Nessuno ci ha mai insegnato a regolare il nostro sistema nervoso. A scuola ci parlano di storia, matematica, geografia. Ci spiegano come funziona il cuore, come si calcola una percentuale. Ma nessuno ci dice cosa succede dentro di noi quando ci sentiamo sopraffatti, quando il corpo ci sembra una trappola e la mente un frullatore impazzito. Nessuno ci insegna che quel nodo alla gola, quella tachicardia improvvisa, quella voglia di scappare o di chiudersi in se stessi… sono tutte voci di un unico sistema che chiede aiuto: il nostro sistema nervoso.
In un mondo che esige costante performance, controllo e lucidità, è facile dimenticare che il nostro corpo non è una macchina. E il sistema nervoso, che collega mente, cuore e intestino, ha una memoria tutta sua. Una memoria profonda, viscerale, fatta di percezioni, traumi, sensazioni non elaborate. Quando qualcosa va storto – una delusione, uno stress cronico, un’infanzia non contenitiva – il sistema nervoso comincia a suonare allarmi invisibili. E noi, spesso, continuiamo a correre. Fino a crollare.
Imparare a calmare il proprio sistema nervoso non è un lusso. È una forma di sopravvivenza. Di autoeducazione. Di amore profondo per sé.
Cos’è il sistema nervoso (e perché si disregola)
Il sistema nervoso non è solo “nervosismo”. È un’intera rete di connessioni che regola ogni nostra funzione vitale: il respiro, il battito cardiaco, la digestione, la risposta allo stress. Si divide principalmente in due rami: simpatico (attivazione) e parasimpatico (riposo e digestione).
Quando percepiamo una minaccia – reale o simbolica – il sistema simpatico si attiva: aumenta la frequenza cardiaca, i muscoli si tendono, il respiro si fa corto. È la famosa risposta “lotta o fuga”. Ma se la minaccia persiste o diventa troppo intensa, si attiva un’altra risposta: il collasso. Una forma di spegnimento. È qui che interviene il ramo dorsale del nervo vago parasimpatico, che ci porta a disconnetterci, a sentirci senza forze, storditi, dissociati.
Tutto questo accade senza che ne siamo consapevoli. È un sistema primitivo, veloce, automatico. E può rimanere bloccato in una modalità di iper-vigilanza o di ipo-attivazione se il pericolo, anche solo percepito, non viene elaborato e integrato.
I segnali invisibili di un sistema nervoso in allarme
Molte persone vivono anni – o una vita intera – con un sistema nervoso disregolato senza nemmeno saperlo. Perché i segnali non sono sempre eclatanti. A volte sono piccoli, subdoli, cronici:
- Fisici: tensione muscolare costante, dolori diffusi, colon irritabile, stanchezza cronica, insonnia, mal di testa.
- Emotivi: irritabilità senza motivo, pianto improvviso, ansia generalizzata, paura immotivata.
- Cognitivi: confusione mentale, difficoltà a concentrarsi, blackout della memoria a breve termine.
Molte di queste manifestazioni vengono etichettate come “stress”, “ansia”, “depressione”. Ma sotto, molto spesso, c’è un sistema nervoso che non ha mai avuto modo di sentirsi davvero al sicuro. Un corpo che ha imparato a reagire per proteggersi, e che non sa più come disattivare l’allarme.
Il corpo non mente: la memoria nervosa e la neurocezione
Il nostro corpo ha un’intelligenza antica. Prima ancora che possiamo “pensare” di essere in pericolo, il corpo già lo percepisce. Questo processo si chiama neurocezione: una sorta di radar interno che valuta se siamo al sicuro o meno, basandosi su segnali interni ed esterni, spesso impercettibili.
Stephen Porges, autore della Teoria Polivagale, spiega come la neurocezione possa innescare risposte automatiche di allerta, anche in assenza di veri pericoli. Ad esempio, un tono di voce, un odore, un gesto ambiguo possono riattivare vecchie memorie corporee, anche se razionalmente “non c’è nulla da temere”.
Il corpo non dimentica. Lo ricorda bene Bessel van der Kolk, che nel suo celebre libro ci ricorda come il trauma non elaborato si iscriva nella carne, nel respiro, nella postura, nei visceri. Ed è proprio questa memoria implicita che tiene il sistema nervoso in ostaggio, facendolo reagire oggi a qualcosa che somiglia (ma non è) a un pericolo passato.
Come iniziare davvero a calmare il tuo sistema nervoso
Non si tratta solo di respirare profondamente. Calmare il sistema nervoso è un processo graduale, corporeo, affettivo, costante. Ecco da dove puoi iniziare:
- Accogliere il disagio, senza giudizio. Smettere di dirsi “esagero”, “sono debole”. Il primo passo verso la regolazione è la validazione.
- Fare micro-pause quotidiane. Camminare lentamente, respirare con consapevolezza, sentire il contatto dei piedi a terra.
- Ritualità e ritmi lenti. Il sistema nervoso si rassicura con la prevedibilità. Una routine affettuosa e coerente può fare più di mille meditazioni.
- Contatto fisico. Abbracci, carezze, tocco caldo sulla pelle. Il tatto ha un potere calmante profondo grazie al rilascio di ossitocina.
- Stare nel corpo, non solo nella mente. Fare yoga dolce, stretching, ballare lentamente: tutto ciò che riporta presenza e connessione.
Ogni volta che offri al tuo corpo una sensazione di sicurezza, crei una nuova traccia. E quella traccia, se ripetuta, diventa una strada percorribile.
Cosa non funziona (e cosa evitare) quando il sistema nervoso è disregolato
Quando ci sentiamo “in tilt”, la tendenza è forzarsi. Ma proprio questo approccio può peggiorare la situazione. Ecco cosa evitare:
- Pretendere lucidità e produttività a tutti i costi. Il cervello non può funzionare in modo efficiente se il corpo è in allarme.
- Esporsi a troppi stimoli: notifiche, schermi, rumori forti. Ogni input eccessivo manda segnali di pericolo.
- Autocriticarsi. Dire a sé stessi “sei sempre il solito”, “non sei capace” alimenta l’iperattivazione.
- Usare tecniche troppo avanzate troppo presto. La mindfulness, ad esempio, può essere controproducente se praticata in stati dissociati. Serve prima tornare nel corpo.
Regolare il sistema nervoso non significa “calmarsi a comando”. Significa creare le condizioni perché il corpo possa farlo da sé, in modo organico, sicuro, affidabile.
L’approccio integrato: corpo, emozioni, relazioni
Il cervello è plastico. Questo è il punto più bello e più rivoluzionario. Significa che può imparare a stare meglio. Ma ha bisogno di tre ingredienti fondamentali:
- Cura somatica: tecniche corporee di radicamento, respiro consapevole, movimento ritmico.
- Cura affettiva: relazioni sane, incontri terapeutici, contenimento emotivo. Il sistema nervoso si regola anche attraverso l’altro.
- Cura narrativa: dare un senso a ciò che è accaduto, raccontarsi con parole nuove, uscire dalla vergogna e dalla colpa.
Il cambiamento non avviene con un atto di volontà. Avviene quando, giorno dopo giorno, iniziamo a mandare al nostro sistema nervoso un nuovo messaggio: sei al sicuro ora.
Imparare a sentirsi al sicuro dentro di sé
Nessuno ci ha mai insegnato a farlo. A calmare un corpo in allarme. A dialogare con il nostro battito accelerato. A fermarci, accogliere, respirare. Ci hanno insegnato a stringere i denti, ad andare avanti, a essere forti. Ma la forza vera non è ignorare i segnali del corpo: è ascoltarli. E rispondervi con dolcezza, con strumenti nuovi, con presenza.
Il sistema nervoso non è nostro nemico. È la nostra sentinella. Ci ha protetti come ha potuto, anche quando nessuno lo faceva. E ora può imparare un altro modo di stare al mondo: non più in allarme, ma in sicurezza. Non più nella lotta, ma nella connessione.
Nel mio libro “Il mondo con i tuoi occhi” accompagno questo percorso di consapevolezza, offrendo strumenti per tornare a sentire il corpo come casa, e non come prigione. Perché il cambiamento profondo non parte dalla mente, ma dalla percezione. Dalle radici, dal cuore, da quel sistema invisibile che ogni giorno plasma ciò che siamo: il sistema nervoso. Il mio libro è disponibile in libreria e qui su Amazon
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Ti aspetto lì per continuare il viaggio.