Non lasciarti ingannare dal nome, la sindrome dell’impostore non è una caratteristica di chi ha un disturbo antisociale o narcisistico, è un fenomeno psicologico che colpisce paradossalmente le persone più capaci e rischia di metterne in pericolo i futuri successi.
Sindrome dell’impostore, che cos’è
Con il termine «sindrome dell’impostore» si descrive una condizione psicologica caratterizzata dall’incapacità di interiorizzare le gratificazioni raggiunte e dal costante timore di affrontare situazioni che possono svelarti al prossimo per quello che credi di essere: una persona senza troppe capacità, un impostore.
Questa sindrome è particolarmente comune tra le persone di successo, soprattutto tra le donne. E’ accompagnata da una costante sensazione di inadeguatezza. Se ti capita di sminuire costantemente i tuoi successi e di sentirti inadeguata nel tuo ruolo, qualunque esso sia, probabilmente sei vittima della sindrome dell’impostore.
Convinzione radicata di non valere
Diceva il filosofo Bertrand Russell «Gli sciocchi e i fanatici sono sempre così sicuri di sé stessi. Mentre le persone sagge sono anche quelle che nutrono più dubbi». La sindrome dell’impostore è questo ma si spinge anche oltre. La sindrome dell’impostore è la sintesi di una battaglia persa contro l’autostima, contro l’affermazione della propria immagine, una battaglia dove il super io, giudicante e accusatorio, ne esce vincente con una convinzione radicata di “non valore”.
«Più è grande il tuo potenziale, più sarà grande la tua insicurezza. La presunzione è il premio di consolazione dei mediocri.» – Robert Hughes. L’ironia della sorta è che gli studi statistici di Pauline Clance e Suzanne Imes (che nel 1978 hanno descritto per prime questa sindrome) hanno dimostrato che questo disturbo psicologico è comune soprattutto tra le persone di talento.
Nonostante le tante belle citazioni, la vita non dovrebbe essere così. In un mondo ideale, la sicurezza e l’autodeterminazione dovrebbero essere proporzionali alle proprie capacità e non alle proprie credenze infondate. Così viviamo in un mondo in cui i cretini si sentono dei luminari e i talentuosi vivono nella paura del fallimento. In entrambi i casi ci troviamo di fronte a due distorsioni cognitive opposte. La chiara dimostrazione di come la realtà possa essere vissuta in modo del tutto soggettivo e… irrealistico.
Indicatori: autocritica, perfezionismo, paura di fallire, invalidazione…
Se soffri di questa sindrome, troppo spesso ti lasci andare all’autocritica e sei tendente al perfezionismo. Anzi, il perfezionismo diventa un ostacolo difficile da superare. Pretendi da te grandi prestazioni in qualsiasi campo e qualsiasi cosa fai, finisci con il non sentirti abbastanza. “Se solo fossi abbastanza…” ma la tua idea di “abbastanza” è come l’immagine che hai di te, cioè astratta e irrealistica.
Tra gli altri indicatori di questa sindrome abbiamo una costante insoddisfazione ma è chiaro, se non sei in grado di riconoscere i tuoi successi, è normale che non riesci a gioirne, a questo si aggiunge una scarsa tolleranza al confronto, o meglio: esci sempre sconfitta quando provi a paragonarti a qualcun altro.
La paura di fallire è un’altra costante!
La paura del fallimento è una colonna portante che accompagna la tua vita, ti causa un forte sovraccarico e genera ansia e stress. Se questi sentimenti ti sono familiari, fai ufficialmente parte del club di chi soffre di sindrome dell’impostore.
Ci aspettiamo grandi cose da noi!
Vogliamo raggiungere elevati traguardi e sembra che possiamo essere soddisfatti solo se raggiungiamo delle mete tanto idealizzate nella nostra mente (lo status, la magrezza, il reddito, le tette grandi, gli addominali, il premio nobel, la laurea, riconoscimenti accademici, la standing ovation della famiglia… tanto per citare le più comuni). Ci dimentichiamo che possiamo essere soddisfatti di noi a prescindere da questi standard, ci dimentichiamo che possiamo accettarci e amarci per ciò che siamo e non per i risultati ottenuti. I risultati arriveranno e sarà meraviglioso perché saranno la naturale evoluzione del tuo percorso di crescita e non il vincolo di forza per accettarsi. L’amore con la condizionale non è amore, è un vincolo! Perché dobbiamo vincolare la nostra auto-accettazione a determinati standard?
7 frasi tipiche di chi soffre della sindrome dell’impostore
Diamo un’occhiata, esattamente, a quali sono i pensieri che attraversano la mente di chi soffre della sindrome dell’impostore.
“Sono solo molto fortunato”
Chi soffre della sindrome dell’impostore, non riesce a riconoscere le proprie capacità e i propri successi, così finisce per credere che il merito della sua crescita personale/professionale sia legato semplicemente alla fortuna.
“Se posso farlo io, allora può riuscirci chiunque”
Questa frase è l’emblema dell’auto-svalutazione. Le persone con la sindrome dell’impostore, qualsiasi traguardo abbiano raggiunto, credono che a parità di situazione chiunque altro avrebbe potuto eguagliarlo o addirittura fare di meglio.
“Non posso accettare questi complimenti…”
Le persone con la sindrome dell’impostore si trovano drammaticamente a disagio con le lodi.
In caso di “sinceri complimenti” possono pensare “lo dice solo per farmi piacere…” oppure “non lo pensa davvero, mi dice questo perché mi vuole bene…” oppure, “non è obiettivo, sono solo frasi di circostanza…”.
“Non è merito mio…”
Se la persona con la sindrome dell’impostore accetta un minimo aiuto, anche se irrisorio, il merito del risultato finale non sarà suo ma del “lavoro di squadra”. Questo è legato non solo all’autosvalutazione ma anche a un modo assolutistico di percepire la realtà.
“Mi sopravvaluti troppo…”
Chi soffre della sindrome dell’impostore, quando lodato, si sente drammaticamente sopravvalutato.
“Sono un buono a nulla…”
Chi soffre della sindrome dell’impostore finisce col sentirsi inadeguato perché teme che i colleghi o gli amici possano notare che in realtà non ha alcuna capacità. Questa inadeguatezza, crea una costante sensazione di ansia e di stress che può minare relazioni e lavoro.
“Non merito tutto questo…”
Nessun riconoscimento è meritato perché chi soffre di questa sindrome, per primo, non riesce a validare i suoi successi, non riesce a interiorizzarli né a vederli… finisce così per non viverli affatto come dovrebbe.
Sindrome dell’impostore: cosa fare per uscirne
Decentrarsi, decentrarsi e ancora decentrarsi. Smetterla di guardarsi con i propri occhi e provare a guardare se stessi come ci vedono gli altri. Questo ci darà un’altra immagine di sé, radicalmente diversa.
A partire da questa immagine puoi cercare il coraggio per osare, magari troverai la forza di presentarti al prossimo esame universitario senza aver letto anche le didascalie delle immagini, oppure troverai le risorse per metterti in gioco e avviare un nuovo progetto imprenditoriale, cercare un nuovo posto di lavoro o semplicemente cogliere le piccole occasioni che la vita ci offre quotidianamente!
E’ vero, questo esercizio, da solo, potrebbe non bastare: per uscire dalla sindrome dell’impostore bisogna lavorare sull’autostima e rafforzare la propria identità. Non esitare di avvalerti dell’aiuto di un esperto.
Inizia a trattare te stessa come un qualcosa di estremamente prezioso e da coccolare. Di certo, nella tua vita, ci sono molte cose che per insicurezza o per timore di non valere non hai fatto… inizia da queste; compi un atto di coraggio, anzi, un atto di fiducia verso te stessa, ne sarai indubbiamente ripagata! Ricorda che un percorso psicoterapeutico (efficace) può promuovere un cambiamento tale da alleviare in modo stabile ogni forma di sofferenza emotiva.
Smettila di aspettare
Se lo vuoi veramente, puoi riappropriarti della tua vita proprio in questo preciso momento, basta che smetti di aspettarla. La verità è che la vita è sempre stata con te, ha sempre fatto parte di te. L’unico piccolo dettaglio è che invece di riconoscerla e accettarla, hai preferito sederti e aspettare che arrivi. L’attesa è uno stato mentale. E questo stato vuol dire che tu sei maggiormente proiettato al futuro rispetto al presente. Che non vuoi quello che hai, ma vuoi ciò che non hai. Che rifiuti ciò che hai creato, e desideri quello che non hai ancora raggiunto. Cosa ne pensi di un’esistenza in cui riesci ad ascoltare e comprendere i tuoi bisogni più autentici e, soprattutto, farli rispettare? Una vita in cui la sicurezza che cerchi è già dentro di te, pronta all’uso… e aspetta solo di essere afferrata! Ecco, una vita del genere è possibile e tu la meriti tutta. Con gli insegnamenti giusti, dovrai solo iniziare a viverla.
Non aspettarti considerazione dall’esterno. Hai presente quando vedi un bambino andare per la prima volta in bicicletta sotto gli occhi ammirati dei genitori? Il bambino dice «guardami, mamma, guarda quanto sono bravo». Molti adulti vivono bloccati in questa modalità. «vi prego, mondo! Nota quanto sono bravo». Questo arresto è legato a carenze nel passato. Nessuno può tornare indietro e darti la considerazione e la comprensione che non hai mai avuto quando più ne avevi bisogno. Quel bisogno, però, ora è rimasto intatto e ciò che posso fare è darti i mezzi per soddisfarlo da solo. Perché tu puoi farlo.
Puoi guardare a te stesso come farebbe un genitore fiero e orgoglioso di ciò che sta diventando il suo bambino. Puoi e anzi, meriti di essere considerato, stimato e amato. L’unico inconveniente è che gli altri inizieranno a notarti solo quanto tu noterai te stesso. Gli altri, inizieranno ad amarti davvero solo quando tu inizierai ad amarti. Ma come si fa ad amarsi? Ecco un’altra cosa semplice, proprio come camminare e parlare. Ti spiego come compiere questa grande impresa nel mio ultimissimo libro «Il mondo con i tuoi occhi». Ti prometto che, quando avrai letto l’ultima pagina, avrai la considerazione di cui hai bisogno. Mollerai la presa e smetterai di affannarti dietro a persone o cose che ti tormentano. Il libro lo trovi su Amazon a questo indirizzo oppure in tutte le librerie.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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