Ogni nostra decisione, ogni stato d’animo, ogni malattia, ogni comportamento, ogni cambiamento fisiologico ecc. ha origine grazie alla comunicazione che abbiamo continuamente con noi stessi. Tutto passa attraverso le parole. Quando le pronunciamo senza pensare e quando le cerchiamo distrattamente, mentre stiamo pensando a qualcos’altro. Le parole sono molto importanti: evocano immagini, proiettano scenari, attivano i nostri neuroni specchio!
Come ti rivolgi a te stesso?
Se ci rivolgiamo a noi stessi con un linguaggio debilitante, il risultato sarà un comportamento debilitante e se ci rivolgiamo a noi stessi con un messaggio di potere e di possibilità il nostro comportamento ci darà un risultato di potere e di successo. Rivolgersi a se stessi con parole tipo: io sono un fallito, che sbadato che sono, io sono una persona negativa, io sono sfortunato, io sono stressato, capitano tutte a me, non ce la farò mai, sono un incapace, che stupido che sono ecc. significa gettare il seme di un malessere inconscio.
Il potere del linguaggio
Le parole, dette o pensate, hanno un immenso potere: possono esprimere fiducia, orgoglio, passione, gioia.. ma possono anche ferire, giudicare, bloccare, scoraggiare. Quando parole con queste connotazioni arrivano dagli altri, è più semplice comprenderne l’impatto negativo sul nostro umore. Siamo invece meno propensi ad analizzare le parole che rivolgiamo a noi stessi, che hanno un impatto ancor maggiore.
Le parole che fanno male all’inconscio e ci complicano la vita
Platone, il grande filosofo greco affermava che le parole che pronunciamo tra noi e noi costituiscono “il dialogo muto dell’anima con se stessa”. Esistono due tipi di dialoghi: uno aperto, che si fonda su espressioni autentiche, spontanee, che esprimono le emozioni che provi, e l’altro chiuso, che si affida a parole ripetitive, sempre uguali, dettate da un modo di pensare statico di cui ci siamo resi prigionieri.
Ad esempio se in una situazione fastidiosa in cui avremmo potuto replicare restiamo zitti, ma poi passiamo la successiva mezz’ora a ripensare: “Ecco, mi faccio sempre mettere i piedi in testa, non so farmi valere, avrei dovuto dirgliene quattro!”. Questo è il classico caso di dialogo chiuso, ripetitivo, condizionato dal passato ed è il modo peggiore di parlare a se stessi, perché non ci consente di affrontare le situazioni nel modo migliore. Approfondiamo meglio….
1. Parole forti
Ci sono situazioni che prevedono l’impiego di termini forti quali “devastante”, “terribile”, “raccapricciante”, “spaventoso”…. il problema è che queste parole estreme vengono impiegate comunemente nel linguaggio di alcune persone per dare valore aggiunto a un’emozione o un’esperienza che nella realtà dei fatti potrebbe essere stata solo fastidiosa. Prestate attenzione a non abusare di questi termini perché, anche in questo caso, l’inconscio ascolta.
Cosa fare: pesate bene le parole prima di aprir bocca. Sembra scontato ma non lo è, imparate a usare una certa oggettività, anche se la cosa vi riguarda e vi ha scottato. Attenzione a non amplificare le emozioni enfatizzandone fino all’estremo nella descrizione verbale.
2. Parole “tutto o niente”
“La vita non è solo bianco e nero, è anche Oro”. Recitava così un vecchia pubblicità (J’Adore, della casa di moda Christian Dior), probabilmente è stata l’unica volta in cui uno spot televisivo ha detto la verità. Infatti, la vita è fatta di tante sfumature e colori… purtroppo le parole “tutto o niente” ignorano questo concetto e lanciano segnali sbagliati al nostro inconscio. L’inconscio che fa? Incamera e diventa estremo.
Cosa fare: sostituire le parole quali “sempre”, “mai”, “assoluto”, “completo”, “eterno”, “zero”, “niente”, “tutto”… Alcuni esempi: “è tutto sbagliato” oppure “va a finire sempre così..”. Queste parole vanno sostituite sì nel linguaggio quotidiano ma soprattutto nei processi di pensiero.
3. Parole giudicanti
Non parlo di pregiudizi sociali ma delle etichette che tendiamo ad affibbiarci ogni giorno. “Sono uno stupido” o ancora “fallito”, “incapace”, “sbagliato”, “mostro”…. Queste parole esprimono un giudizio assolutistico sulla persona e spesso vanno proiettati all’esterno nel peggiore dei modi. Possono addirittura causare ansia.
Cosa fare: evitate di indossare abiti così pesanti. Se proprio non potete fare a meno di offendervi non fatelo in modo assolutistico. Riflettete e, al posto del classico “sono stupida” usate formule tipo “in questa circostanza non sono stata scaltra, avrei potuto agire in modo diverso…”. Analizzate il vostro atteggiamento senza escludere il contesto in cui si è svolto il tutto.
4. Parole “Ordini e imposizioni”
Quotidianamente ci bombardiamo di ordini e imposizioni: devo dimagrire, devo studiare, devo, devo, devo…. tutte le parole che denotano un ordine come “devo” “bisogna” “è obbligatorio”…. innescano ansia, stress e senso di colpa. Qualora il “devo” dovesse risultare incompiuto, potrebbero insorgere forti frustrazioni.
Cosa fare: sostituire il “devo” con “posso”. Anche nel routine di pensiero quotidiano, ripetersi “posso studiare” al posto di “devo studiare”, può fare una grossa differenza.
5. Parole che sottostimano
Altra spina nel fianco del linguaggio quotidiano sono le parole che ci sottostimano, o meglio, che ci vittimizzano. Sono demoralizzanti e hanno l’abilità di minare sensibilmente l’autostima. Chi abusa di queste parole può entrare in un meccanismo di apatia fino a sentirsi sollevato dalle responsabilità o perdere il coraggio di affrontare le difficoltà.
Cosa fare: sostituire le espressioni come debole, impossibile, esausto, inutile, non posso, vulnerabile, incapace. Si tratta di vocaboli demotivanti, valgono gli stessi consigli visti per le “Parole giudicanti”.
Come curare il linguaggio con se stessi
Se ci sono dunque parole pesanti come pietre per l’anima, ne esistono altre più leggere, fluide, autentiche, che ci portano verso una nuova direzione. Qualcuno ci ha fatto star male?
Accogliamo quel dolore ripetendoci questa frase: “Non penso di essere io quello sbagliato”. In questo modo lentamente la sofferenza sfumerà e l’aggressività che avevamo represso smetterà di tormentarci…Insomma, diventeremo capaci di mettere in campo azioni che rispecchiano la nostra vera essenza e le parole che useremo saranno una cura per i nostri disagi.
Curare il proprio linguaggio è un requisito fondamentale per condurre una vita migliore. Gli uomini di successo hanno un linguaggio diverso, non usano affermazioni fallimentari perché sono consapevoli del potere che le parole hanno su di loro. Una parola ripetuta continuamente forgia il nostro carattere e di conseguenza la nostra personalità.
Impariamo ad essere gentili con noi stessi, nessuno può esserlo meglio di noi!
Le parole possono creare la salute e la malattia. Per capire se stiamo usando le parole giuste basta ascoltarci. Durante la giornata facciamo caso alle frasi che diciamo a noi stessi: sono sempre uguali, rispecchiano sempre lo stesso atteggiamento verso il mondo? Se ci diciamo sempre le stesse cose significa che siamo immersi in un’atmosfera mentale statica. Cosa fare allora?
Rivolgiamoci a noi stessi continuamente con espressioni di potere quali: sono meraviglioso, tutti mi vogliono bene, sono bravissimo nel mio lavoro, sono una persona amorevole, sono pieno di risorse e capacità, sto benissimo ecc. ci renderemo conto che, pian piano, il malessere viene rimosso per lasciare il posto a un benessere senza precedenti e a un potere senza limiti.
Se vuoi affermarti….
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A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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