Ti è mai capitato di sentirti fiacco, senza energie, svuotato, incapace di concentrarti? O di svegliarti già irrequieto, senza un motivo preciso a cui attribuire quell’agirazione interiore? Spesso, la prima spiegazione che ci diamo è psicologica: pensiamo che sia colpa dello stress, di una relazione complicata, del lavoro che non ci soddisfa, delle preoccupazioni che ci tengono svegli la notte. Certo. Indubbiamente i nostri vissuti hanno un impatto sui nostri livelli di energia ma non dovremmo fermarci a questa interpretazione parziale. La verità è che la nostra psiche non può essere scissa dal corpo. Ogni stato d’animo, ogni pensiero e ogni emozione è la voce di un organismo complesso che comunica attraverso un linguaggio sottile ma preciso. Quel senso di stanchezza che non passa, quell’ansia che cresce senza apparente ragione, quella mente che improvvisamente si annebbia: spesso a sostenere queste “questioni psicologiche”, ci sono segnali che il corpo ci invia.
Il motto “mens sana in corpore sano” viene spesso citato per sottolineare l’importanza di prendersi cura del corpo e della mente. Ma, paradossalmente, questa frase porta con sé un pregiudizio: che mente e corpo siano due entità distinte, da mantenere entrambe in equilibrio come se vivessero in spazi diversi. In realtà, tutta la nostra mente è l’espressione di ciò che il corpo vive nel mondo. Non c’è emozione che non nasca da un circuito neurobiologico, non c’è pensiero che non sia sostenuto da un preciso equilibrio chimico, non c’è ricordo che non sia inciso in cellule vive.
Siamo organismi complessi, sistemi aperti che ogni giorno traducono ciò che accade dentro e fuori di noi in sensazioni, immagini, desideri, paure. E a volte, mentre impariamo a guardarci dentro per capire perché non siamo più sereni, possiamo provare a guardare anche al nostro sangue. Ci sono, infatti, degli indicatori biologici -anche molto comuni!- che possono avere molto a che fare con il nostro umore, i nostri livelli di energia e concentrazione.
Analisi del sangue: 7 esami chiave per umore, energia, focus
I micronutrienti che ti andrò a elencare, insieme alle molecole messaggero come gli ormoni, toccano importanti snodi neuro-immuno-endocrini che impattano su umore, energia, livelli d’ansia e lucidità mentale. Qualsiasi condizione della sfera mentale porta sempre con sé un coinvolgimento biologico: il corpo parla attraverso la mente, e la mente restituisce ciò che il corpo vive. Il problema è che molti accertamenti “di precisione” sono poco accessibili: test su biomarcatori specifici (non di routine, disponibili in pochi laboratori), risonanze magnetiche (di facile accesso, diventa però difficile trovare poi il professionista capace di interpretarle) o addirittura test con risonanza magnetica funzionale (la fMRI non è ancora diffusa in ambito clinico).
Eppure, accanto a queste indagini, esistono analisi semplici, economiche e subito disponibili che non vanno affatto sottovalutate. Sono esami di base che, letti con criterio e nel quadro clinico della persona, offrono indizi preziosi sulle radici biologiche di stanchezza, cali di tono, “mente annebbiata”, ansia e irritabilità. Qui di seguito, ti elenco quali sono e come interpretarle in modo pratico —partendo dalle analisi del sangue che puoi realmente fare, insieme al tuo medico, già da domani.
1. Vitamina D
La vitamina D, è famosa per la salute delle ossa. Non tutti sanno, però, che dialoga costantemente con cervello, sistema immunitario e metabolismo. Recettori e vie della vitamina D modulano i geni coinvolti nella sintesi di neurotrasmettitori chiave per il nostro umore. Primo tra tutti la serotonina. È anche coinvolto in meccanismi di neuroinfiammazione, plasticità neurale, suggerendo un possibile ponte biologico tra umore e vitamina D.
In realtà non si tratta di un semplice “suggerimento”. Le prove scientifiche che la Vitamina D sia estremamente rilevante per la nostra salute mentale arrivano ormai da decenni. Una metanalisi pubblicata dall’International Society for Affective Disorders, ha addirittura dimostrato come un supplemento di vitamina D possa migliorare l’umore in soggetti già depressi.
Cosa fare per capire se la vitamina D sta incidendo sul tuo umore? Basta un’analisi del sangue. Il dosaggio della vitamina D è molto comune, tutti i laboratori di analisi lo offrono. Se è evidenziata una carenza (livello inferiore ai 18 o in base alle unità di misura riportate dal laboratorio), diventa opportuno assumere un integratore. Parlane con il tuo medico di fiducia.
2. Vitamina B12 – 3. Folati
La vitamina B12 e i folati (o vitamina B9) alimentano il “ciclo del carbonio a uno”; cioè servono a metilare (attivare/spegnere) geni e molecole cruciali e a produrre neurotrasmettitori chiave per il nostro equilibrio mentale, in primis la serotonina. Svolgono un ruolo anche nel modulare la dopamina e la noradrenalina nonché nel rigenerare energia cellulare. Quando mancano, aumentano omocisteina e stress ossidativo. Infatti, un altro esame del sangue da fare è l’omocisteina… ma in realtà, ti basta osservare la Vitamina B12 e la B9 (folati).
Quando questi due micronutrienti scarseggiano, emergono: apatia, rallentamento mentale, anedonia, irritabilità, ansia, confusione mentale. Una ricerca pubblicata su JAMA Psychiatry ha evidenziato il ruolo dell’alterata via del “ciclo del carbonio a uno” nella depressione. La base neurobiologica ci spinge a credere che una loro carenza possa innescare o amplificare sintomi ansiosi. In soggetti con deficit documentato, una loro integrazione migliora i sintomi depressivi e ansiosi, come riportato da una ricerca pubblicata nel dicembre 2024 sull’Annals of Clinical Nutrition and Metabolism.
Cosa fare? Anche qui basta un’analisi del sangue per scoprirne i livelli e, nel caso, assumere un integratore chiedendo consiglio al proprio medico di fiducia.
4. Marker infiammatori di basso grado
La PCR, Proteina C-reattiva, è ben diffusa. Tutti noi almeno una volta nella vita abbiamo fatto questo esame per sapere, in modo molto generico, che il proprio organismo è o meno infiammato. La PCR è molto generica come analisi, infatti non ci dice da cosa è sollecitato il nostro corpo, ci avvisa solo di un’infiammazione che può trattarsi di un mal di gola o di un dente da curare. C’è però un marker più “fine”, altrettanto aspecifico ma che può rilevare la presenza di infiammazioni a basso grado. Si tratta della hs.CRP (Proteina C-Reattiva ad alta sensibilità). In assenza di infezioni acute, valori ~1–3 mg/L indicano un’attività infiammatoria bassa-moderata; >10 mg/L va ripetuta a distanza per escludere infezione/episodi acuti prima di interpretarla come cronicità.
È ampiamente disponibile e standardizzata. Legata anche a esiti psichici in studi prospettici (insieme a IL-6 e TNF-α). Numerose meta-analisi mostrano IL–6 e TNF-α più elevati in depressione; sono ottimi biomarker di ricerca, ma in clinica hanno variabilità pre-analitica alta e standard di riferimento meno consolidati. Per questo suggerisco di limitarsi alla PCR ad alta sensibilità (hs.CRP), il valore basso-moderato (se ripetuto nel tempo) potrebbe indicare che il corpo si trova in una condizione di allarme costante. Appunto, in una situazione di infiammazione cronica. Di “basso grado” non significa “non allarmante”. Significa piuttosto che il corpo “funziona in riserva” da troppo tempo.
Perché è importante? La letteratura scientifica sul legame tra infiammazione e depressione è ampia. Aumentati livelli di hs-CRP (così come di IL-6/TNF-α) sono correlati a elevato rischio e anche a maggiore gravità dei sintomi depressivi.
Anche in assenza di questi marker, però, non è esclusa un’infiammazione a bassa intensità del corpo. Quando la nostra mente sta male, il corpo va in allarme e risponde con i mezzi che ha: il sistema immunitario è il primo a mobilitarsi. Le malattie autoimmuni, per esempio, potrebbero avere una matrice psicologica (che non significa che non siano fisiche! Significa solo che un approccio integrato che da un lato sfiammi il corpo e dall’altro curi la mente) potrebbe essere l’ideale. In questo contesto non segnalerò ulteriori esami del sangue perché senza un inquadramento sintomatico potrebbero essere una spesa inutile.
5. Ferritina
Il ferro non serve solo all’emoglobina: è co-fattore di enzimi che sostengono respirazione mitocondriale, mielinizzazione e sintesi di neurotrasmettitori (dopamina, noradrenalina). Quando scarseggia —anche prima che compaia l’anemia— possono emergere fatica persistente, “mente annebbiata”, calo di attenzione e memoria di lavoro (dimentichi cosa stavi dicendo mentre lo stavi dicendo… hai bisogno di leggere più volte la stessa pagina per capire, fai difficoltà a ricordare 6 numeri di fila quando ti arriva un codice da inserire per verificare un account…). Meta analisi mostrano che una sua integrazione migliora attenzione, concentrazione e performance cognitive. In più, carenze di ferro sono correlate anche a disfunzioni dei sistemi della dopamina, associati a scarsa motivazione.
Attenzione però! La ferritina va letta insieme al grado di infiammazione (hs-CRP). È, infatti, anche una proteina di fase acuta. Cioè aumenta quando il corpo è infiammato (sia se si tratta di un’infiammazione acuta data da febbre, infezioni… sia se si tratta di un’infiammazione di basso grado come quelle tipiche della depressione). Questo significa che una persona con carenza di ferro ma con un’infiammazione in corso può avere una ferritina “falsamente normale” o addirittura alta! Ecco perché i due esami vanno fatti insieme ed è sempre consigliato il consulto di un medico che possa mettere insieme un quadro clinico ad hoc.
6. Ormoni della tiroide
La tiroide è la nostra “centralina dell’energia”. Regola il metabolismo di ogni cellula del corpo. I suoi ormoni (TSH, FT3 e FT4) influenzano come produciamo energia, come consumiamo ossigeno, come sintetizziamo proteine e perfino come il cervello regola attenzione, umore e ritmo sonno-veglia. Interpretare questi valori insieme è fondamentale, perché un TSH “normale” con un FT3 basso può già spiegare sintomi di rallentamento e umore depresso.
Qui il processo è diretto e più chiaro: metabolismo rallenta → affaticamento, apatia, aumento di peso, pelle secca, sonno eccessivo, demotivazione, letargia… Inoltre (Wu et al. JAMA Psychiatry) mostrano che anche livelli subclinici (cioè, anche in assenza di ipotiroidismo) sono associati a sintomi depressivi. Gli squilibri degli ormoni tiroidei, inoltre, sono stati correlati (Carta et al. Clinical Practice and Epidemiology in Mental Health) ad ansia marcata, irritabilità, attacchi di panico e insonnia.
7. Cortisolo (non consigliato in autonomia)
Se le analisi del sangue elencate fin ora sono ottimi consigli da eseguire, anche senza particolari prescrizioni mediche. L’analisi del cortisolo dovrebbe essere prescritta e seguita da un medico (di base) o specialista (es. endocrinologo) perché la sua lettura è complessa. I valori di cortisolo, infatti, vanno sempre contestualizzati.
Anzitutto, il prelievo ematico andrebbe fatto al mattino, orientativamente introno alle 8. Il medico più attento dovrebbe tenere conto addirittura della posizione in cui si effettua il prelievo (se seduti, o sdraiti). Dalle analisi del sangue, infatti, si ottiene la fotografia di un solo istante che può essere indicativa ma non esaustiva. Per una valutazione più completa andrebbe fatta l’analisi delle urine delle 24 ore. Perché è importante farsi seguire? Perché non è detto che “cortisolo alto = stress!”. In condizioni di stress croniche così come nel caso del trauma complesso, il cortisolo può anche crollare! Livelli di cortisolo basso creano sintomi di astenia e vulnerabilità totale (emotiva e ovviamente organica).
Impariamo a rispettare la complessità del nostro corpo
Il mio nome è Anna De Simone e sono una studiosa della neurobiologia e del comportamento umano. Mi sono laureata in biologia (indirizzo biologia molecolare) perché volevo comprendere l’essere umano, la chimica che ci governa, i tessuti, gli organi, il cervello, le basi molecolari e la genetica che muove tutto… E poi ho finito per imbattermi in qualcosa di molto più grosso e complesso: l’interazione uomo-ambiente. Dove, per “ambiente” s’intende il contesto sociale, l’ambiente psicologico che ci accompagna fin dal grembo materno. La neurobiologia e l’epigenetica mi hanno quindi spinta a studiare e laurearmi successivamente in psicologia. Se me l’avessero detto una dozzina di anni fa, non ci avrei creduto: «mi interessano le cellule!» – Avrei affermato fiera. In realtà, studiando, ho scoperto che alle cellule, invece, interessa l’ambiente in cui si sviluppano e sì, per ambiente si intendono anche i contesti psicologici, le relazioni che stringiamo, l’appagamento che sperimentiamo in ogni giorno! Insomma, le cellule rispondono chimicamente al modo in cui viviamo.
Una visione integrata che unisca psicologia ai sostrati biologici che ci sostengono non è affatto scontata. Anzi, nella nostra cultura dualistica è assolutamente radicato il pregiudizio che mente e corpo siano due mondi distinti, separati, da curare con approcci differenti. Un errore che ci ha portati a guardare la psiche come qualcosa di immateriale e il corpo come un semplice meccanismo biologico, dimenticando che ogni pensiero, emozione e ricordo prende forma in un tessuto vivo, in una cellula che respira, in un sistema nervoso che si adatta costantemente all’ambiente.
Ecco perché ho scritto il libro “Lascia che la felicità accada”: perché la felicità non è uno stato mentale astratto, non è la forzatura del pensiero positivo, né un obiettivo da rincorrere a tutti i costi. La felicità è qualcosa che si lascia accendere nel corpo, con tutta la nostra biologia, quando impariamo a riconoscere i segnali che ci manda, quando smettiamo di contrastare i processi naturali che ci conducono verso il benessere. Il libro, con un linguaggio semplice e accessibile a tutti, accompagna il lettore a costruire una nuova visione di sé. Una visione in cui la mente non è più in antitesi con il corpo, ma finalmente si riconosce come sua espressione, sua alleata.
In questo percorso troverete esempi concreti che potete vivere voi stessi nel vostro quotidiano e strumenti pratici per imparare ad ascoltarvi in profondità. Il libro è disponibile in pre-ordine a questa pagina Amazon. È la lettura perfetta se sei stanco di luoghi comuni come “basta la forza di volontà”, “è tutto nella tua mente” o “pensa positivo”.
Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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