Amiche per la pelle: relazioni simbiotiche tra donne

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L \\\'Autore di questo articolo è uno psicologo o psicoterapeuta.

“La odio, non la voglio più vedere!”.
E da quel giorno fu debellata, in un istante. Un’intera vita trascorsa insieme, una persona d’improvviso, cancellata. Come in un click, tasto: cancella.
Reset, ricomincio senza di te.

Erano amiche per la pelle. Si erano incontrate a scuola. Qualche istante e il patto di sangue era stato sancito. Quello che si stringe tra donne, perché ci si intende e, a quella complicità, non si vuole mai più rinunciare.

Gioie, dolori, amori, vacanze, promesse, divertimenti e struggimenti. Tutto insieme. E poi un giorno, di colpo una porta che si chiude, un capitolo alle spalle. Senza parole.

Quante di queste storie avete sentito o vissuto? Io innumerevoli.
Ciò che le contraddistingue è il carattere simbiotico e fusionale che questo tipo di amicizia porta con sé.

Amicizie simbiotiche

Certamente non tutte le amicizie al femminile hanno questo andamento. Per fortuna perché dove c’è simbiosi non si prospetta quasi mai nulla di buono.

Queste amicizie sono vissute come preziose, speciali, uniche, intense, totalizzanti. A farci caso non c’è mai un terzo incomodo, come ogni simbiosi prevede.

Il loro dispendio energetico dista di qualche centimetro soltanto da una relazione amorosa. Bisogna essere “portati” per questo tipo di simbiosi, che porta con sé una certa difficoltà ad emanciparsi dall’amicizia tipica dell’adolescenza.

Ci incappa la persona bisognosa che nell’altro cerca di colmare i propri vuoti affettivi instaurando un legame di stretta dipendenza affettiva. Ci incappa chi tende ad idealizzare l’altro che diventa il suo oggetto amato, preferito, perfetto, senza sbavature.

Un oggetto tutto-buono, ma che al primo sgarro si trasforma improvvisamente nel suo opposto: un oggetto tutto-cattivo, da annientare. In pratica un fuoco che brucia in un attimo, proprio come in adolescenza. E un pensiero bianco-nero, proprio come durante l’infanzia.

Insomma questo “luogo” comodo, accogliente e caldo diventa ricettacolo di emozioni intense, nel bene e nel male. Si tratta perlopiù di emozioni poco regolate e ponderate, con picchi alti e bassi, e poche sfumature. “Lei è la mia amica adorata e inseparabile”, e poco dopo: ”Lei è un mostro cattivo”.

La vicinanza e l’intimità che si generano in questo tipo di amicizia risvegliano automaticamente un alto tasso di fragilità che ricorda più un bambino che un adulto.

Le dinamiche fra le parti possono infatti sfociare nella manipolazione affettiva: ciò significa che si utilizzano alcune leve emozionali come il senso di colpa o il vittimismo che garantiscono di avere l’altro sotto controllo.

Insomma dietro all’amicizia simbiotica sembrerebbero vivere innumerevoli aspetti controversi.

Per quale motivo queste amicizie finiscono?

L’amicizia simbiotica si può rompere per esempio, per invidia o gelosia ma ancor più sovente perché una delle due parti non tollera nuove distanze o confini che vengono inseriti per ragioni di vita: un fidanzamento, un matrimonio, una gravidanza, un nuovo lavoro. Vengono percepiti come ciò che sottrae tempo alla relazione e quindi vissuti con senso di abbandono e rifiuto. L’unica strada è la rottura.

Per dirla in un altro modo: quando vedete due amiche a braccetto sappiate che dietro posso vivere innumerevoli aspetti controversi.

E sento già le voci di chi dice: “Io e Lei siamo amiche da una vita e non abbiamo mai avuto uno screzio, siamo come sorelle!”.
“Vero!”, risponderei.

Per fortuna non tutte le amicizie sono simbiotiche. Quando un’amicizia funziona significa che sappiamo vivere con i confini e ad una giusta distanza (piccola o grande che sia) senza necessariamente rinunciare a vicinanza ed intimità.

Significa che sappiamo prenderci cura delle nostre parti bambine e ancora bisognose senza pretendere che sia l’amica a farlo al posto nostro. Significa che sappiamo rispettare l’altro, le differenze, i difetti.

Significa in una parola, che nonostante la fragilità e qualsivoglia stato di sofferenza, possiamo essere abbastanza adulte.

 Autore: Cristina Radif, psicoterapeuta
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