Esercizi terapeutici per imparare a volersi bene

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

C’è un momento, nella vita di chi ha sempre lottato per meritarsi qualcosa – amore, attenzione, riconoscimento – in cui tutto si ferma. O meglio: tutto continua a girare nello stesso modo, ma tu inizi a sentirti stanco. Una stanchezza diversa, non fisica. Una stanchezza dell’anima, che sa di resa ma anche di verità.

Quel momento segna un punto di svolta. È lì che puoi decidere: continuare a rincorrere la tua autostima nei giudizi degli altri, o imparare, piano, a volerti bene. Non è semplice, perché l’amore per sé stessi non è un sentimento spontaneo per chi ha vissuto ferite precoci, trascuratezza emotiva o un costante bisogno di compiacere. Ma è possibile. E il cammino, pur faticoso, è tra i più rivoluzionari che tu possa intraprendere.

Esercizi terapeutici per imparare a volersi bene

In questo articolo ti propongo alcuni esercizi terapeutici, fondati su evidenze psicologiche e neuroscientifiche, che ti aiuteranno a ricostruire un legame nuovo con te stesso. Non si tratta di semplici pratiche motivazionali, ma di veri e propri atti di riparazione profonda.

1. Riscrivi la voce interna

Molte persone cresciute senza un contenimento emotivo adeguato sviluppano una voce interiore critica, che diventa la loro identità narrativa. È quella voce che ti sussurra: “Non sei abbastanza”, “Non ce la farai”, “Sei sbagliato così come sei”.

Neuroscienza: la corteccia prefrontale dorsolaterale è coinvolta nei processi di autocritica e controllo cognitivo. Ma se questa voce è troppo dominante, disattiva i circuiti legati all’empatia verso sé stessi (insula e corteccia cingolata anteriore).

Esercizio: ogni volta che ti accorgi di una frase critica rivolta a te stesso, fermati e scrivi la versione amorevole di quella frase, come se parlassi a un bambino che ami.

  • Invece di: “Hai fallito di nuovo”, scrivi: “Hai fatto del tuo meglio, e questo basta per oggi.”
  • Invece di: “Non vali niente”, scrivi: “Sei degno d’amore, anche nei tuoi momenti più fragili.”

Ripeti ogni frase nuova almeno 3 volte ad alta voce.

BENEFICI
La ripetizione consapevole di frasi auto-compassionevoli favorisce il rafforzamento dei circuiti neurali coinvolti nell’autoregolazione emotiva, in particolare nella corteccia prefrontale mediale. Questo processo contribuisce a riequilibrare la relazione tra le strutture limbiche e le aree corticali superiori, facilitando la costruzione di un dialogo interno più supportivo e meno punitivo.

2. Cura il tuo corpo come se fosse un essere da proteggere

Chi non si vuole bene spesso ignora il proprio corpo: lo trascura, lo punisce, o semplicemente lo tollera. Ma il corpo non dimentica. Secondo la psicoanalisi relazionale, la svalutazione di sé passa anche attraverso il corpo che diventa contenitore del non-detto.

Neuroscienza: il sistema nervoso autonomo registra la qualità delle relazioni precoci. Un corpo che è stato ignorato o non toccato con affetto, resta in allerta. Il nervo vago diventa ipoattivo, compromettendo la capacità di provare calma e connessione.

Esercizio: ogni mattina, dedica 5 minuti a un rituale di cura consapevole: stendere una crema lentamente, massaggiare le mani, ascoltare il battito del cuore. Fallo con l’intenzione di proteggerti, non di “aggiustarti”. All’inizio potresti sentire disagio: è il segno che stai toccando una ferita.

BENEFICI
Le pratiche di cura somatica consapevole contribuiscono all’attivazione del sistema nervoso parasimpatico e della branca ventrovagale del nervo vago, modulando le risposte da stress cronico. Questo permette un miglioramento nella percezione interocettiva e nella capacità di autoregolazione emotiva, elementi fondamentali per ristabilire un senso di sicurezza incarnata.

3. Scrivi una lettera alla parte di te che si sente sbagliata

In ogni adulto vive un bambino interiore che aspetta ancora di essere visto. Quando non ti vuoi bene, è spesso perché stai ancora punendo quella parte di te che un tempo è stata ignorata o respinta.

Esercizio: scrivi una lettera alla versione di te che si è sentita esclusa, non amata o colpevole. Usando parole tenere, riconosci il suo dolore e promettigli di non lasciarlo più solo. Per esempio: “Ti ho trascurato per anni, ma ora ti vedo. E non devi più fingere di essere forte per essere amato.”

BENEFICI
L’atto simbolico di scrivere a una parte di sé emarginata favorisce l’integrazione delle memorie emotive implicite, coinvolgendo le strutture limbiche come l’ippocampo e l’amigdala, e stimolando processi di mentalizzazione nella corteccia prefrontale mediale. Questa integrazione favorisce una maggiore continuità del sé e una riconnessione affettiva con le proprie radici emotive.

4. Fermati ogni volta che stai cercando approvazione

Una delle trappole più grandi per chi non si ama è cercare conferme continue. È un comportamento appreso: se da piccolo hai ricevuto amore solo in cambio di prestazioni o comportamenti conformi, oggi potresti confondere l’amore con l’approvazione.

Esercizio: quando noti che stai agendo per piacere agli altri, chiediti:

  • “Lo farei anche se nessuno mi lodasse per questo?”
  • “Cosa sto cercando di dimostrare?”

BENEFICI
Ogni atto di consapevolezza attiva le aree corticali prefrontali implicate nell’autoregolazione emotiva, modulando l’iperattività dell’amigdala e favorendo processi di neuroplasticità adattiva. Questo facilita una progressiva riorganizzazione dell’identità, orientata a una maggiore coerenza interna e autenticità del sé.

5. Crea uno spazio sicuro mentale

Molti adulti cresciuti in ambienti emotivamente instabili non hanno mai avuto un rifugio. Non hanno imparato a calmarsi da soli, perché nessuno li ha aiutati a regolare le emozioni. Costruire uno “spazio sicuro” mentale diventa allora un esercizio di riparazione.

Esercizio: chiudi gli occhi, e immagina un luogo in cui ti senti totalmente al sicuro. Non deve essere reale. Può essere una casa sull’albero, una stanza piena di coperte, un abbraccio che non hai mai ricevuto. Visualizzalo nei dettagli. Ogni giorno, torna lì per almeno 3 minuti. Respirando lentamente, lascia che il corpo associ quel luogo alla calma.

BENEFICI
La visualizzazione di uno spazio mentale sicuro attiva le aree corticali implicate nell’immaginazione protettiva (precuneo e corteccia cingolata anteriore) e migliora l’accesso alla regolazione vagale. Tale processo rinforza le connessioni neurali tra immaginazione, percezione interocettiva e stati affettivi rassicuranti, contribuendo alla costruzione di uno stato interno stabile e autoregolato.

6. Fai qualcosa di bello per te, anche quando non credi di meritarlo

Molte persone si prendono cura di sé solo quando si sentono bene. Ma la vera svolta terapeutica arriva quando impari a trattarti bene anche quando ti senti inutile, fallito o in colpa.

Esercizio: scegli una cosa che consideri un gesto di affetto (prepararti un pasto buono, regalarti un libro, farti un bagno caldo) e fallo proprio nei giorni in cui ti senti peggio.

BENEFICI
Questo è un atto di rottura con il copione inconscio che ti lega al sacrificio. Un gesto piccolo, ma potente. Compiere atti intenzionali di auto-cura nei momenti di disagio emotivo attiva i circuiti dopaminergici della gratificazione endogena in modo funzionale, promuovendo un senso di valore personale svincolato dalla performance o dall’approvazione esterna. Questa pratica favorisce un apprendimento affettivo correttivo, potenziando la resilienza emotiva.

7. Impara a dire di no (senza colpa)

Volersi bene significa proteggersi. E per farlo, serve imparare a dire di no. Chi non si ama ha spesso difficoltà a stabilire confini, per paura di essere respinto.

Esercizio: per una settimana, scrivi ogni sera una situazione in cui avresti voluto dire no ma non l’hai fatto. E poi riscrivi quella scena con un finale diverso, dove esprimi con assertività il tuo limite.

ESEMPIO DI LETTERA

  • Situazione: Hai accettato di accompagnare un collega fuori orario, anche se eri stanco e avevi bisogno di tempo per te.

Lettera originale (quella che racconta il “sì” forzato):

Caro diario, oggi ho detto “sì” di nuovo. Marco mi ha chiesto di dargli un passaggio dopo il lavoro e, anche se ero esausto e avevo altri impegni, non ho saputo rifiutare. Mi sono sentito in colpa al solo pensiero di dirgli di no. E allora ho fatto finta che andasse tutto bene, ma dentro di me ero frustrato, come se stessi tradendo me stesso. Perché ogni volta che acconsento, anche quando non posso, è come se dicessi a me stesso che i miei bisogni valgono meno di quelli degli altri.

Riscrittura con un finale diverso (versione assertiva):

Caro diario, oggi ho fatto una cosa nuova. Quando Marco mi ha chiesto un passaggio, l’ho guardato negli occhi e, con gentilezza, gli ho detto: “Mi dispiace, ma oggi ho bisogno di tornare a casa e prendermi del tempo per me. Non riesco.” Non mi sono giustificato, non ho inventato scuse. Ho solo detto la verità. Ho sentito un piccolo nodo alla gola, ma anche una leggerezza nuova. Forse per la prima volta non ho cercato di piacere. Ho scelto di rispettarmi. E, per quanto piccola, questa scelta mi ha fatto sentire libero

BENEFICI
L’allenamento assertivo alla definizione dei confini stimola le reti neurali fronto-limbiche coinvolte nella gestione dei conflitti e nel senso di sé, permettendo una ristrutturazione cognitiva delle associazioni inconsce tra rifiuto e perdita di affetto. Progressivamente, la capacità di dire “no” diventa un atto identitario fondato sull’autenticità e non più sul timore dell’abbandono.

Non è egoismo. È rinascita

Volersi bene non è narcisismo, non è autocompiacimento. È un processo lento, a volte doloroso, in cui impari a riconoscere in te stesso una persona degna di rispetto, cura e tenerezza. Per chi ha imparato a vivere adattandosi agli altri, scegliersi può sembrare un atto rivoluzionario.

E lo è. Ogni esercizio proposto è un piccolo passo per disattivare i condizionamenti che ti hanno insegnato a essere invisibile, sbagliato o “di troppo”.

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