L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’abuso minorile come un costrutto molto ampio che comprende maltrattamenti e disattenzione. Include tutte le forme di violenza fisica ed emotiva, abuso sessuale, incuria, negligenza emotiva.. e qualsiasi comportamento che possa causare un danno reale o potenziale per la salute del bambino, la sua sopravvivenza, il suo sviluppo o la sua dignità nel contesto di una relazione di responsabilità, fiducia o potere (OMS, 2003).
Quando si parla di abuso non si può fare a meno di citare la negligenza infantile, ma che cos’è? La negligenza emotiva è una forma di maltrattamento quasi invisibile. Alla base può esserci inadeguatezza genitoriale e/o mancanza di amore. Con negligenza emotiva si fa riferimento all’assenza persistente di risposte adeguate ai bisogni emotivi del bambino. Il bambino esprime i suoi bisogni affettivi e il genitore, sistematicamente, li ignora per inadeguatezza o perché distratto da altro.
Esempi pratici? Un genitore che ignora in modo continuo e persistente, il piccolo che piange pensando che tanto, prima o poi si stancherà! Oppure un genitore che invece di accogliere e accudire, pensa che il piccolo lo stia sfidando con i suoi naturali comportamenti. Per non parlare della mancata interazione tra bambino e genitore (noncuranza del genitore, anaffettività, completo disimpegno). Mancanza di una figura stabile (genitore depresso, affetto da malattie, genitore assente). Incoerenza, disparità di trattamento tra fratelli, umiliazioni, ricatti emotivi… Insomma, le forme di negligenza emotiva sono davvero numerose
Ci sono poi alcune variabili che possono intervenire peggiorando qualcosa che è già di per sé un grosso problema… come dire: non c’è mai fine al peggio! A gettare benzina sul fuoco, in un contesto di negligenza emotiva, possono intervenire alcune circostanze come:
- Relazione di coppia instabile: i bambini sono costretti ad assistere a litigi tra i genitori. Nella famiglia nascono difficoltà nella comunicazione e si forma un serio squilibrio nella distribuzione del potere.
- Relazioni conflittuali con la famiglia estesa: nonni, zii o altri parenti interferiscono negativamente con la vita famigliare.
- Nessuno adulto si occupa delle faccende domestiche e nel genitore che considera il figlio subordinato, nasce la pretesa che sia il minore a realizzarle.
- Una casa piccola e spazi ristretti possono azzerare il concetto di privacy, la sicurezza e i confini tra sé e l’altro diventano difficili da strutturare.
- Basso livello educativo dei genitori. In pratica i genitori non sono solo inadeguati da un punto di vista affettivo ma lo sono anche da un punto di vista dell’istruzione, non mostrano interesse per i figli e non li incoraggiano alla conoscenza. Il basso livello di istruzione induce anche a un disinteresse medico. Bada bene, non significa che i genitori poco colti non possono essere buoni genitori. Significa che i genitori menefreghisti nei confronti della prole e (per di più) non istruiti, sono terribili genitori.
- Modello educativo gerarchico. Qui l’abuso emotivo è inevitabile: i genitori reputano i figli una “proprietà” di cui avvalersi piuttosto che persone con un’identità propria con le quali condividere armoniosamente un pezzo di vita.
La negligenza emotiva è un problema molto complesso tanto che bisogna tenere conto di numerosi fattori. Data la sua complessità, bisognerebbe agire con urgenza perché le conseguenze a lungo termine possono essere paragonabili e in taluni casi persino più gravi di quelle legate alla violenza fisica.
Niente paura. Per fortuna è possibile intervenire anche in età adulta: un percorso di auto-consapevolezza, auto-accettazione può essere il cammino ideale per chi è cresciuto in una famiglia tossica. La psicoterapia è indubbiamente l’intervento più saggio per il recupero. In cosa consiste il recupero? Nel cambiare i comportamenti e i modelli che hai acquisito fin dall’infanzia. Tali modelli sono il frutto di un adattamento in un ambiente ostile. Ed ecco la parte peggiore: ciò che apprendi inconsapevolmente durante l’infanzia è davvero difficile da lavare via, entra a far parte del tuo bagaglio inconscio che condiziona la tua vita da adulta. Lasciarsi alle spalle un abuso emotivo equivale a guarire.
La guarigione consiste nel disimparare schemi, modelli, credenze e comportamenti e sostituirli con nuovi apprendimenti in grado di supportare la tua felicità a lungo termine! Il primo regalo che puoi farti, dunque, è un percorso di introspezione.
5 doni che un figlio non amato dovrebbe farsi ogni giorno
L’auto-consapevolezza è un dono che non hai bisogno di incartare eppure è uno dei regali più belli che puoi farti. Con l’auto-consapevolezza puoi imparare a vederti chiaramente per ciò che sei e non per quello che ti hanno indotto a credere gli altri.
1. Conoscenza. Impara a conoscerti
I figli non amati vedono se stessi attraverso una lente d’ingrandimento difettosa, ereditata dalle esperienze infantili. Questa lente riflette il modo in cui ti hanno fatto sentire da piccolo.
La tua visione distorta arriva dalla persistente abitudine all’autocritica. Sei così abituato a essere severo con te stesso che ormai per te questo è lo standard della normalità. In realtà, esiste un altro modo di esistere che ancora non conosci. La lente che oggi usi non è abituata a vedere le meraviglie che ti porti dentro, ciò che di enormemente buono c’è in te, quella lente ha imparato solo a mettere in evidenza i tuoi aspetti negativi e… ingigantirli!
Concediti il tempo e lo spazio per conoscerti bene. Cerca di essere razionale nei giudizi che ti dai continuamente. Anzi, sarebbe bene mettere da parte ogni giudizio. Cerca di conoscerti davvero: chi sei? L’immagine che vedi di te è autentica o ti è stata inculcata da qualcuno? Esplora i tuoi mondi interiori e fallo con amicalità. In fondo, tu, potresti essere il tuo migliore alleato, il più grande amico di sempre e non colui che ti rema contro!
Invece di concentrarti su ciò che non va, dai un’occhiata a quanto c’è di buono. Ecco un piccolo esercizio da fare ogni giorno. Impara a conoscerti: prova a scrivere 10 parole positive che ti descrivono. Se proprio non ci riesci, chiedi a chi ti stima di aiutarti.
2. Comunicazione e ascolto. Non trarre conclusioni affrettate
Il confronto è una cosa buona e giusta, lo è di meno, però, se parti prevenuto sulle intenzioni altrui. Non puoi pretendere che un’altra persona capisca al volo i tuoi bisogni e li soddisfi. Impara a comunicare con calma ciò che vuoi o ciò che ti aspetti dall’altro. Se hai bisogno di qualcosa, comunicala in modo garbato e assicurati che l’altro abbia compreso.
Per lo stesso principio, non dare per scontato la prospettiva dell’altro. Non giungere a conclusioni affrettate. Prima di sentirti offeso o ferito nel profondo, chiedi spiegazioni. Sei sicuro di aver letto correttamente la situazione? Quando interagisci con gli altri, prova a porti domande in modo “distaccato”. La tua sfera emotiva può “viziare” le tue valutazioni, proprio come quella lente difettosa fa con te stesso.
3. Comprensione. Impara a capirti
Se credi di aver commesso un errore, non condannarti. L’auto-compresione è l’antidoto che cerchi solo che probabilmente ancora non sei capace di somministrartela. Non riesce a essere comprensivo e compassionevole con te stesso semplicemente perché nessuno lo è mai stato con te! Se durante la tua infanzia non ti sei sentito compreso e pienamente accolto nelle tue fragilità, solo difficilmente riuscirai a farlo da solo in età adulta. I primi due doni sono strettamente correlati.
Impara a dare un nome alle tue emozioni, ogni giorno. I figli non amati non sempre riescono a regolare e gestire le loro emozioni così finiscono per esserne vittime. L’ansia, il panico, le incongruenze tra desideri e azioni, tutti quei «vorrei ma non posso…» sono in realtà un esempio tangibile di emozioni mal gestite. Anche il bisogno di controllo riflette solo emozioni soverchianti.
Fortunatamente l’intelligenza emotiva non è una dotazione di serie ma è un qualcosa che si acquisisce con la pratica. Sapere cosa provi e perché lo stai provando ti stenderà un tappeto rosso verso il cammino dell’auto-consapevolezza.
4. Pazienza. Non essere impaziente
Hai passato l’intera infanzia a subire l’influenza negativa di tua madre o di tuo padre e ora non vedi l’ora di riscattarti e migliorare ma finisci per inciampare sempre negli stessi errori. Posso capire perfettamente la tua impazienza ma nel giro di poco tempo non puoi riscrivere il tuo presente: hai bisogno di imparare le basi perché queste ti sono mancate, purtroppo. Non è qualcosa che è dipeso da te ma è capitato. È qualcosa con cui ancora oggi ci fai i conti ma da cui sicuramente riuscirai a uscirne. Non ti basta la forza di volontà, quella ne hai da vendere.
Se c’è una cosa che accomuna le persone con un’infanzia difficile è proprio questo: la volontà di riscattarsi! Quel riscatto arriverà, il tuo prossimo passo per ottenerlo è un semplice apprendimento: imparare a essere più gentile con te stesso e avere pazienza per raccogliere i frutti dei tuoi sforzi. Ci arriverai.
“Faccio sempre gli stessi errori” “Non imparo mai…” “Sono un fallito”. Sono frasi che non fanno bene. Rivolgiti a te stesso con compassione, gentilezza e pazienza: “oggi ho commesso questo errore ma probabilmente la prossima volta riuscirò a padroneggiare meglio la situazione, non è questo singolo episodio che può definire la mia intera persona”. Analizza bene il contesto. Ricorda che ogni giorno, fai sempre il meglio che puoi con ciò che sai. Molte cose non hai potuto ancora impararle.
5. Stimati e… Circondati di persone che ti stimano
Mentre impari ad accettarti e stimarti, ricordati di circondarti di persone positive, degne di stima e in grado di mostrarti autentica stima. Ogni rapporto deve basarsi sulla reciprocità. Se hai sempre avuto esperienze negative, se la tua fiducia è stata tradita sia in amicizia che in amore, sappi che potrebbe non essere un caso. Quando cresciamo con ferite interiori nascoste, mai elaborate o guarite, non siamo lucidi nei rapporti e finiamo per legarci a chi può, in qualche modo, approfittarsi di noi e della nostra bontà. Quando guarirai te stesso dal tuo passato, ti verrà naturale selezionare solo le persone che possono davvero arricchirti e che sono capaci di autentica stima e rispetto. Chi non ti apprezza, finirà per allontanarsi in autonomia, così come giusto che sia: la guarigione di sé mette ognuno al suo posto.
Dovremmo imparare a “contenere” i nostri vissuti emotivi e a prenderci solo il meglio dal contagio emotivo nei primi anni di vita
Quando veniamo al mondo, infatti, il nostro cervello recepisce tutti gli schemi ricorrenti di comunicazione non verbale. Ecco perché, anche se un neonato non ha ancora imparato a parlare, già capisce tutto del suo ambiente di sviluppo e di ciò che gli trasmette il legame di accudimento! Neuroni specchio e feedback facciale già gli dicono tutto, ancor prima di pronunciare le fatidiche parole “mamma” e “papà”.
Gli schemi ricorrenti che intercettiamo fin dalla nascita, divengono parte di noi e li mettiamo in rapporto con gli altri per reindirizzare il nostro comportamento. Diamo vita così alla cosiddetta inter-regolazione: le primissime modulazione delle sensazioni che proviamo scaturiscono nelle interazioni con gli altri. Quindi la prima esperienza che facciamo non è di un “me”, non è quella dell'”identità individuale” ma di un “noi”. Solo crescendo, se ne abbiamo la possibilità (e ciò significa se ci viene offerta sicurezza, fiducia e libertà) riusciamo ad affermare la nostra identità di persone complete, individui unici e a sé. In caso contrario, resteremo imprigionati in un perenne “noi”. Dove, anche se i protagonisti cambiando (da adulti il nostro “altro” sarà il partner e non il genitore), gli scenari restano immutati.
I primi schemi ricorrenti di inter-regolazione saranno usati per costruire i circuiti neurali (rappresentati principalmente nelle cortecce cerebrali con fitte connessioni verso le aree limbiche) che serviranno ad acquisire capacità di conforto, di auto-contenimento, di auto-regolazione, di auto-accudimento e, in definitiva, di una maggiore autonomia affettiva.
Se hai voglia di restituire a te stesso la sicurezza necessaria per iniziare ad affermare la tua identità di persona completa e degna d’amore, senza il rischio di “sovraccarico” emotivo, ti consiglio la lettura del mio nuovo libro «il mondo con i tuoi occhi», disponibile su Amazon e in tutte le librerie. Nel saggio troverai molti esercizi pratici per lavorare sulla tua modulazione affettiva, sulle emozioni dirompenti e sulle emozioni che ti aspetteresti di sentire e, invece, tardano a emergere. Non solo, il manuale è nato per mostrarti l’evoluzione dell’identità individuale e aiutarti a mediare il passaggio da un “io” più diffuso a un’identità ben affermata, autonoma, capace di costruire senso di appartenenza e vicinanza senza dipendenza o eccessiva distanza.
Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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