Ci sono frasi che restano sospese nell’aria come aghi invisibili: “Non sei niente di speciale”, “Sì, ma potevi fare meglio”, “Chi ti credi di essere?”, “Calmati, non sei così importante”. Non gridano, non fanno rumore, ma si insinuano silenziose come gocce d’acido nell’autostima. Alcune persone sembrano specializzate nell’arte di farti sentire sbagliato, ridimensionato, fuori posto.
Eppure, dietro ogni tentativo di sminuire l’altro non c’è superiorità: c’è un bisogno. Un bisogno antico, spesso non riconosciuto, di ristabilire un equilibrio interiore che vacilla.
Non si tratta sempre di cattiveria. A volte chi sminuisce è stato sminuito. A volte chi umilia, è stato umiliato. Altre volte ancora, chi ferisce non sa comunicare altrimenti. Ma questo non significa che dobbiamo giustificare, accettare, normalizzare. Al contrario: comprendere i meccanismi profondi di chi ci sminuisce può essere la chiave per liberarci da una prigione emotiva invisibile.
Questo articolo vuole essere un viaggio nella psicologia di chi sminuisce e un invito a smettere di prenderci colpe che non ci appartengono. Non per puntare il dito, ma per smettere di puntarlo verso noi stessi.
1. La svalutazione come strategia egodifensiva
Chi ha bisogno di sminuirti, spesso, sta cercando disperatamente di difendersi da qualcosa dentro di sé. In psicologia dinamica si parla di “proiezione svalutativa egodifensiva”, un concetto coniato da Psicoadvisor, che descrive con precisione questo meccanismo: si proiettano sull’altro contenuti emotivi intollerabili (come insicurezze, sensi di inferiorità o rabbia) e, per mantenere intatta l’immagine del proprio Io, si accompagna questa proiezione con una svalutazione dell’altro.
In altre parole: se dentro di sé una persona si percepisce fragile, mediocre o inadeguata, può trovare sollievo momentaneo abbassando il valore percepito dell’altro.
Sminuirti serve a riequilibrare un senso di sé instabile, a recuperare – almeno temporaneamente – la sensazione di essere “superiore” o comunque meno vulnerabile. È una forma di difesa, non di forza.
2. Il confronto che diventa minaccia
Il cervello umano è cablato per confrontarsi. Sin dall’infanzia impariamo chi siamo anche attraverso gli occhi degli altri. Ma quando il confronto genera minaccia, ecco che si attivano meccanismi di protezione primordiale.
Dal punto di vista neuroscientifico, quando una persona si sente minacciata nel proprio senso del sé – ad esempio percependo un altro come “più competente”, “più apprezzato”, “più brillante” – può attivare un circuito difensivo limbico, dove l’amigdala interviene per mettere in guardia il soggetto dal “pericolo” relazionale.
Nel tentativo di ridurre la minaccia, alcuni attivano il comportamento svalutante: attaccano per non sentirsi attaccati. Il cervello, anche se la minaccia è simbolica e sociale (e non fisica), reagisce come se fosse una questione di sopravvivenza.
3. Il bisogno di controllo come radice della svalutazione
Un altro aspetto fondamentale da considerare è il bisogno di controllo. Alcune persone sminuiscono per tenere l’altro “al suo posto”, dove possono gestirlo, dominarlo, manipolarlo.
Il controllo può derivare da un passato in cui si è vissuto nell’imprevedibilità, nell’insicurezza o nell’abbandono. Il cervello, per compensare, costruisce strategie relazionali basate sulla verticalità: se ti faccio sentire piccolo, allora io sono grande, e quindi ho il controllo della relazione.
In questo schema, la svalutazione non è gratuita. È funzionale al mantenimento di un equilibrio relazionale sbilanciato. Dove l’altro non può brillare, altrimenti l’intero sistema salta.
4. L’invidia inconfessata
L’invidia è una delle emozioni più rimosse e meno tollerate. Nessuno ama riconoscerla in sé. Ma l’invidia, soprattutto se repressa, può trasformarsi in svalutazione.
In termini psicoanalitici, l’invidia primitiva descritta da Melanie Klein è quella che nasce nel bambino molto piccolo, che desidera ciò che l’altro ha e lo odia per questo. Quando quell’invidia non viene elaborata, può restare latente anche nell’adulto e manifestarsi in forme indirette: sarcasmo, frecciatine, derisione, sminuimento.
Non potendo possedere ciò che l’altro ha (bellezza, intelligenza, spontaneità, successo), chi prova invidia lo distrugge simbolicamente. Sminuendo.
5. Quando la svalutazione è appresa in famiglia
Ci sono persone che sminuiscono gli altri senza nemmeno rendersene conto. Perché quel linguaggio, quelle modalità, quelle frecciatine sono l’unico modo che conoscono per relazionarsi.
Se in famiglia si è cresciuti con genitori svalutanti, ironici, sarcastici o ipercritici, quel modello viene interiorizzato. La svalutazione diventa uno stile comunicativo, appreso come normalità.
Chi parla male, chi offende, chi sminuisce, spesso non sa di farlo. Sta ripetendo inconsapevolmente uno schema. Ma non per questo va giustificato. Va solo compreso: comprendere non significa accettare, significa imparare a non reagire, ma a proteggersi.
6. Il narcisismo e il bisogno di sminuire per brillare
In alcuni casi, la svalutazione è una vera e propria strategia relazionale di tipo narcisistico. Non tutti i narcisisti sono maligni, ma molti utilizzano il depotenziamento dell’altro come strumento per alimentare il proprio ego.
Il narcisista patologico, infatti, vive un vuoto identitario che lo costringe a nutrirsi costantemente dell’approvazione altrui. Quando l’altro appare troppo forte, brillante o autonomo, diventa una minaccia. Sminuirlo è un modo per riappropriarsi del centro della scena.
La dinamica narcisistica si basa sulla verticalità: c’è chi brilla e chi lo ammira. Ma se chi ti circonda non si accontenta di restare nell’ombra, ecco che il narcisista attacca, sminuisce, ridicolizza.
Cosa succede dentro di te quando vieni sminuito
Dal punto di vista neurobiologico, subire una svalutazione può attivare le stesse aree cerebrali coinvolte nel dolore fisico. Uno studio condotto da Naomi Eisenberger (UCLA) ha mostrato che l’esclusione sociale attiva la corteccia cingolata anteriore dorsale, la stessa area che si attiva in caso di ferite fisiche.
Quando vieni sminuito, il tuo cervello percepisce un attacco identitario. Potresti non sanguinare, ma ti senti svuotato, confuso, ridimensionato. E la cosa peggiore è che, nel tempo, potresti iniziare a crederci.
La svalutazione reiterata – soprattutto se subita in famiglia o in relazioni significative – crea ferite profonde, che minano l’autostima e deformano la percezione di sé. Non è un problema di fragilità. È un problema di esposizione prolungata al disamore.
Come proteggerti senza diventare come loro
Quando qualcuno ti sminuisce, la prima reazione istintiva è difenderti. Giustificarti. Attaccare. Ma così entri nel loro stesso gioco. La vera protezione parte dal riconoscere: “Questa frase non parla di me, parla di lui/lei”. È un atto di consapevolezza, non di rassegnazione.
Serve poi imparare a marcare i confini. Anche solo con una frase: “Non gradisco questo tono”, “Mi sento ferito da quello che hai detto”, “Preferisco parlare in altri termini”. La fermezza gentile è una forma di cura. Per te e, indirettamente, anche per l’altro.
Infine, impara a non cercare conferme dove c’è svalutazione. Chi ti sminuisce non cambierà perché gli dimostri che sei migliore. Cambierà, forse, quando affronterà sé stesso. Ma quella non è una tua responsabilità.
Tu sei il tuo spazio sicuro
Troppe persone crescono con la convinzione che l’amore passi per la sopportazione, che l’umiliazione sia un effetto collaterale delle relazioni, che l’essere amati implichi dover accettare tutto. Non è così. L’amore sano non sminuisce, non ridicolizza, non fa sentire in difetto. L’amore sano sostiene, incoraggia, accoglie.
Nel mio libro “Il mondo con i tuoi occhi”, ho voluto raccontare proprio questo: la possibilità di costruire una vita che ci rispecchi, che ci protegga, che ci permetta di essere amati senza doverci difendere. Se sei cresciuto cercando di essere “meno” per non dare fastidio… se hai imparato a sminuirti da solo pur di evitare che lo facciano gli altri… se hai vissuto relazioni in cui ti sei sentito invisibile o colpevole per le tue emozioni, sappi che non sei solo.
C’è un modo diverso di stare al mondo. C’è un amore che non umilia. E soprattutto, c’è uno spazio dentro di te in cui sei sempre abbastanza. In cui non devi dimostrare nulla. In cui puoi tornare a guardare la vita con i tuoi occhi. Il mio libro è disponibile in libreria e qui su Amazon
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Ti aspetto lì per continuare il viaggio.