato, una spinta all’individualità e, dall’altro, la spinta alla relazionalità. L’autoaffermazione può aiutarci a trovare il nostro baricentro concedendoci l’abilità di stare in contatto con l’altro senza rischiare di perdere se stessi, di dimenticare i nostri bisogni o di condannarci a uno stato di perenne abbandono e solitudine. Se credi di vivere con un “eccesso di empatia” che ti fa identificare con l’altro, sappi che l’unica soluzione è restituirti a te stesso, concederti quei “diritti affettivi” che non ti sono mai stati concessi. Possiamo affermarci come persone complete e trasformare la nostra “empatia disfunzionale” in un’empatia sana, che ci possa “proteggere”, iniziando dalla conoscenza di sé. Allora è importante imparare a:

  • Comprendersi e non solo comprendere.
  • Accudirsi e non solo accudire.
  • Amarsi e… non solo amare.

Farti carico del tuo benessere e, in definitiva, imparare a comprenderti, accudirti e amarti, è la scelta più saggia che tu possa fare. La affermazione di sé gioca un ruolo chiave in tutti i legami e garantisce un elevato grado di appagamento anche nell’intimità. Il mio nuovo libro “Il mondo con i tuoi occhi” l’ho scritto per questo: per consentirti l’affermazione che non hai mai avuto la possibilità di viverti.

Curare i nostri legami, le nostre ferite, i nostri conflitti… curare il nostro benessere, è un dovere imprescindibile che abbiamo verso noi stessi. Allora impara a farlo, impara a rivendicare il tuo posto nel mondo a guardarti con i tuoi occhi….. Ed è quello che ti auguro. Se senti che è giunto il momento di costruire una vita che rifletta veramente chi sei, liberandoti dalle pressioni esterne e interne, questo percorso di crescita personale è ciò che fa per te. Cinque capitoli che ti porteranno alla scoperta di quel potenziale che, da troppo tempo, è assopito dentro di te e non chiede altro di esplodere! Per immergerti nella lettura e farne tesoro, dovrai aspettare un pochino: il libro “Il mondo con i tuoi occhi” è ora in pre-order (puoi ordinarlo qui su Amazon) e sarà disponibile in tutte le librerie a partire dal 29 ottobre.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
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