Comportamenti tipici di chi vuole ferirti in modo subdolo
Il dolore che ne deriva non è facile da nominare: non c’è un colpevole evidente, eppure qualcosa dentro si rompe lentamente. Perché certi comportamenti, pur essendo formalmente “corretti”, sono emotivamente tossici. Questo articolo esplora sette atteggiamenti tipici di chi agisce in modo manipolatorio, alimentando dinamiche affettive ambigue, destabilizzanti e logoranti. Comprenderli è il primo passo per riconoscere dove inizia il rispetto e dove finisce la sopportazione.
1. Alterna vicinanza e distacco per creare confusione
Uno dei comportamenti più tipici di chi gioca sporco con i tuoi sentimenti è l’alternanza ingiustificata tra momenti di intensa vicinanza e fasi di improvviso distacco emotivo. Ti senti inizialmente visto, desiderato, quasi indispensabile. Ma subito dopo, senza un motivo apparente, vieni ignorato o messo da parte.
Questo meccanismo non è casuale. Genera confusione affettiva, facendo leva sulla tua speranza di tornare a essere “scelto” come prima. Il legame così diventa una montagna russa emotiva: sei portato a inseguire l’attenzione perduta, a metterti in discussione, a fare di più per “riconquistarla”.
Ma una relazione sana non crea ansia né senso di colpa per un affetto che dovrebbe essere libero. Chi gioca su questi sbalzi affettivi, spesso, è più interessato al potere che all’intimità.
2. Mette in discussione la tua percezione della realtà
Questo comportamento prende il nome di gaslighting e consiste nel negare fatti evidenti, distorcere ciò che è accaduto o attribuire a te reazioni che non ti appartengono. Se esprimi un disagio, ti senti dire che esageri. Se noti un’incoerenza, ti viene risposto che sei paranoico. Se ti ferisce un comportamento, vieni accusato di “essere sempre troppo sensibile”.
L’obiettivo, più o meno consapevole, è farti dubitare di te stesso. Invece di affrontare la questione, l’altro sposta il fuoco: tu non sei legittimato a sentire ciò che senti. Così, lentamente, inizi a zittire la tua voce interiore, nella speranza di conservare la relazione. Ma quando per restare con qualcuno devi smettere di credere a te stesso, stai perdendo molto più di una relazione: stai perdendo la tua integrità emotiva.
3. Usa la colpa come leva per ottenere il controllo
Una delle armi più insidiose è l’uso sistematico della colpa. Chi gioca sporco con i tuoi sentimenti non ti chiede direttamente ciò che vuole: ti spinge a offrirlo spontaneamente, facendoti sentire in debito. Può trattarsi di frasi come: “Con tutto quello che faccio per te…”, oppure: “Non pensavo fossi come gli altri, mi stai deludendo”.
Il risultato è che inizi ad agire non per scelta, ma per paura di ferire, per timore di perdere l’affetto dell’altro, per non sentirti “cattivo”. La colpa così diventa un guinzaglio invisibile: ti allontani da ciò che senti, pur di non sembrare ingrato, freddo o egoista. Ma l’amore non si nutre di senso del dovere. Quando il dare nasce dal ricatto emotivo, non è più dono: è sottomissione.
4. Scredita i tuoi bisogni senza dirlo apertamente
Un altro atteggiamento subdolo è quello di screditare i tuoi bisogni senza mai negarteli direttamente. Chi lo adotta si mostra disponibile, ma trasmette in modo implicito che ciò che chiedi è esagerato, fuori luogo, infantile. Non ti dice apertamente “non te lo concedo”, ma ti fa capire che sei debole nel desiderarlo.
È il classico “Ti amo, ma sei troppo bisognoso”, oppure “Lo faccio, ma sappi che mi stai chiedendo troppo”. In apparenza ti accontenta, ma in realtà ti fa sentire colpevole per il solo fatto di aver espresso un bisogno. E questo, nel tempo, ti insegna a non chiedere più nulla. È così che l’autosvalutazione si radica. Non sei più tu a valutare cosa ti fa bene: è l’altro che stabilisce se meriti, quanto, e quando. E a ogni richiesta repressa, perdi un pezzo della tua libertà emotiva.
5. Costruisce ambiguità relazionali per non prendersi responsabilità
L’ambiguità è uno dei terreni più fertili per la manipolazione emotiva. Chi non vuole legarsi davvero ma nemmeno perderti, costruisce un rapporto basato su messaggi ambivalenti: ti fa sentire importante, ma rifiuta il confronto. Ti cerca, ma ti sfugge. Non chiude, ma non apre. Ti tiene nel limbo, alimentando una dipendenza da attesa.
Questo comportamento è particolarmente tossico perché ti toglie l’orientamento. Non sai mai dove ti trovi nella relazione, se sei amato o solo tollerato, se stai costruendo qualcosa o stai solo riempiendo un vuoto altrui.
L’ambiguità emotiva è una forma di deresponsabilizzazione. L’altro mantiene il potere, evitando di dichiararsi o di mettersi in discussione. Ma chi non sceglie chiaramente, in fondo, ti sta scegliendo a metà. E le mezze scelte fanno male quanto i rifiuti, ma più a lungo.
6. Delegittima il tuo dolore per mantenere una posizione di superiorità
Chi gioca sporco con i tuoi sentimenti spesso ha bisogno di sentirsi “più stabile”, “più forte”, “più saggio” di te. Per farlo, sminuisce i tuoi momenti di fragilità, ti accusa di drammatizzare, ti invita a “essere razionale”. Non è mai disposto a entrare nel tuo sentire: lo osserva dall’alto, giudicandolo.
Questo atteggiamento apparentemente maturo, in realtà è profondamente invalidante. Il messaggio che passa è: “Il tuo dolore non ha valore. Io so cosa è giusto, tu no”. E così, ogni volta che provi a condividere qualcosa di autentico, vieni trattato come eccessivo, instabile, inadeguato.
Nel tempo, ti convinci che soffrire è una colpa e che per essere amato devi sempre essere all’altezza. Ma l’amore autentico non chiede performance: chiede verità. E chi non sa stare accanto al tuo dolore, non merita di assistere alla tua rinascita.
7. Usa il silenzio come punizione
Infine, uno dei comportamenti più manipolatori e meno riconosciuti: il silenzio punitivo. Non si tratta del semplice bisogno di spazio. Qui il silenzio è strategico: arriva dopo una tua richiesta, un disaccordo, un’espressione di vulnerabilità. È un modo per farti pagare la “colpa” di aver osato disturbare l’equilibrio.
Non ci sono parole dure, ma assenza. L’altro ti esclude, si ritrae, ti lascia sospeso. E nel vuoto, inizi a riempire tu gli spazi con l’ansia, l’autocritica, la paura. Ti chiedi cosa hai fatto di male, ti scusi anche quando non sai perché.
Il silenzio usato come arma non serve a chiarire: serve a dominare. È una punizione emotiva che crea dipendenza, perché ti spinge a mendicare un ritorno, anziché interrogarti sul senso della relazione stessa.
Perché si comportano così
Dietro questi comportamenti non si nasconde sempre una volontà consapevole di ferire. Molte persone che giocano sporco con i sentimenti altrui sono, a loro volta, intrappolate in dinamiche emotive irrisolte. Spesso provengono da un ambiente in cui l’affetto era instabile, condizionato, o usato come leva per ottenere qualcosa. Hanno appreso – spesso già nell’infanzia – che l’amore non si dà, si conquista; che l’altro non è un compagno, ma uno specchio da controllare; che mostrare i propri bisogni è pericoloso, e che per non rischiare il rifiuto è meglio passare all’attacco.
Queste persone non hanno sviluppato una vera intimità con le proprie emozioni. Per loro la vicinanza può evocare minaccia, la vulnerabilità può far paura, e il bisogno altrui può risvegliare un senso di impotenza. Così, per proteggersi da un dolore che non sanno riconoscere o nominare, finiscono per infliggerne. Ma che una ferita sia inflitta per ignoranza o per calcolo, il risultato non cambia per chi la riceve: l’amore che fa male, anche se non è cattivo, resta comunque un amore che logora.
Comprendere il perché non significa giustificare
Ma può aiutarti a non personalizzare ciò che accade. Non sei tu a essere “troppo sensibile”, né sei tu a causare quelle contraddizioni. È l’altro che non ha ancora imparato a stare nella relazione in modo adulto. E non tocca a te insegnarglielo, né guarirlo a costo del tuo stesso equilibrio.
Il tuo sentire è reale. Non devi più disinnescarlo per piacere a qualcuno
Se ti sei riconosciuto in uno o più di questi comportamenti, forse è perché li hai vissuti. Forse li stai vivendo ancora. E forse da troppo tempo stai cercando di spiegarti l’inspiegabile, di giustificare chi ti fa del male, di cambiare te stesso per essere più amabile.
Ma la verità è che non c’è niente di sbagliato in te. Non sei difficile, né eccessivo, né troppo. Sei solo una persona che sente — e che ha bisogno di essere amata in modo pulito, trasparente, sicuro.
Nel mio libro “Il mondo con i tuoi occhi” parlo proprio di questo: della necessità profonda di rieducarsi all’amore. Di smettere di rincorrere modelli che non ci rappresentano. Di uscire dalla logica del merito e della sopportazione. E di imparare, passo dopo passo, a riconoscere ciò che ci somiglia.
Per troppo tempo ti sei adattato a relazioni che ti chiedevano di ridurti
Ti sei vestito dei bisogni degli altri, hai creduto che l’amore fosse qualcosa da “tenersi stretto” anche quando faceva male. Ma c’è un altro modo di vivere. Un modo che non ti obbliga a barattare la tua verità per avere un posto nel cuore di qualcuno. Un modo che non ti chiede di abbassare la voce per essere ascoltato. Quel modo comincia sempre nello stesso punto: dal tuo sguardo. Dalla tua storia. Dal coraggio di guardarti dentro senza filtri.
Il mondo con i tuoi occhi non è un libro di risposte, ma uno spazio di riflessione. È per chi ha deciso che non vuole più restare dove il cuore si chiude. Per chi non vuole più confondere la tensione con la passione, la confusione con l’interesse, il dolore con la prova d’amore. È per chi ha smesso di chiedersi: “Come faccio a piacergli?”, e ha iniziato a domandarsi: “Questa relazione piace a me? Rispecchia davvero ciò che sono diventato?”
Perché la libertà affettiva non è solo lasciare chi ti fa del male. È scegliere di appartenerti, prima di appartenere a qualcun altro. E se leggendo questo articolo hai sentito qualcosa muoversi dentro, allora forse è il momento di guardarti con occhi nuovi. I tuoi.
Non quelli di chi ti ha fatto sentire inadeguato.
Non quelli che ti chiedevano di essere altro.
Solo i tuoi. E da lì, iniziare a scegliere chi davvero merita di starti accanto.
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Ti aspetto lì per continuare il viaggio.