Ho preparato un percorso riflessivo composto da otto delle numerosissime opere di Vincent Van Gogh. Alcune sono famosissime, altre meno popolari ma comunque ricche di significato. Ho selezionato queste opere per raccontarvi che la felicità potenziale che è lì, già presente nella nostra vita, ma coperta da strati e strati di ferite. In realtà, con questa raccolta di immagini e frasi, vi propongo una narrazione ancora più profonda. Ma prima di svelarvi tutto, iniziamo dalla prima immagine: per ogni dipinto di Van Gogh ci saranno delle frasi ad accompagnarvi, in un percorso che conduce solo alla verità.
8 opere di Van Gogh accompagnate da 9 frasi, ci raccontano la felicità possibile
In realtà, ciò che sto tentando di fare è raccontarvi il mio nuovo libro: «Lascia che la felicità accada». E per farlo, non potevo che ispirarmi a una narrazione emotiva fortissima: quella che traspare da queste opere. So che non dovevo farlo: le persone vogliono “robe semplici”. Non vogliono dover pensare, riflettere, fare pensieri complessi… Vogliono solo AGIRE, scariche immediate di dopamina. Vogliono solo, in qualche modo, illudersi. Ma io mi rivolgo ai disillusi. A chi sa ancora pensare, a chi vuole ancora sentire e sentirsi per davvero. È per loro che mi prendo la briga di spiegare queste opere e questa scelta.
L’arte, la riflessione, la lettura, l’esplorazione dell’interiorità sono quelle cose che non si limitano a illuderci con una scarica dopaminergica, sono quelle che mettono ordine nei circuiti della dopamina. Sono quelle che ci sostengono con l’appagamento duraturo della serotonina, sono quelle che ci fanno sentire al sicuro, ci fanno sentire di appartenere (anche solo a noi stessi) con la potenza dell’ossitocina. Sono quelle che portano tutto in equilibrio. Che trasformano la felicità potenziale una realtà da vivere.
La prima opera: Sorrowing old man (At Eternity’s Gate)
Non fa altro che raccontarci la sofferenza che noi tutti conosciamo bene. Con la sua postura ricurva, questo ritratto è diventato il simbolo universale della resa, del peso insostenibile che talvolta ci accompagna nella vita, un peso che è nel corpo e non dovrebbe essere lì.
La seconda opera: La Notte Stellata
Questa la conosciamo tutti. Qui Van Gogh trasforma il cielo in un fiume di energia viva. Vortici che si muovono, si agitano. Il cielo riflette una tempesta interiore, l’incomprensione, l’inquietudine che non lascia tregua.
La terza opera: La Camera di Arles
Tra i dipinti più sottovalutati di Van Gogh. Un luogo quasi abbandonato a se stesso ma… anche un rifugio. È, infatti, il simbolo di calma, di un ancoraggio, un posto da cui ripartire, in cui curare le proprie ferite, darsi sollievo in mezzo al caos. Un posto che possiamo costruire dentro il nostro stesso corpo, se… se… se lo “ascoltiamo”.
La quarta opera: Autoritratto con cappotto e cappello
In questo autoritratto Van Gogh si guarda e ci guarda. Si dipinge con colori contrastanti, a volte freddi, quasi a raccontare la tensione tra la necessità di difendersi e il bisogno di mostrarsi. È un’opera di resistenza: il volto è austero, lo sguardo fermo, come se volesse dirci che, nonostante il dolore, non ha smesso di confrontarsi con sé stesso.
La quinta opera: Campo di grano con corvi
Un campo agitato, strade che non portano da nessuna parte, corvi neri che volano inquieti, quasi a presagire il peggio, il subbuglio, la confusione… la nostra mente in conflitto. Una mente, che però, non smette di desiderare. Il campo di grano è lì, lussureggiante. Ci ricorda che tutto è ancora possibile. Niente è perduto per sempre.
La sesta opera: Terrazza del caffè di notte
È il simbolo del desiderio di appartenenza: uno spazio umano che resiste all’oscurità, una finestra di calore nella solitudine. Sono le nostre ambizioni, i nostri bisogni, i desideri… anche quelli che non abbiamo mai pronunciato ad alta voce solo per paura. Per paura che non si sarebbero mai compiuti. Un altro potenziale inespresso.
Settima opera: Gli alberi di olivo
Ecco un altro dipinto molto sottovalutato. Questi alberi sono il simbolo della forza, sono capaci di resistere alla siccità, alle tempeste… Siamo noi che ci restituiamo a noi stessi. Siamo noi che riscopriamo la nostra forza, le nostre radici… siamo noi che ci diamo fiducia.
Ottava opera: Il cortile dell’ospedale di Arles
Eccoci arrivati all’ultima delle otto opere di Van Gogh che vi avevo promesso nel titolo. Questa l’ho scelta per la chiusura perché è un dipinto molto dibattuto. Sembra che esprima al contempo una sofferenza profondissima (quella di una reclusione fisica che, in realtà, Van Gogh ha sempre vissuto anche prima di farsi ricoverare). Ma nello stesso dipinto, si compie una magia: con i suoi colori, l’artista enfatizzare la vitalità, la capacità intrinseca che ognuno di noi ha di cogliere la bellezza della vita, perché in fondo, il nostro corpo vuole vivere, è istintivo, innato. La nostra vitalità, la nostra felicità, è lì, pronta a esprimersi… dobbiamo solo imparare a VIVERCI.
E anche se le opere sono finite, per concludere il concetto, manca la nona frase di chiusura. Quella che ci riporta all’unicità di mente e corpo. Quella che partendo dalle sofferenze condivise da Van Gogh ci apre le porte per raccontarne un’altra di storia. Molto diversa. Quella in cui le potenzialità non restano tali e iniziano a esprimersi. Quella in cui i nostri bisogni autentici non fanno più paura perché troviamo il coraggio di lasciar accadere ciò che più vogliamo.
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Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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