Differenze psicologiche tra primo e secondo figlio

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Alle mamme piace tanto dire che trattano ogni figlio in egual modo ma in realtà questo non è affatto vero. Ogni figlio ha un temperamento diverso e pertanto ispirerà comportamenti e risposte diverse in entrambi i genitori. Si è evidenziato che maggiori sono le differenze tra i fratelli e meno sarà omogeneo il comportamento genitoriale sia in termini di permissività, di aspettative, severità educazionale, sia in termini di complicità. Le disparità di trattamento tra fratelli si manifestano anche con i gemelli omozigoti!

Vediamo, in dettaglio, quali sono le differenze tra primo e secondo genito sia in termini di approccio parentale, sia in termini di temperamento e ambizioni legate ai fattori che riguardano l’ordine di arrivo in famiglia.

Il rapporto tra fratelli/sorelle

Nella tenera età le interazioni tra fratelli costituiscono una palestra relazionale per i futuri scambi sociali, tuttavia il rapporto tra fratelli talvolta può essere particolarmente difficile.

Quando arriva una sorellina o un fratellino il rapporto del primogenito con la madre cambia. L’impegno della madre con il nuovo arrivato può condurre il primogenito a stringere un legame più profondo con il padre. Nel corso del tempo, quella che era una triade (mamma, papà e bambino) diventa un “tetrade” composta, questa volta, da due sistemi distinti:

  • la coppia parentale (gli adulti)
  • il sottosistema fraterno (i piccoli)

Se le cose vanno molto male, nel corso del tempo, la tetrade può mutare fino alla scissione del sottosistema fraterno: un fratello diventa alleato dei genitori e l’altro è tagliato fuori. Nelle famiglie disfunzionali non è raro che uno dei due figli diventi la pecora nera della famiglia, ovvero il capro espiatorio

Il capro espiatorio e le dinamiche famigliari

In famiglia è “quello diverso”, l’elemento che meno si amalgama con gli altri. Il capro espiatorio non è solo un espediente per alleggerirsi la coscienza ma anche uno strumento per mantenere ed esercitare il potere. Il motivo? Per il gusto di farlo. Cosa avviene?

Le madri (e i padri!) che non hanno ben compreso il ruolo genitoriale, vedono i figli come loro subordinati e non come individui a sé all’interno di un sistema familiare funzionale. Così, il figlio preferito sarà quello che più gratifica e più accondiscende alle aspettative genitoriali. Il figlio meno accondiscendente diverrà il capro espiatorio, un espediente per esercitare il controllo sugli altri figli o su altri membri della famiglia. Già, perché il capro espiatorio assumendosi ogni colpa, mantiene più uniti e sottomessi “gli altri”.

In famiglia si crea un sistema di coesione dualistico: “capro espiatorio” vs “team leader”. Dove il “team leader” in genere è la madre con un figlio adepto, o peggio, il genitore e i figli adepti. Più l’unione è ampia, più emarginato e “diverso” si sentirà il capro espiatorio. Più l’unione è stretta (elevata complicità tra i membri del team leader), più forti saranno le crudeltà subite dal capro espiatorio. Sì, il capro espiatorio è destinato a subire vere e proprie crudeltà, emotive e talvolta anche fisiche. Privazioni, vessazioni, umiliazioni… esperienze emotive dolorose che protraendosi nel tempo tenderanno a stigmatizzare il capro espiatorio anche da adulto.

In buona parte dei casi, il capro espiatorio crescerà senza un reale senso di appartenenza perché pur avendo una famiglia non ha mai potuto sentirla propria. Diverso da tutto e da tutti.

Le vessazioni subite dal capro espiatorio a volte sono esplicite, altre volte sono più tacite. Punizioni e rimproveri descritti come “necessari”. Il genitore che controlla il gioco ha bollato fin da subito il capro espiatorio assegnandogli il suo ruolo, per quanto egli potrà ribellarsi, non riuscirà a cambiare le cose. Il capro espiatorio potrà essere descritto come “la pecora nera della famiglia” ma la verità è che subisce una forma di bullismo mascherato, molto più dolora perché arriva da chi avrebbe dovuto proteggerlo, sostenerlo e amarlo.

Perché alcuni fratelli si spalleggiano e altri, invece, sembrano detestarsi?

I fattori che influenzano il rapporto tra sorelle o fratelli sono diversi, tra i principali:

  • Affinità temperamentali
  • Vicinanza di età
  • Influenze genitoriali
  • Coinvolgimento del maggiore nelle cure del piccolo
  • Numero dei fratelli
  • Unione e cooperazione nella coppia parentale

Con l’arrivo del fratellino il primogenito può sperimentare gelosia e crisi di rabbia, potrebbero verificarsi anche meccanismi di difesa come regressione e formazione reattiva. Il rapporto tra fratelli è spesso caratterizzato da un coinvolgimento ambivalente: insieme a sentimenti di affetto, scambio e condivisione, emerge lo spettro della rivalità e della gelosia.

I fratelli opposti

Quando l’equilibrio tra fratelli si rompe avviene un meccanismo molto comune in cui il figlio più piccolo si strutture in modo opposto al fratello più grande.

Influenze “caratteriali” dell’ordine di genitura

Per quanto i fratelli vivano nella stessa famiglia, i genitori si comportano diversamente con ciascuno di essi, il che porta a influenze ambientali differenti e non condivise. Ci sono dei tratti caratteristici che tendono a esprimersi nel primo genito e altri tratti peculiari dei figli successivi.

Il primogenito

Il primogenito ha potuto godere dello status di figlio unico. Ha occupato un ruolo privilegiato all’interno della famiglia (ruolo che talvolta conserva anche dopo l’arrivo del secondo figlio). Il fattore cruciale determinante sul carattere e sulla disparità di trattamento tra fratelli è l’aspettativa genitoriale.

Prima di arrivare alla procreazione i genitori trascorrono una vita di fantasie sul diventare mamma e papà. La donna, spesso, ha un desiderio di maternità molto spiccato ed è il primo figlio a esaudirlo…!

Il primo figlio è colui che trasforma un uomo o una donna in un genitore (padre o madre) e rappresenta un investimento emotivo più di quanto lo saranno i figli successivi. Che impatto ha tutto questo sullo sviluppo emotivo del primo figlio? I primogeniti sono:

  • più ambiziosi
  • più autoritari
  • talvolta più tradizionalisti
  • più legati e rivolti alla famiglia

Questo ultimo punto ha una doppia connotazione: è vero sia in termini positivi (di affiliazione, aiuto e supporto) che negativi (di dipendenza e difficoltà nel conquistare una piena autonomia).

I figli successivi

Il secondogenito non ha mai sperimentato l’unicità. I figli successivi al primo arrivano in una casa con regole già stabilite, fin da subito dovranno condividere le cure dei genitori e adattarsi alle esigenze di un fratello maggiore che difenderà il suo territorio.

Quando arriva un fratellino, infatti, il primogenito tenterà di mantenere lo status quo, di far valere la sua autorità di figlio maggiore mentre il figlio minore si adopererà per cambiare gli equilibri all’intero della relazione. Il secondo figlio è tendenzialmente più competitivo, tale fattore lo porterà a raggiungere dei traguardi più tempestivamente rispetto ai primogeniti; i figli successivi imparano a  parlare e a camminare più velocemente.

Per i figli successivo al primo sarà forte, fin da subito, il bisogno di affermazione entro i confini familiari e di autonomia (dentro e fuori le mura domestiche). Che impatto ha tutto questo sullo sviluppo emotivo del fratello minore? I figli successivi possono provare sentimenti di:

  • sfiducia
  • inferiorità
  • competizione

Il secondo figlio, per reazione, tenderà a essere più indipendente dalla famiglia e sarà proiettato maggiormente all’autonomia. Tendenzialmente il secondo figlio è più progressista.

Ormai sei adulta/o e hai preso piena consapevolezza di aver avuto genitori che in qualche modo ti hanno invalidato

Nessuno ti chiederà di condonare gli errori di un genitore negligente, abusante o distratto, tutto quello che ti chiedo è ciò che già devi a te stesso: prendi in mano le redini della tua vita e diventa la persona che desideri essere. Solo quando ti sentirai pienamente soddisfatto di te e della persona che sei diventata, sarai pronto a guardare i tuoi genitori con occhi diversi, non più con gli occhi dell’accusa, ma con gli occhi di chi è riuscito a guarire… nonostante tutto. Qualcuno una volta mi ha detto che l’amore rende magica la vita, forse è il caso di iniziare a crederci, o di provarci almeno.

Possiamo fare molto per noi stessi, anche se non viviamo una relazione che può curare il nostro cuore

Qualunque sia la nostra condizione, possiamo scoprire percorsi di vita e di consapevolezza che ci possono rendere donne e uomini migliori, pienamente consapevoli e realizzati, orientati verso uno scopo e arricchiti di senso.

Se oggi provi tanta rabbia e rancore, ti stai solo proteggendo… ma per te stesso, puoi fare ben altro! Fin da bambini, ci insegnano a non deludere gli altri, a essere ubbidienti e addirittura a non dar fastidio. Crescendo, orientiamo la nostra vita su ciò che possiamo fare per gli altri, dimenticando che sono molte le cose che potremmo fare per noi stessi. Dentro di te, hai inestimabili risorse emotive e questo è un dato certo. Quando tieni a qualcuno, cosa fai? Te ne prendi cura, gli dedichi attenzione e stima… quindi, la tua capacità d’amare non è affatto messa in dubbio. Allora perché non provi a dedicare un pizzico di quelle attenzioni a te stesso? Perché continui a spostare i tuoi pensieri sull’altro, quando potresti dedicarli a te? Se nelle parole che hai letto in precedenza hai trovato delle verità che ti hanno toccato da vicino, sappi che puoi venirne a capo!

È arrivato il momento di liberarci dai condizionamenti e di affermarci per ciò che siamo e che vogliamo essere

E può esserti di molto aiuto il mio ultimo libro «il mondo con i tuoi occhi» (lo trovi a questa pagina Amazon). Si tratta di un saggio che è destinato a stravolgere il modo in cui approcci alla vita. Il modo in cui guardi te stesso e gli altri. Non solo andiamo a sfatare molti altri tabù che ormai, sono radicati nelle nostre menti, vedremo soprattutto come coltivare dei valori personali e, in base a questi, tracciare il nostro individuale percorso di vita. Unico, irripetibile, privo di pressioni, libero da ruoli, così come sarebbe dovuto essere fin dal principio. Indietro nel tempo non possiamo andare ma possiamo cominciare a capire tante cose e, finalmente, restituirci a noi stessi.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
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