Ci sono adulti che non sanno spiegare perché provano una costante inquietudine. Non hanno avuto traumi eclatanti, non ricordano violenze fisiche o urla assordanti, eppure c’è un vuoto che fa rumore. Un senso di inadeguatezza che torna nei momenti di stanchezza. Una fame invisibile che si attiva nei legami. Una tristezza che non ha nome. Spesso, queste persone sono cresciute in case ordinate, “normali”, apparentemente funzionali… ma fredde. Case dove si faceva tutto tranne che sentire. Dove c’era un tetto, ma non un abbraccio. Dove le parole non servivano a contenere, ma a correggere. Dove si parlava, sì, ma non di ciò che si provava davvero.
Crescere con genitori anaffettivi è una delle esperienze più sottovalutate nel panorama delle ferite infantili
L’anaffettività non è un’assenza materiale, ma una distanza emotiva. Non lascia lividi visibili, ma forma solchi profondi nell’identità. I genitori anaffettivi non sono necessariamente persone cattive o trascuranti. Spesso sono adulti a loro volta feriti, che non hanno ricevuto affetto e che hanno imparato a sopravvivere nell’inibizione emotiva. Ma un bambino ha bisogno di più che pane e istruzioni: ha bisogno di sguardi che accolgano, parole che legittimino, gesti che rassicurino.
Segnali tipici che sei cresciuto con genitori anaffettivi
In questo articolo esploreremo i segnali più tipici che possono emergere in età adulta quando si è cresciuti con genitori anaffettivi. Questi segnali non sono “diagnosi”, ma chiavi di consapevolezza. Perché guarire non significa trovare un colpevole, ma riconoscere le origini delle proprie ferite per smettere di perpetuarle.
1. Hai difficoltà a riconoscere e nominare ciò che provi
Se sei cresciuto con genitori anaffettivi, potresti essere un adulto che fatica a identificare le proprie emozioni. Non perché tu non ne abbia, ma perché non hai mai imparato a dare loro un nome e uno spazio. Le emozioni, in una casa anaffettiva, erano ignorate o minimizzate: “Non piangere”, “Non è niente”, “Dai, sii forte”.
Così hai imparato a chiuderle, a nasconderle, a reprimerle. E ora, magari, ti trovi a non sapere cosa provi davvero. Confondi la rabbia con la tristezza, la paura con la colpa. Oppure senti tutto, ma troppo. Senza filtri, senza contenimento.
2. Ti senti spesso “fuori posto” anche in relazioni affettuose
L’affetto, quando arriva, può metterti a disagio. Ti senti inadeguato di fronte a chi ti dimostra amore con naturalezza. Diffidi delle carezze verbali, temi il contatto fisico, ti irrigidisci davanti all’intimità emotiva. Perché non sai bene cosa farne. Quando sei cresciuto con genitori che non ti hanno accarezzato con lo sguardo, l’amore vero può sembrarti una lingua straniera. E spesso, finisci per sabotarlo.
3. Hai una tendenza a razionalizzare tutto (anche l’indicibile)
Un altro segnale tipico è l’iper-razionalizzazione. Per proteggerti dal dolore emotivo, hai sviluppato un’armatura mentale che cerca sempre di “capire” e controllare tutto. Analizzi i tuoi comportamenti e quelli degli altri, costruisci spiegazioni perfette… ma intanto ti dissoci da ciò che senti.
Questo meccanismo ti ha aiutato a sopravvivere, ma oggi può impedirti di vivere pienamente. Perché le emozioni non vanno spiegate: vanno attraversate.
4. Ti scambi per ciò che fai (e non per ciò che sei)
Se i tuoi genitori non ti hanno mai mostrato affetto per il semplice fatto che esistevi, è probabile che tu abbia legato il tuo valore alla performance. Sei cresciuto con l’idea che per essere amato dovevi fare bene, essere bravo, non sbagliare mai. Così oggi ti senti sempre sotto esame, anche nelle relazioni. Cerchi approvazione, ti sovraccarichi di doveri, vivi con la paura del fallimento. Perché dentro di te, amare è ancora sinonimo di meritare.
5. Tendi ad attrarre (o scegliere) persone fredde
L’infanzia plasma la nostra idea di amore. E se sei cresciuto in un ambiente anaffettivo, potresti inconsapevolmente sentirti attratto da partner distaccati, freddi, poco disponibili. È una forma di lealtà inconscia: continui a cercare affetto laddove non lo hai mai trovato, sperando di riscrivere la storia. Ma così, spesso, rivivi la stessa ferita. E ti chiedi perché ti innamori sempre delle persone sbagliate.
6. Senti il bisogno di nasconderti quando stai male
Una delle ferite più invisibili è la vergogna del dolore. Se da piccolo non sei stato accolto quando eri triste o arrabbiato, oggi potresti sentirti “sbagliato” ogni volta che soffri. Ti chiudi, ti isoli, ti mostri forte. Eppure, dentro, vorresti solo che qualcuno vedesse il tuo crollo e ti dicesse: “Non devi fare finta. Io sono qui.”
7. Hai paura di essere un peso per gli altri
Chi non è stato contenuto da piccolo, spesso si convince di dover contenere sé stesso a ogni costo. Non chiedi aiuto, non ti lamenti, non mostri vulnerabilità. Pensi che il tuo dolore non meriti spazio, che il tuo bisogno di amore sia eccessivo.
Questo ti porta a trattenere, a compiacere, a indossare maschere. Ma sotto quella forza apparente, c’è una solitudine profonda che chiede ascolto.
8. Ti senti emotivamente “vuoto” o “bloccato”
Alcuni adulti cresciuti in famiglie anaffettive descrivono un senso di vuoto interiore che li accompagna costantemente. È un vuoto non da riempire, ma da riconoscere. Perché è il risultato di un’infanzia in cui l’amore non ha avuto spazio. In alcuni casi, il blocco si manifesta con l’incapacità di piangere o di provare empatia profonda. In altri, con esplosioni emotive improvvise, perché il contenitore interiore è rimasto piccolo e fragile.
9. Non riesci a fidarti del tutto, nemmeno quando dovresti
L’amore anaffettivo è ambiguo: si prende cura, ma non si coinvolge. Dà regole, ma non conforto. Crescere così ti insegna a diffidare: delle promesse, della tenerezza, della disponibilità. Anche quando trovi persone buone e sincere, una parte di te rimane sospesa. Pensi che prima o poi ti deluderanno. E a volte, purtroppo, li allontani prima che possano avvicinarsi davvero.
10. Hai imparato ad amare gli altri, ma non te stesso
Il paradosso più doloroso è che spesso, chi è cresciuto con genitori anaffettivi, diventa incredibilmente attento ai bisogni altrui. Hai imparato a leggere i segnali emotivi degli altri, a prenderli sul serio, a cercare di dare ciò che tu non hai ricevuto.
Ma con te stesso, non sei capace dello stesso amore. Ti giudichi, ti spingi oltre, non ti consoli. Ti tratti come ti hanno trattato.
Perché fa così male e non ce ne accorgiamo?
Perché l’anaffettività non è un’assenza “drammatica”, ma silenziosa. Non ha il volto del trauma, ma quello della normalità. È il genitore che ti portava a scuola, che ti cucinava i pasti… ma non ti guardava mai davvero. È la famiglia dove non mancava nulla, tranne l’essenziale: il contatto emotivo.
Eppure, oggi sappiamo che il cervello di un bambino si struttura attraverso la relazione affettiva. I neuroni specchio, il sistema limbico, le reti di integrazione sensoriale… tutto si sviluppa nel dialogo silenzioso con uno sguardo che contiene, una voce che calma, un corpo che accoglie. Senza questi ingredienti, si cresce… ma non si fiorisce. Si diventa adulti autonomi, ma spaventati. Si imparano le regole, ma non l’amore.
Cosa puoi fare per guarire
Guarire da un’infanzia anaffettiva è un cammino possibile, anche se faticoso. Non si tratta di “colmare il vuoto” con altro (relazioni, successi, riconoscimenti), ma di riconoscere che quel vuoto ha una storia. Solo così puoi iniziare a prenderlo in mano, con tenerezza. Ecco alcune tappe fondamentali:
- Dare un nome a ciò che hai vissuto: legittimare il tuo dolore non significa disonorare i tuoi genitori, ma onorare la tua verità.
- Imparare un nuovo vocabolario emotivo: leggere, scrivere, parlare con qualcuno che ti aiuti a esplorare le emozioni represse.
- Smettere di meritare l’amore: l’amore vero non si merita, si accoglie. E inizia da quello che sai dare a te stesso.
- Lasciare andare le fedeltà invisibili: smettere di ripetere, inconsciamente, il modello affettivo appreso nell’infanzia.
- Coltivare relazioni riparative: circondarti di persone che sanno esserci, che ti fanno sentire visto e non giudicato.
Nessuno è sbagliato. Alcuni sono solo cresciuti al freddo
Se ti sei riconosciuto in molte di queste descrizioni, sappi che non sei solo. Molti adulti portano addosso le conseguenze di un’infanzia “troppo sobria di cuore”. E nonostante tutto, ogni giorno cercano di amare, capire, cambiare. Questo è già un atto rivoluzionario. Non sei sbagliato: sei stato non visto. Non sei esagerato: sei affamato. Non sei freddo: sei stato congelato.
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