Il segnale più sottovalutato che dice che non sei felice in coppia

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Come si fa a capire se una relazione ci rende davvero felici, o se stiamo semplicemente sopravvivendo al suo interno?
Molti pensano che la risposta sia negli episodi eclatanti: litigi furiosi, silenzi interminabili, tradimenti, indifferenza. In realtà, le coppie che finiscono spesso non esplodono per un evento improvviso: si consumano lentamente, giorno dopo giorno, in un silenzio che pesa più di mille urla.

C’è un segnale, sottile e quasi invisibile, che spesso trascuriamo

Non fa rumore, non si mostra nei gesti plateali, non compare nelle foto sorridenti che pubblichiamo. Eppure, è un campanello d’allarme potentissimo: la perdita di vitalità interiore.

Non parliamo di “routine”, che è fisiologica, né di un calo di passione che appartiene al normale ciclo di vita della coppia. Parliamo di qualcosa di più profondo e silenzioso: quella sensazione di spegnimento che ti invade quando non ti senti più nutrito dalla relazione, quando ti accorgi che, accanto all’altro, non sei più davvero te stesso.

Il segnale nascosto: la perdita di vitalità

Il segnale più sottovalutato che rivela l’infelicità in una relazione non è il conflitto, ma il contrario: è la sensazione di svuotamento, di anestesia, di mancanza di energia emotiva.

Non è necessario litigare ogni giorno per capire che qualcosa non funziona. Al contrario, alcune delle coppie apparentemente più “tranquille” sono quelle dove la vitalità si è spenta da tempo. Non ci sono discussioni perché non ci sono più emozioni, non c’è più desiderio di raccontarsi, di svelarsi, di condividere.

Dal punto di vista psicoanalitico, la vitalità è ciò che ci rende vivi in una relazione: è la possibilità di esprimerci senza paura, di sentirci visti e accolti. Quando questo viene meno, il rapporto diventa un guscio vuoto. Ci si muove all’interno della coppia come attori su un palcoscenico, recitando un copione che non scalda più il cuore.

La neurobiologia ci conferma che l’amore non è solo sentimento, ma anche chimica: quando una relazione è nutriente, il cervello rilascia dopamina e ossitocina, molecole che stimolano la curiosità e la connessione. Quando, invece, ci sentiamo spenti, prevalgono cortisolo e adrenalina: ormoni dello stress che ci fanno vivere in modalità difensiva.

Esempi concreti?

  • Torni a casa e non hai più voglia di raccontare la tua giornata.
  • Ti confidi più facilmente con un collega o un amico che con il partner.
  • Provi sollievo quando l’altro non c’è, come se la sua presenza fosse un peso silenzioso.
  • Non ti chiedi più “cosa sogniamo insieme”, ma solo “cosa dobbiamo fare oggi”.

La vitalità non è solo entusiasmo, ma un senso di esserci, di sentire che la relazione ti alimenta e non ti svuota. Quando viene meno, è il segnale che dentro quella coppia non sei più felice.

Perché lo ignoriamo

Questo segnale viene spesso trascurato perché non fa rumore. Non ci sono urla, non ci sono tradimenti evidenti, non ci sono crolli improvvisi. C’è solo una sottile e costante mancanza di energia che impariamo a normalizzare.

La nostra cultura ci insegna a valutare la qualità della coppia su parametri esterni: il matrimonio, i figli, la stabilità economica, la casa di proprietà. Ma nessuno ci insegna a misurare la felicità sulla base della vitalità interiore. Così, ci raccontiamo che “va bene così”, che “l’amore non esiste davvero come nei film”, che “meglio la stabilità che la solitudine”.

Dal punto di vista psicoanalitico, entriamo in un meccanismo di difesa: la razionalizzazione. Ci raccontiamo storie per non vedere la realtà. Alcuni arrivano persino a convincersi che l’infelicità sia la norma, perché non hanno mai sperimentato altro.

E qui si innesta un’eredità infantile importante: chi da bambino non è stato visto, ascoltato, contenuto, tenderà a normalizzare il “non sentirsi vivo”. Se sei cresciuto in una famiglia dove l’affetto era assente, confuso o intermittente, ti sembrerà normale vivere una coppia spenta, senza chiederti se possa esistere un amore diverso.

Le conseguenze del non ascoltarlo

Ignorare questo segnale ha un costo altissimo.

Sul piano psicologico, logora l’identità e l’autostima. Più passa il tempo, più ci convinciamo che “forse la felicità non fa per noi”, che “è così che funzionano tutte le coppie”. E così iniziamo a recitare la parte di chi sopravvive, non di chi vive.

Sul piano neurobiologico, la cronicizzazione del malessere non comporta solo un costante aumento del cortisolo. In realtà, con il tempo l’asse ipotalamo–ipofisi–surrene si riassetta: nella fase iniziale prevale l’iperattivazione, con livelli di cortisolo elevati; ma se lo stress diventa cronico, il sistema tende a “consumarsi”, e i livelli possono progressivamente abbassarsi rispetto alla norma.

Questo non è un segnale positivo: significa che il corpo si è adattato a vivere in modalità difensiva permanente, pagando però un prezzo altissimo. L’abbassamento del cortisolo porta infatti a un indebolimento del sistema immunitario, a una maggiore vulnerabilità a infezioni e stati infiammatori e, sul piano psicologico, a un senso diffuso di stanchezza, svuotamento e perdita di piacere.

Sul piano relazionale, mantenere una coppia svuotata porta a dinamiche tossiche: ci si resta per paura della solitudine, per abitudine, per pressione sociale. E più ci si adatta, più si perde vitalità.

Esempi concreti:

  • Coppie che sorridono nelle foto, ma non hanno più nulla da dirsi a tavola.
  • Relazioni che funzionano socialmente (casa, vacanze, figli) ma dove i due partner vivono da estranei.
  • Persone che non osano lasciare, convinte che “fuori non ci sia di meglio”.
  • La conseguenza più grave è che si smette di credere nell’amore come possibilità reale.

Come riconoscerlo in te

Riconoscere questo segnale non è facile, ma ci sono domande che possono aiutarti:

  • Quando sei con il tuo partner ti senti più vivo o più vuoto?
  • Ti senti libero di raccontare tutto di te, o preferisci tenere per te le parti più autentiche?
  • Ti senti visto, ascoltato, riconosciuto, oppure invisibile?
  • Il corpo come risponde? Ti senti rilassato, leggero, o in tensione costante?

Le risposte non si trovano nella testa ma nel corpo. Il corpo non mente: se stai bene, senti apertura, respiro, vitalità. Se stai male, senti chiusura, fatica, spegnimento.

Cosa fare se lo riconosci

Se ti sei riconosciuto in queste descrizioni, non giudicarti. Non significa necessariamente che la tua storia sia finita: significa che è tempo di guardare in faccia la realtà e decidere cosa farne.

  • Accetta il segnale: non minimizzare, non razionalizzare. Prendi sul serio la voce del tuo corpo.
  • Distinguere: è un momento passeggero (magari dovuto a stress lavorativo, lutti, cambiamenti) o è una condizione cronica che dura da anni?
  • Dialoga con autenticità: porta la tua verità nella coppia, senza paura. Parlare non significa accusare, ma condividere il proprio vissuto.
  • Terapia di coppia: in molti casi, un terzo sguardo può riaccendere il dialogo.
  • Lavoro personale: chiediti se resti per amore o per paura. Spesso restiamo perché abbiamo paura della solitudine più che perché ci sia ancora amore.

Ricorda: il segnale della perdita di vitalità non è una condanna, ma un invito a scegliere. A volte significa ricostruire, altre volte significa lasciare andare.

Attenzione a non cadere nella trappola

Potresti pensare che sia “normale”, che la vita di coppia debba spegnere un po’ le scintille iniziali, che sia inevitabile rinunciare a parti di sé. Ma non è così. La felicità non è uno stato permanente di euforia: è la sensazione profonda di sentirsi vivi, visti e riconosciuti, anche nelle giornate più ordinarie. Quando ascolti questo segnale, accade qualcosa di potente:

  • recuperi energia perché non sprechi più risorse a fingere che vada tutto bene;
  • rinforzi il sistema immunitario, perché corpo e mente smettono di vivere in modalità difensiva;
  • migliori le tue relazioni, non solo di coppia ma in ogni ambito, perché inizi a chiedere legami che ti nutrono davvero;
  • ritrovi fiducia in te stesso, perché impari a non ignorare più ciò che provi;
  • scopri che amare non significa trattenere, ma creare uno spazio in cui entrambi possiate crescere.

E il vantaggio più grande è forse questo: smetti di credere che la felicità sia un privilegio per pochi e inizi a vederla come una possibilità concreta anche per te.

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