Sentirsi di non valere, quella spiacevole sensazione di non sentirsi mai all’altezza della situazione, di sentirsi incapaci di affrontare qualsiasi contesto anche quando il compito non richiede grandi sforzi. Perché ci succede? Il web è pieno di frasi sull’amore per se stessi. Psicologi, scrittori, filosofi, poeti… molti autori si sono davvero impegnati a definire cos’è l’amore per se stessi. La definizione più comune vede l’amore per sé come qualcosa che parte da dentro, tuttavia la realtà ci mette dinanzi a una sconvenienza: siamo tutti proiettati all’esterno a cercare conferme e amore. Con questa breve introduzione vorrei approfondire l’argomento “Complesso di inferiorità”.
Come si arriva a sentirsi di non valere abbastanza da grandi: la storia di Sara
Come accade spesso nella vita le insicurezze che ci portiamo dietro da grandi vengono dall’infanzia! Per mostrare come il senso di inferiorità si possa insidiare nei bambini racconterò la storia di Sara. Da piccola Sara era una bambina molto energetica e vitale, come entrambi i genitori. Per farle una sorpresa, suo padre le comprò la playstation e le chiese se le andasse di giocare. Con il joystick nuovo di zecca stretto tra le mani, Sara non riusciva a trattenere l’entusiasmo e volle subito fare una partita di calcio. Dopo appena qualche minuto, però, il padre, innervosito dai continui errori della bambina, cominciò a intromettersi nel suo gioco, prima con calma poi con crescente foga.
Sentendo il trambusto dall’altra stanza, la madre di Sara corse in salotto e si unì anche lei alle critiche da stadio del marito. Anzi tolse il joystick dalle mani della piccola per giocare con il marito. Mentre i genitori sembravano maggiormente interessati al gioco che a lasciarla divertire, fu in quel momento che Sara iniziò a pensare di non avere le qualità adatte a renderli fieri di lei.
“Non sentirsi abbastanza” e genitori
Non esiste nessun’altra persona al mondo che possa avere un impatto così profondo sulla nostra psiche di un genitore. Seppur i genitori di Sara, come molti altri, abbiano la buona intenzione di rendere i figli più forti e capaci, con atteggiamenti come quelli, soprattutto se ripetuti negli anni, instillano in loro la convinzione di non essere abbastanza. E non sono di certo i soli!
Tantissimi padri e madri riversano sui figli le loro paure, controllano le loro vite nella speranza di aiutarli e finiscono invece per impedire loro di imparare a cavarsela da soli. Ovviamente bambini diversi rispondono diversamente alle manie di controllo e alle ansie dei genitori. Però quelli che subiranno maggiormente le loro interferenze rischieranno di sentirsi inferiori agli altri in età adulta perché in modi più o meno espliciti si saranno sentiti dire che non valgono.
Il senso di non valere affonda le radici nell’infanzia
Un bambino che non si sente accettato per quello che è veramente nella totalità del suo essere, è proiettato a incolparsi. Ne consegue uno schema di pensiero disfunzionale del tipo” Se i miei genitori mi criticano, mi paragonano agli altri, non mi vogliono abbastanza bene, significa che non valgo”. Di conseguenza inizierà a sentirsi inferiore; penserà che è stupido, cattivo, sbagliato, non meritevole d’amore, sviluppando inevitabilmente un immagine negativa di se stesso.
Naturalmente, le cause della mancanza dell’amor proprio non sempre si trovano nell’infanzia. A volte dipende da esperienze di vita considerate fallimenti. Quando qualcuno pensa in termini di “o tutto o niente” e considera gli errori come qualcosa di negativo…insomma, una serie di fallimenti possono comportare a sentirsi inferiori agli altri. Da grandi l’inevitabile….Impariamo a credere in noi stessi soltanto quando troviamo qualcun altro che crede in noi
Sentirsi di non valere abbastanza, sintomi
I sintomi del complesso di inferiorità hanno una matrice psicologica. Chi soffre di complesso di inferiorità tende ad attribuire cause agli eventi che li circondano e a stabilire connessioni causa-effetto che possono avere una matrice interna (fattori interni) o esterna (fattori ambientali)
1. Senso di inferiorità e fattori interni (locus of control interno)
Un aspetto sintomatico molto evidente è la bassa autostima. Essa è così ” danneggiata” che coloro che ne soffrono non riescono a relazionarsi con gli altri in modo naturale. Si tratta di persone per lo più socialmente ritirate, che fanno fatica a raccontare di se stessi apertamente per la paura del giudizio altrui. Si considerano poco attraenti, poco interessanti, goffi, incapaci di sostenere una conversazione intima per timore di essere rifiutati, isolati o derisi.
2. Senso di inferiorità e fattori esterni (locus of control esterno)
Il complesso di inferiorità può manifestarsi paradossalmente con il costante bisogno di dimostrare di essere migliori degli altri. Apparire migliori rappresenta una forma di riscatto rispetto ai messaggi svilenti avuti durante l’infanzia e pertanto un modo per ricostruire l’autostima. In caso di fallimento, sentono il bisogno di sminuire gli sforzi degli altri per sentirsi meglio con se stessi. In questi casi, invece di essere socialmente ritirati possono rivelarsi così schietti e senza misura da risultare scortesi.
Qualunque fallimento personale è esclusivamente attribuito a fattori esterni quale per esempio la sfortuna. Non è per nulla contemplato che l’errore possa esser frutto di una loro diretta responsabilità o mancanza; ciò sarebbe intollerabile e confermerebbe l’idea di non avere valore. Preferiscono attribuire all’intero universo l’unico responsabile della loro miseria e i loro fallimenti
Ecco i sintomi che caratterizzano una persona con la percezione di non valere:
- Ha la tendenza ad incolpare gli altri per tutto
- Non ama prendersi responsabilità
- Ha difficoltà a riconoscere il valore altrui
- Non accetta il confronto
- E’ pessimista e sfiduciato verso la vita
- E’ disfattista
- Ha Difficoltà a fidarsi
- E’ insicuro; vive ogni contesto con timore
- Non accetta le critiche anche se costruttive
- Tende a non credere ai complimenti.
Sentirsi di non valere abbastanza e sovra compensazione
Volendo citare un paio di affermazioni di Carl Gustav Jung “Se teniamo conto che per effetto della compensazione psichica una grande umiltà è assai prossima all’onnipotenza” e anche “ai voli troppo alti e repentini sogliono i precipizi esser vicini”, possiamo facilmente dedurre che dietro la sfrenata presunzione vi sia un chiaro senso d’inferiorità!
Il senso di inferiorità può indurre alcuni individui ad attivare un meccanismo di sovra compensazione, il che si traduce nel compensare il “difetto” con comportamenti estremi, al fine di eccellere in alcuni ambiti a qualsiasi mezzo. Chi si sente inferiore può, infatti, cadere nel perfezionismo, magari esagerando pur di non lasciarsi così attanagliare dai sensi di colpa e dai rimorsi del non essere abbastanza bravo e capace
Sentirsi di non valere abbastanza e dissonanza cognitiva
Nessuno ama sentirsi incapace, stupido e inferiore agli altri. Per qualcuno questa sensazione è talmente inaccettabile da distorcere la realtà; costretto a confrontarsi con gli scogli aguzzi della realtà, s’inventa convinzioni o atti di segno opposto per ridurre l’impatto e l’intensità delle sensazioni sgradevoli. Per esempio, un uomo con un complesso di inferiorità associato al suo aspetto fisico, può reagire con atteggiamenti misogini che lo portano a disprezzare le donne.
Sentirsi di non valere e narcisismo
Si parla tantissimo di narcisismo ma pochi sanno che tra le cause di questo disturbo può nascondersi il “complesso di inferiorità”. In questo caso, il malessere procurato dal “sentirsi inferiori agli altri” si anestetizza per assumere lo schema comportamentale tipico del narcisista
Dietro a menzogne e realtà puramente inventate si inventa un personaggio, che a volte si trasforma nel principe azzurro, meraviglioso e che ti farà sentire una vera regina, per poi diventare un orco, fatto di pura cattiveria, crudeltà e manipolazione per farti sentire in colpa di tutti i suoi torti e bugie, non appena avrà capito, che ti ha in pieno possesso e controllo, potrà abbandonarti per dedicarsi a un nuovo oggetto del suo piacere.
Come cambiare l’immagine negativa di sé
Il web è pieno di suggerimenti per imparare ad accettarsi: comprendono il pensiero positivo, l’elenco dei propri successi, la visualizzazione positiva e persino… la bacchetta magica! Di sicuro, alcune indicazioni possono avere la loro utilità, (se escludiamo tutti i testi elaborati da psicologi improvvisati) ma non affrontano il problema della mancanza di autostima alle radici.
Se sono troppo impegnata a sentirmi come “essere inferiore, indegno di vivere” a cause delle mie insicurezze e limiti non potrò mai prendermi la responsabilità di essere me stessa. Non accettarsi significa rafforzare il proprio senso di inferiorità. E’ necessario prendersi la responsabilità di accettarsi per come si è. Il monaco buddista Thich Nhat Hanh diceva sempre: “Essere belli significa essere se stessi. Non c’è bisogno di essere accettati dagli altri. È necessario accettare se stessi”.
“NON sentirsi inferiori” è un processo di auto consapevolezza che parte dal confronto realistico con l’immagine negativa che si ha di se stessi. E il confronto consiste nell’interrogarsi con occhi obiettivi: quanto questa immagine che ho di me è realistica? I miei limiti, i miei difetti sono realmente cosi gravi e immodificabili? Magari alcuni nostri limiti possono avere anche una spiegazione specifica. Ad esempio, un percorso scolastico difficile e lento può essere stato causato da un dislessia non diagnosticata e non curata. La difficoltà nell’affrontare una discussione può essere dovuta alla tensione emotiva subita in un ambiente familiare conflittuale.
Non sei l’unico a sentirsi inferiore!
Anche io pensavo di “non essere all’altezza di certe aspettative”, l’unica ad avere problemi o per lo meno di averli così forti. In realtà ogni individuo su questo pianeta ha la sua dose di difficoltà da superare. Allo stesso modo, ognuno cresce convinto di alcune grandissime cazzate riguardo se stesso, che finiscono per rovinargli la vita.
Ognuno di noi ha le proprie caratteristiche, che lo rendono unico
Prova a non considerare più le tue mancanze come “limiti”, ma come “aree di miglioramento”. Il primo passo per disinnescare un radicato senso di inferiorità è acquisire la consapevolezza che la percezione negativa che hai di te stesso è solo un idea che deriva dalla tua storia personale. E se vuoi rendere questo compito più semplice, puoi leggere il mio nuovo libro “Il mondo con i tuoi occhi“. E nel frattempo ricorda sempre…..sentirsi insignificante, stupido o incapace non vuol dire esserlo veramente e soprattutto non significa che gli altri ti vedano cosi!
Ci sono diversi step che si possono seguire per ricevere il supporto emotivo necessario a guarire dagli effetti negativi di una famiglia disfunzionale
Il primo tra tutti è sicuramente quello di lavorare su se stessi: sapere che non è la tua famiglia a definirti come individuo e che è possibile lavorare sulle conseguenze emotive che ti ha lasciato. Questo è il miglior modo per iniziare ad affrontare la difficoltà di essere cresciuto in nucleo famigliare tossico….Al cuore bisogna dare del tempo per accettare ciò che la ragione ha già saggiamente colto. Perché se è vero che non scegliamo la nostra famiglia d’origine, possiamo però scegliere come costruire la nostra famiglia per non riproporre un modello tossico.
Nel mio nuovo libro «Il mondo con i tuoi occhi», ti parlo di relazioni ma, ancora di più, ti parto di te e di cosa puoi fare per te stesso per costruire una sana relazione con se stessi, lavorando sui carichi emotivi che ti porti dal passato. Le nostre esperienze ci rendono ciò che siamo ma noi non siamo impotenti. Sono molte le cose che puoi fare per te stesso. Perché come scrivo nell’introduzione del libro “Puoi decidere di vedere il mondo come ti hanno insegnato gli altri oppure con i tuoi occhi”. Il libro lo trovi su questa pagina amazon o in qualsiasi libreria. È giunto il momento di smettere di permettere ai condizionamenti esterni di dirci che «non siamo abbastanza». Sei abbastanza fin dalla tua nascita, solo che nessuno ti ha mai fatto sentire così. Allora tocca a te farlo.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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