5 motivi per cui ti senti solo anche insieme agli altri

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

La solitudine è un sentimento che può insinuarsi in qualsiasi momento, anche quando sei circondato da persone; anche se hai una famiglia o un partner. Non è semplicemente una questione di essere fisicamente soli ma di sentirsi distanti, non compresi o distaccati dal resto. Se ti è capitato di provare questa sensazione, sappi che non sei solo, non sei sbagliato e soprattutto, c’è rimedio. Questo articolo è qui per offrirti nuovi spunti di riflessione che ti faranno vedere il sentimento di solitudine sotto una luce diversa. Iniziamo ad analizzare quali sono i motivi per i quali potresti sentirti solo anche se all’apparenza non lo sei. Bada bene, all’apparenza!

1. Mancanza di connessioni autentiche

Essere in mezzo agli altri non significa automaticamente sentirsi “vicini agli altri”. L’opportunità di condivisione che offre la relazione è fondamentale e diciamocelo: non tutte le relazioni offrono questa opportunità.

Leggendo i prossimi paragrafi (soprattutto l’ultimo), probabilmente, ti renderai conto che sono proprio le relazione che hai instaurato fino a oggi a farti sentire solo. Se i legami che vivi sono popolati da vincoli, sensi di colpa, obblighi morali, paure o altri tipi di barriere, è naturale sentirsi soli. La vera connessione nasce dall’ascolto e dalla comprensione, qualcosa che può offrirci solo quel legame speciale che ci fa sentire visti e amati per ciò che siamo davvero. Se ti senti solo, probabilmente per lungo, lungo tempo, non ti sei sentito ne’ visto, ne’ considerato, figuriamoci poi amato. Hai ricevuto, come la gran parte di noi, un surrogato d’amore che somiglia più a un vincolo.

2. Non riconosci ciò che senti

A volte, la paura di essere giudicati o di non essere accettati, ci porta a indossare una maschera. Questo blocca la possibilità di aprirsi davvero agli altri, creando una barriera invisibile che alimenta la solitudine entro se stessi perché a furia di simulare (allegria, benessere, accondiscendenza, accettazione forzata…) abbiamo smesso di riconoscere ciò che proviamo. Lasciare andare la paura e mostrarsi per ciò che si è può essere difficile, ma è il primo passo per costruire relazioni più profonde, a partire dalla relazione che hai con te stesso.

3. Aspettative infrante

Ci aspettiamo che gli altri ci capiscano senza che noi dobbiamo spiegare troppo. Al contrario, per quanto ci affanniamo di spiegarci, di mostrare il nostro valore o “quanto ci teniamo”, dall’altro lato la nostra essenza non viene colta. Anzi, le nostre azioni vengono spesso sminuite o messe in discussione. Questo genera frustrazione e ci fa sentire incompresi. Quando le nostre speranze si infrangono, ci sentiamo abbandonati, ma è importante ricordare che nessuno è in grado di leggere la nostra mente così come è importante ricordare che non puoi costringere un cieco a vedere!

Comunicare i nostri bisogni è un dono che possiamo fare a noi stessi e agli altri ma il dono più grande che possiamo farci è imparare a scegliere le persone giuste alle quali comunicarli!

Allora ripeti dopo di me:

Non investirò le mie energie nel tentare di far ricredere gli altri sul mio conto, soprattutto se gli altri non si sono mai sforzarti di capirmi. Convincere certe persone a “vedermi” per ciò che sono realmente, non è un buon uso del mio tempo e delle mie risorse e, perseverare in questo obiettivo, non farà altro che aumentare il mio senso di solitudine.

Sei responsabile dei tuoi comportamenti, certo, ma non di ciò che pensano gli di te. Se hai un mondo dentro e gli altri lo ignorano, non è affar tuo. Certo, questo può farti soffrire, può deluderti, può farti sentire solo ma non può impedirti di vivere a pieno la tua vita! Molti figli si affannano e cercano di “impressionare” i genitori che, dal canto loro, hanno già da tempo tratto le somme. Alcuni partner, poi, cercano di “riabilitare” la loro immagine agli occhi dei compagni o ex tali, che ormai sono troppo distratti a guardare altro.

Cosa fare allora? Basta prenderne atto, viversi pienamente la delusione, la perdita. Il dolore è inevitabile. Poi, una volta elaborato, sarà possibile investire quelle stesse risorse emotive nell’accettazione incondizionata di sé, perché se si cerca la convalida e l’affermazione nella mente altrui, probabilmente ancora non è stato possibile trovarla nella propria. Questo non certo per una carenza personale ma per un gap nello sviluppo nel proprio contesto familiare di appartenenza. Molto spesso, infatti, come vedremo più avanti, il senso di solitudine emerge nel contesto familiare.

4. Ti senti fuori posto

Potresti percepire di non appartenere davvero al gruppo di persone con cui ti trovi (la tua famiglia, gli amici, i colleghi di lavoro… tutti sembrano fare “gruppo”, eccetto tu!). Probabilmente questo accade perché tu ti percepisci molto diverso dal resto e ciò crea una distanza emotiva. Dietro questa percezione, però, si nasconde un piccolo dettaglio: sei ancora in via di scoperta e definizione. Hai ancora bisogno di affermare la tua identità di persona completa, con i tuoi valori.

Sentirsi fuori posto può essere doloroso, ma è anche un’opportunità per riflettere su chi sei e su cosa cerchi. Ricorda: appartieni a questo mondo proprio perché sei unico, e le tue differenze sono la tua forza; è da lì che puoi ricominciare per scoprirti e affermarti.

5. Non riesci a guardarti per ciò che sei

Quando non ti senti abbastanza, è difficile credere che gli altri possano volerti davvero bene. Questo può portarti a isolarti emotivamente, anche senza volerlo. La mancanza di amore per se stessi è una ferita che si può curare, un passo alla volta. Ma attenzione: la mancanza di amore per se stessi non arriva dal nulla, anche essa ha la sua storia. Hai, probabilmente, imparato a guardarti con gli occhi della sfiducia e della disistima perché, per troppo a lungo, qualcuno di importante ti ha guardato così. Ricorda: sei degno di amore, proprio come chiunque altro.

Non sei solo, sei soltanto incompreso

Tutti i punti che abbiamo esaminato ci portano al cuore del problema: la solitudine più profonda non è stare soli, è quella di sentirsi invisibili anche in mezzo agli altri, è nella non appartenenza.

Fin da bambini e durante la crescita, la solitudine si nutre di quegli sguardi che ci sfiorano senza mai davvero vederci. A volte sono sguardi lontani e riusciamo a tollerarli; altre volte, invece, sono gli sguardi di chi, più di tutti, dovrebbe capirci e accoglierci. È qui che emerge la solitudine esistenziale, è qui che muore il senso di appartenenza.

Ogni volta che non siamo compresi, un piccolo frammento di noi si isola. Diviene randagio, come una volpe selvatica che non può essere “addomesticata” da nessuno. Quando ci sentiamo sfiniti e irrimediabilmente incompresi, ecco che lì emerge una forma di solitudine esistenziale, quella sensazione che il nostro modo unico di vedere e vivere il mondo sia irreparabilmente separato da quello degli altri. Questo accade perché il nostro io più profondo, fatto di sogni, paure e fiducia/speranze, non ha mai trovato uno spazio libero in cui esprimersi pienamente. Ecco perché a volte ci si sente soli entro se stessi, soli anche con l’altro. Ecco perché a volte si perde ogni appartenenza.

Allora dobbiamo essere noi a tornarci a prendere, “ad addomesticare”, un po’ per volta, ognuna di quelle parti di sé randagie, sole e alla deriva… dobbiamo essere noi a restituirci la comprensione perduta o mai incontrata, a creare quello spazio di autenticità dove poterci esprimere, dove poter creare il nostro senso di appartenenza, perché anzitutto abbiamo bisogno di appartenere a noi stessi. Se hai voglia di appartenere a te stesso e scoprire le mille complessità che si agitano dentro la tua identità, ti invito a leggere il mio libro bestseller «il mondo con i tuoi occhi», puoi trovarlo a questa pagina amazon o in qualsiasi libreria. È come una mano tesa che ti afferra e ti restituisce a te stesso mentre tutto il resto è distratto da altro. Tutti ma non tu che hai deciso di concederti la considerazione che meriti.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
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