Perdono e rabbia. Istintivamente quando subiamo un torto, un’offesa o ciò che riteniamo un’ingiustizia proviamo sentimenti di dispiacere, soprattutto se a ferirci è una persona vicina, e di rabbia. Istintivamente la prima reazione è quella di rispondere al torto subito, vendicandosi o cercando una compensazione per le emozioni negative che si avvertono.
Ritroviamo questo comportamento fin dai tempi antichi nella storia dell’uomo. Possiamo risalire alla legge del taglione dove a un torto subito si poteva rispondere con un comportamento che arrecasse un danno uguale.
In realtà questo atteggiamento non porta a un effettivo risarcimento psicologico ed emotivo, il dolore che si prova non viene attenuato anzi viene mantenuto dal pensiero costante di rivincita, concentrando l’attenzione su pensieri negativi che quindi portano a rinforzare stati ansiosi, di rabbia o depressivi.
Si può perdonare?
Ognuno ha un proprio atteggiamento per rispondere a un dolore provocato da altri. C’è chi pensa di poter perdonare e di averlo fatto, ma in realtà ha semplicemente messo da parte i sentimenti a riguardo, continuando ad avere ciclicamente sentimenti di rimuginio; chi decide di farlo per una credenza religiosa, sottovalutando l’impatto sulla sfera emotiva; chi pensa di non farcela, ma in qualche modo si predispone ad un atteggiamento empatico e di ascolto; chi decide di non poter o volere perdonare.
Spesso l’atteggiamento nasce da un equivoco rispetto all’idea di perdono.
Perdonare non significa dimenticare o minimizzare l’accaduto, ma mettere in atto una serie di aspetti emotivi e cognitivi che portano a vedere la situazione subita diversamente, con compassione e comprensione verso l’altro.
Ritengo che l’aspetto più importante sia però non viversi esclusivamente come vittima, nonostante si sia consapevoli di aver subito un’ingiustizia, ma ciò che cambia è la scelta di superare i sentimenti di rabbia e di dolore: il perdono in realtà è necessario per se stessi non per l’altro, per tornare a rivolgere pensieri positivi e superare rabbia e dolore.
Perdonare se stessi
Ci sono situazioni in cui ci si ritiene responsabili di un dolore altrui o di ciò che ci è successo, in questo caso il perdono riguarda se stessi. Può essere ancora più faticoso e le dinamiche coinvolte più difficili da capire e risolvere.
Quando il senso di colpa è legato a situazioni e persone che si hanno vicine, può bloccare e limitare la possibilità di arrivare a un perdono. Solitamente quando non ci si riesce a perdonare, si ritrova una certa rigidità, sia verso se stessi che verso gli altri, intervengono meccanismi di controllo e di perfezionismo con la difficoltà o incapacità di accettare la proprie imperfezioni.
Questa difficoltà spesso porta a conseguenze negative sul benessere psicologico, continuare a mantenere sentimenti di vergogna o di rabbia non fa che mantenere un livello di disagio costante, impedendo a sentimenti positivi di intervenire.
Tutto questo nuoce, non solo ad uno stato psicologico ed emotivo, ma anche fisiologico. Chi ha continui stati di rabbia e di ansia affatica e compromette la propria salute. Mantenere uno stato di negatività rimuginando sui torti subiti o su possibili soluzioni di risarcimento in qualche modo mantiene infetta una ferita che non vuole o riesce a rimarginarsi. Se il perdono viene visto solo in funzione dell’altro, non tenendo in considerazione il proprio malessere, ci si condanna da soli ad un peggioramento della propria condizione. Perdonare è un gesto che bisogna fare per se stessi e per uscire da un circolo negativo.
Perdono o accettazione
C’è chi considera il perdono un gesto di carità, legato spesso a idee religiose, ma affinché si possa arrivare a questo bisogna prima passare per un processo di elaborazione in cui intervengono diversi fattori da quello emotivo a quello cognitivo. Quindi sia il perdono che l’accettazione possono essere fasi di uno stesso processo.
Perdonare non significa arrendersi o essere più deboli, né mettersi in un atto di superiorità in attesa di scuse, ma come detto prima è la fase finale di un processo di elaborazione di ciò che si è vissuto, dei sentimenti di rabbia e dolore connessi all’evento.
Chiedere aiuto è già un atto che permette di rompere il circolo negativo instaurato, perché consente di uscire dalla propria rigidità, paura o vergogna. Bisogna imparare a chiedere per se stessi, fa già parte del perdono.
Lucia Cavallo, Psicoterapeuta
specializzata in terapia Familiare Sistemica Relazionale
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