Cosa succede al tuo corpo e al tuo cervello se smetti di fare queste 5 cose

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Ti sei mai chiesto perché a volte ti senti stanco, irritabile o svuotato senza un motivo evidente? Non sempre la causa è ciò che ti accade. Spesso la vera origine è ciò che continui a fare ogni giorno senza accorgertene: abitudini, automatismi e strategie di sopravvivenza che un tempo ti sono servite, ma che oggi ti logorano.

Per molto tempo abbiamo pensato che mente e corpo fossero due entità separate. La cultura occidentale, figlia del dualismo cartesiano, ci ha abituato a pensare che le emozioni “stiano nella mente”, mentre il corpo fosse solo un contenitore. Oggi le neuroscienze ci dicono l’esatto contrario: le emozioni sono nel corpo.

Cosa succede al tuo corpo e al tuo cervello se smetti di fare queste 5 cose

La paura non è solo un’idea: è il cuore che accelera, lo stomaco che si chiude, il respiro che diventa corto. La rabbia non è solo un pensiero: è tensione muscolare, pressione che sale, pelle che si arrossa. La tristezza non è un concetto: è il torace che si chiude, il respiro che rallenta.

Ogni emozione è prima di tutto un evento fisiologico che il cervello interpreta e costruisce come esperienza soggettiva. Significa che ogni volta che ripeti un’abitudine – anche mentale – il corpo la registra e il cervello la consolida sotto forma di circuiti neurali stabili. È così che finiamo per “incarnarci” nelle nostre abitudini, fino a confonderci con esse. In questo articolo vedremo cosa succede al tuo corpo e al tuo cervello se smetti di fare 5 cose che sembrano piccole, ma che cambiano radicalmente il tuo equilibrio psicofisico.

1. Smettere di vivere sotto stress costante

Lo stress acuto è fisiologico: ci prepara a reagire a un pericolo o a una sfida. Il problema è lo stress cronico, che non si spegne mai e diventa lo sfondo costante della vita.

Il cortisolo e il nuovo set-point

Al centro della risposta allo stress c’è l’asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene), che rilascia cortisolo. In condizioni normali, questo ormone è utile: regola il metabolismo, modula l’infiammazione, ci aiuta a fronteggiare l’imprevisto.
Ma se rimane elevato a lungo, il corpo si abitua a un nuovo set-point biologico: il cortisolo non è più solo un alleato, ma diventa un fattore di disregolazione.

CONSEGUENZE SUL CERVELLO

  • Ippocampo: si riduce la neurogenesi, peggiorano memoria e concentrazione.
  • Amigdala: diventa iperattiva, aumentando ansia e reattività.
  • Corteccia prefrontale: perde lucidità, favorendo scelte impulsive.

CONSEGUENZE SUL CORPO

Il cortisolo, da regolatore immunitario, finisce per abbassare le difese e rendere il sistema inefficiente. È qui che compaiono le cosiddette malattie funzionali: condizioni in cui gli esami clinici risultano normali, ma l’organismo non funziona bene.

Esempi tipici:

  • Fibromialgia: dolori cronici diffusi senza lesioni organiche.
  • Colon irritabile: disturbi persistenti senza anomalie anatomiche.
  • Dermatiti: eruzioni cutanee legate a disregolazione immunitaria.

Sono patologie reali, non immaginarie, che segnalano un corpo “fuori sintonia”.

COSA SUCCEDE SE SMETTI

Quando riduci lo stress cronico, l’asse HPA recupera elasticità, i livelli di cortisolo tornano ciclici, l’ippocampo ricomincia a generare nuovi neuroni. Il sistema immunitario riprende la sua funzione difensiva e il corpo torna a funzionare in armonia.

2. Smettere di compiacere tutti

Molti vivono cercando approvazione. Dire sempre “sì” sembra altruismo, ma è spesso il risultato di un antico timore: la paura di non essere amati.

EFFETTI SUL CERVELLO

Ogni conferma ricevuta – un “bravo”, un like, un sorriso – attiva il circuito della ricompensa dopaminergica. È un piacere immediato, ma instabile: come in una dipendenza, il cervello si abitua e chiede sempre di più.

EFFETTI SUL CORPO

Il bisogno di compiacere mantiene il corpo in tensione: tachicardia al pensiero di dire “no”, respiro bloccato per paura del giudizio, cefalee muscolo-tensive, problemi gastrointestinali dovuti all’attivazione dell’asse cervello-intestino.

COSA SUCCEDE SE SMETTI

Quando smetti di compiacere, la corteccia prefrontale torna a guidare le scelte. Il corpo respira: la pressione si abbassa, il sistema parasimpatico si riattiva, la muscolatura si rilassa. È il ritorno a un senso di libertà fisiologica oltre che psicologica.

3. Smettere di rimuginare sul passato

Il rimuginio dà l’illusione di controllo, ma in realtà è una forma di prigionia. Rivivere continuamente errori e ferite mantiene viva la sofferenza.

EFFETTI SUL CERVELLO

Quando rimuginiamo, il cervello si “accende” nelle aree che compongono il default mode network (DMN), una rete neurale che include la corteccia prefrontale mediale, il precuneo e le regioni posteriori del cingolo. Questa rete è fondamentale per l’autoriflessione, il ricordo autobiografico e l’immaginazione del futuro. È ciò che rende possibile pensare a noi stessi nel tempo. Il problema è che, in condizioni di rimuginio cronico, il DMN diventa iperattivo e disallineato:

  • non si limita a generare pensieri spontanei, ma li ripete ossessivamente,
  • fatica a “spegnersi” quando entriamo in attività concrete (lavoro, studio, conversazioni),
  • mantiene costantemente accesa la modalità autoriferita, intrappolando la mente in una spirale di autoanalisi sterile.

Questa iperattivazione è stata collegata a disturbi depressivi e d’ansia: il pensiero resta fisso su errori passati o possibili minacce future, mentre diminuisce la capacità di concentrarsi sul presente.

In più, il DMN non agisce da solo: la sua eccessiva attività riduce la comunicazione con la corteccia prefrontale dorsolaterale (coinvolta nella regolazione cognitiva) e con la salience network (che dovrebbe aiutarci a distinguere i pensieri rilevanti da quelli inutili). In pratica, il cervello rimane “bloccato su sé stesso”, incapace di spostare l’attenzione su ciò che è nuovo o utile.

RISULTATO: pensiero rigido, perdita di flessibilità cognitiva, difficoltà a trovare soluzioni e un continuo ritorno sugli stessi temi dolorosi.

EFFETTI SUL CORPO

Il rimuginio non è neutro: mantiene alto il livello di stress, peggiora l’insonnia, aumenta la produzione di citochine proinfiammatorie, aprendo la strada a processi infiammatori cronici.

COSA SUCCEDE SE SMETTI

Quando interrompi il rimuginio, la connettività tra corteccia prefrontale e aree limbiche si rafforza. Il sonno migliora, i livelli infiammatori si abbassano, la digestione torna regolare. Il corpo percepisce subito la differenza: come se avessi tolto un peso invisibile.

4. Smettere di ignorare i segnali del corpo

Abbiamo imparato troppo presto a “non sentire”: continuare a lavorare nonostante il mal di testa, correre con il ginocchio dolorante, zittire la stanchezza con la caffeina. È un auto-tradimento silenzioso.

EFFETTI SUL CERVELLO

Ignorare il corpo indebolisce l’interocezione, la capacità di percepire le sensazioni interne. L’insula e la corteccia cingolata anteriore, responsabili di questa lettura, diventano meno sensibili. Il cervello “disimpara” a dialogare con il corpo.

EFFETTI SUL CORPO

Il corpo, non ascoltato, intensifica i sintomi: dolori cronici, disturbi psicosomatici, collassi fisici improvvisi. Non ascoltare il corpo non lo fa tacere: lo costringe a urlare.

COSA SUCCEDE SE SMETTI

Ricominciando ad ascoltarlo, i circuiti interocettivi si riattivano. La fatica diventa un messaggio e non un ostacolo, il dolore una guida e non un nemico.

Ci hanno insegnato che il dolore – così come la felicità, la rabbia, la paura – “sta nella mente”. Ma in realtà, è in tutto il corpo! È il corpo a custodirne il linguaggio. Sono le sensazioni corporee a guidarci: il nodo in gola, il cuore che accelera, lo stomaco che si chiude, le mani che tremano, i muscoli che si fanno tesi, la digestione che rallenta, il respiro che si fa corto, il petto che opprime. Allo stesso modo, il corpo ci parla quando sperimentiamo sicurezza: quel calore silenzioso che attraversa ogni fibra quando ci sentiamo davvero al sicuro, non perché controlliamo tutto, ma perché per un attimo il corpo smette di difendersi.

Forse conosci quella sensazione di calda sicurezza: in un abbraccio, nello sguardo di chi ami, in un momento in cui non devi più dimostrare nulla. È amore, sì, ma prima ancora è sicurezza corporea. E il nostro corpo può sperimentare questa pienezza anche da solo, se impariamo a non difenderci dalle emozioni, a lasciarle fluire come cicli naturali.

5. Smettere di raccontarsi bugie per sentirsi al sicuro

“Posso resistere ancora.”
“Non mi fa così male.”
“Non cambierà mai nulla.”

Frasi come queste sembrano innocue, ma in realtà sono anestetici emotivi. Sono strategie che la psiche utilizza per ridurre l’impatto del dolore, un po’ come se applicasse un cerotto su una ferita che continua a sanguinare. Nel breve termine ci danno l’illusione di protezione, ma a lungo termine ci condannano a restare imprigionati nello stesso dolore da cui crediamo di difenderci.

EFFETTI SUL CERVELLO

Dal punto di vista neurobiologico, l’autoinganno produce un irrigidimento dei circuiti neurali. Il cervello, per sua natura, tende a preferire la coerenza interna rispetto alla verità: meglio restare fedeli a una narrazione dolorosa ma familiare che affrontare l’incertezza di un cambiamento. Questo meccanismo si chiama conservazione predittiva: la mente preferisce ciò che conosce, anche se fa soffrire, a ciò che non conosce.

  1. Le aree limbiche, come l’amigdala, continuano a segnalare minacce sottili e a mantenere attiva la risposta di allarme.
  2. La corteccia prefrontale, invece di regolare in modo flessibile, diventa complice dell’autoinganno, consolidando schemi di pensiero ripetitivi.
  3. Con il tempo, la neuroplasticità (la capacità del cervello di creare nuove connessioni) si riduce: il cervello “sceglie” la rigidità, perché il cambiamento appare troppo rischioso.

In pratica, l’autoinganno è come se bloccasse il cervello in una mappa ormai superata, che però viene usata ancora e ancora.

EFFETTI SUL CORPO

  1. Il corpo non mente: anche quando la mente minimizza, il corpo continua a gridare la verità.
  2. Tensioni croniche: spalle irrigidite, mascella serrata, mal di schiena persistente.
  3. Dolore amplificato (iperalgesia): il sistema nervoso centrale diventa più sensibile agli stimoli, percependo dolore anche dove ci sarebbe solo fastidio.
  4. Disturbi immunitari: un corpo che trattiene emozioni vive in un assetto di allerta cronica, riducendo le difese e aumentando il rischio di infiammazioni o malattie autoimmuni.

Queste manifestazioni non sono casuali: sono il linguaggio del corpo, che esprime ciò che la mente nega.

COSA SUCCEDE SE SMETTI

Ammettere la verità – anche quando fa male – libera energia psichica e fisiologica.

  • Sul piano cerebrale, la corteccia prefrontale può finalmente ristabilire il suo ruolo regolativo, modulando la reattività limbica. La plasticità neurale torna ad attivarsi: nuove connessioni si creano, nuove strade diventano percorribili.
  • Sul piano corporeo, le tensioni si riducono, il respiro si amplia, il sistema immunitario ritrova la sua capacità di difesa.

Dire “sto male” non è un segno di debolezza, ma un atto di verità che apre la porta alla guarigione. È il momento in cui smetti di combattere con te stesso e ti permetti di iniziare davvero un processo trasformativo.

La scissione mente-corpo

Per secoli il pensiero occidentale ha vissuto della frattura cartesiana: mente e corpo come due entità distinte. Le neuroscienze hanno dimostrato che questa separazione non esiste.

Ogni emozione nasce dall’elaborazione cerebrale di segnali corporei: battito cardiaco, respiro, tensione muscolare, neurotrasmettitori. Non esiste tristezza senza corpo, né corpo che non risenta delle emozioni.

Guarire significa allora ricomporre questa frattura. Non curare la mente senza il corpo, né il corpo senza la mente: ma integrare i due piani in un unico orizzonte. È questa unità a rappresentare la vera salute.

Perché è così difficile smettere

Se smettere fa così bene, perché è difficile? Perché ogni abitudine, anche dannosa, è una predizione di realtà. Il cervello preferisce ciò che conosce, anche se doloroso, a ciò che non conosce.

La dopamina non premia solo il piacere: premia la prevedibilità. È per questo che rimaniamo fedeli a schemi tossici: perché sono “familiari”. Spezzarli significa affrontare l’ignoto. Ma basta poco per riattivare la plasticità: un “no” detto con coraggio, un respiro consapevole, un momento di ascolto del corpo. Micro-esperienze che accendono circuiti nuovi.

Smettere di fare queste 5 cose non è privazione: è liberazione.

  • Il cervello recupera flessibilità.
  • Il corpo riduce tensioni e infiammazioni.
  • Le emozioni tornano ad avere voce.

Collettivamente, come società, ci difendiamo troppo. Rincorriamo performance, like, oggetti, relazioni tappabuchi. Ma essere felici non significa avere di più: significa imparare a sentire meglio. Dare al corpo il permesso di tremare, piangere, respirare. Le emozioni, se lasciate libere, seguono un ciclo naturale come il sonno o la febbre: emergono, si muovono e infine si trasformano. Se invece le blocchiamo, rimaniamo prigionieri.

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Un percorso per ricollocare le emozioni lì dove nascono – nel corpo – e attraversarle per ripristinare equilibri dimenticati. Perché quando eravamo bambini lo sapevamo: non distinguevo tra sentire fisico ed emotivo. È stata la cultura della scissione a insegnarci a reprimere dentro e a inseguire fuori.

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