La vita trova sempre un modo per tornare a fiorire, anche dalle crepe più profonde

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Ci sono momenti in cui la vita sembra fermarsi. Momenti in cui tutto ciò che avevamo costruito — sogni, relazioni, certezze — crolla sotto il peso di qualcosa che non avevamo previsto. Una perdita, una delusione, un fallimento, una malattia, una frattura troppo grande per essere ignorata. In quei momenti ci si sente come terre aride dopo la tempesta, come se nulla potesse più germogliare, come se ogni possibilità di bellezza, di speranza, di futuro fosse andata perduta.

Eppure, la natura ci insegna altro

Se osserviamo con attenzione, ci accorgiamo che il primo filo d’erba sa nascere proprio tra le crepe dell’asfalto. Che i fiori selvatici sanno farsi spazio tra le rocce più dure, dove nessuno si aspetterebbe vita. Che anche il terreno più devastato da un incendio, con il tempo, torna a dare nutrimento. La natura non si arrende mai al danno: trasforma. Rielabora. Attende. E poi, pazientemente, rifiorisce.

Così è anche per noi

Anche quando dentro ci sentiamo spenti, prosciugati, svuotati, c’è una parte di noi che resta viva. Una radice profonda, invisibile agli occhi, che continua a custodire la possibilità di un nuovo inizio. A volte non ce ne accorgiamo subito, a volte non la sentiamo, presi come siamo dal dolore e dalla fatica di sopravvivere. Ma quella radice esiste. E la nostra fioritura, anche se ferita, anche se interrotta, non è mai definitivamente cancellata. È solo in attesa del tempo giusto.

Questo articolo vuole essere una carezza per quei momenti. Una riflessione su cosa significa rinascere, su come la vita trovi sempre una strada per tornare a sbocciare, anche dopo le cadute più dure, anche dalle crepe più profonde.

Non tutto ciò che si spezza è perduto

Quando attraversiamo un trauma, una perdita o una grande delusione, la nostra prima reazione spesso è quella di pensare di essere irrimediabilmente danneggiati. Ci sentiamo rotti, guasti, come se qualcosa dentro di noi si fosse spezzato per sempre. Ma ciò che si rompe non è necessariamente ciò che siamo: si rompe un’illusione, una aspettativa, un’immagine di noi o del mondo. La nostra essenza, quella più profonda, resta intatta, anche quando la superficie mostra le crepe.

Nella tradizione giapponese esiste una pratica antica e meravigliosa, il kintsugi: l’arte di riparare le ceramiche rotte con l’oro, rendendo le fratture visibili e preziose, parte della storia dell’oggetto, non qualcosa da nascondere. Quella che poteva sembrare una rottura diventa, grazie a questa pratica, la parte più bella, quella che racconta la resilienza, il valore, il percorso.

Allo stesso modo, nelle nostre vite, le ferite possono diventare punti di forza. Non perché il dolore sia bello, non perché la sofferenza sia da idealizzare, ma perché da quella esperienza possiamo scegliere di far nascere consapevolezze nuove, sensibilità più profonde, capacità di amare con più autenticità.

Le radici invisibili della rinascita

Per comprendere come si possa tornare a fiorire, anche dopo grandi ferite, dobbiamo imparare a guardare sotto la superficie. La nostra cultura ci ha abituati a misurare tutto ciò che si vede: il successo, la forza, la felicità esibita. Ma ciò che davvero ci permette di rinascere, spesso si muove nel silenzio, nel buio, lontano dagli occhi degli altri.

Le radici di un albero, per esempio, non si vedono. Eppure sono loro a nutrire, a dare stabilità, a permettere alla pianta di restare in piedi anche sotto le intemperie. Quando il tronco si spezza, quando i rami cadono, le radici restano. Continuano il loro lavoro silenzioso di nutrimento, di connessione con la terra.

Così è per noi. Le radici sono le nostre risorse interiori, la nostra capacità di sentirci, di sostenerci, di prenderci cura di noi stessi. Sono i legami autentici, le parole buone che ci sono state dette, le esperienze che ci hanno insegnato che possiamo attraversare il dolore e non esserne distrutti. Anche quando sembra di aver perso tutto, dentro di noi resta qualcosa che può ancora nutrire il futuro.

Il tempo della pausa: non è immobilità, è germinazione

Dopo un grande dolore, il rischio più grande è avere fretta di guarire. Sentiamo la pressione (nostra o degli altri) di “riprenderci”, di “tornare come prima”. Ma la verità è che non si torna mai come prima. E, forse, è proprio questo il dono più grande delle crisi: ci cambiano, ci trasformano, ci costringono a ricominciare da un punto nuovo.

Come per i semi nella terra, la germinazione avviene nel buio, nel silenzio, nel tempo giusto. Nessun fiore sboccia perché lo si tira fuori a forza. La fioritura accade quando il seme ha fatto il suo lavoro invisibile di trasformazione, quando ha raccolto abbastanza forza per emergere.

Anche per noi serve tempo. Tempo per ascoltarci, per dare spazio alle lacrime, per accogliere la rabbia, per permettere al corpo di sentire tutto ciò che la mente non riesce a dire. Tempo per restare immobili, non come segno di debolezza, ma come scelta di rispetto verso il nostro processo interno. Il tempo della pausa non è immobilità: è preparazione, è germinazione.

Non si fiorisce da soli: il valore della relazione nel processo di rinascita

Spesso si dice che “siamo noi a doverci salvare”, ed è vero: nessuno può guarire al posto nostro. Ma questo non significa che dobbiamo farlo da soli. La possibilità di rinascere, di rifiorire, passa anche attraverso le relazioni. Quelle sane, autentiche, rispettose.

Abbiamo bisogno di sguardi che non ci giudichino, di presenze che sappiano restare senza fretta accanto alla nostra sofferenza. Di qualcuno che non voglia “aggiustarci” in fretta, ma che sappia testimoniare la nostra fatica, il nostro dolore, il nostro tentativo di ritrovarci.

In questo senso, anche il percorso terapeutico può essere uno spazio fondamentale: un luogo dove il nostro vissuto può essere accolto, nominato, ricostruito senza paura. Dove possiamo imparare a riconoscere quelle parti di noi che abbiamo dovuto abbandonare lungo il cammino per sopravvivere. E dove possiamo imparare a prendercene di nuovo cura.

Non è la forza a farci rifiorire, ma la tenerezza verso noi stessi

Nella nostra cultura si esalta spesso la forza come capacità di resistere, di non cedere, di andare avanti a testa alta. Ma la vera forza, quella che ci permette di rinascere, non è durezza: è tenerezza. È la capacità di guardarci con occhi gentili, di accogliere le nostre fragilità senza vergogna, di abbracciare la nostra storia con tutto ciò che porta con sé.

Non ci si rialza con la violenza di chi vuole “vincere il dolore”. Ci si rialza con la cura di chi sa restare accanto a sé stesso, anche quando si è più fragili. Con la pazienza di chi sa aspettare, di chi si dà il permesso di essere stanco, di cadere ancora, di avere paura. Solo così la vita, lentamente, può trovare di nuovo la strada per fiorire.

La fioritura come scelta quotidiana

Rinascere non è un evento. È una scelta continua. Una scelta fatta di piccoli gesti, di attenzioni quotidiane, di passi minuscoli che, giorno dopo giorno, ci riportano a noi stessi.

A volte ci vorrà tempo. A volte sembrerà di tornare indietro. Ma ogni volta che scegliamo di prenderci per mano, ogni volta che smettiamo di chiedere all’altro di guarirci, ogni volta che ci concediamo di sentire il dolore senza farcene schiacciare, stiamo già seminando la nostra nuova fioritura.

Perché, come ci insegna la natura, anche dalle crepe più profonde la vita trova sempre un modo per tornare a sbocciare.

Di questo parlo anche nel mio libro Il mondo con i tuoi occhi: un invito a smettere di inseguire modelli di felicità che non ci appartengono, a liberarci dai condizionamenti e a costruire una vita che rispecchi davvero chi siamo, nel profondo. Perché la vera guarigione non arriva quando l’altro cambia, ma quando noi scegliamo di guardarci con occhi nuovi, di ascoltarci con rispetto, di coltivare ogni giorno quella parte di noi che sa ancora fiorire. E questa possibilità, nonostante tutto, non ci viene mai tolta. Il libro lo trovi su Amazon, a questo indirizzo  e su tutti gli store online. Se hai voglia di scoprire le immensità che ti porti dentro e imparare a esprimere pienamente chi sei, senza timori e insicurezze, è il libro giusto per te.

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondce della rivista Psicoasvisor
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