Ansia: quali aree del cervello si attivano e come ristabilirne l’equilibrio

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor
L’ansia è il sintomo che qualcosa non va, che si è persa la bussola della propria esistenza e non si sa più come muoversi.

L’ansia è uno stato fisico, emotivo e psicologico e in sé non comporta connotazioni negative. In realtà è una risposta emotiva universale, che può avere intensità e cause diverse. Da un punto di vista evolutivo ad esempio, l’ansia ha avuto una funzione importante: ci ha permesso di sopravvivere e affrontare minacce e pericoli. Esistono fondamentalmente due tipologie di ansia, l’ansia normale e l’ansia patologica.

Ansia normale

Nella prima, lo stato di attivazione neuropsicologica avviene in seguito a uno stimolo reale. Tutte le risorse psicofisiologiche sono volte a gestire pericoli reali e mobilitare risorse operative personali per affrontare situazioni temibili. Al contrario, quando l’intensità, la frequenza e la durata di queste risposte aumentano, portando a una diminuzione dell’efficacia nella gestione delle minacce, l’ansia diventa patologica.

Ansia patologica

Nell’ansia patologica, le minacce sono solitamente legate a situazioni o eventi indefiniti che vengono considerate minacciose anche se non lo sono. Questo è il risultato di un’elaborazione cognitiva errata, che porta a una valutazione imprecisa della situazione. Il meccanismo dell’ansia è il risultato di attività neuropsicologiche reciprocamente continue, che si verificano molto rapidamente e sono quindi spesso difficili da controllare. Vediamo come funzionano questi processi

I centri cerebrali coinvolti nell’ansia

I meccanismi dell’ansia sono il risultato di una reciproca e costante attività neuro-psicologica che avviene in modo molto veloce e quindi spesso risultano difficili da controllare. L’ansia genera risposte somatiche, emotive e comportamentali che nascono dall’attivazione di specifici circuiti cerebrali. Ciò significa che ogni volta che sperimentiamo uno stato ansioso alcune strutture e circuiti cerebrali si attivano più di altre.

Questo garantisce una risposta comportamentale, nelle sue componenti corporea e cognitiva.  Utilizzando le tecnologie di imaging cerebrale, gli scienziati hanno scoperto quali aree del cervello giocano un ruolo significativo nella maggior parte dei disturbi d’ansia. Le principali strutture coinvolte sono:

Talamo

Struttura posizionata al centro del cervello dalla forma simile a un uovo. Funge da stazione di smistamento: ha il compito di elaborare le informazioni sensoriali provenienti per esempio dai nostri occhi o dalle orecchie e indirizzarle verso le diverse aree cerebrali deputate alla rielaborazione di queste informazioni;

Corteccia cerebrale

Tessuto che rielabora le informazioni sensoriali “assegnandogli un nome”. La corteccia comunica poi con le strutture più antiche del cervello, che a loro volta preparano il corpo alla risposta;

Amigdala

Struttura sita al centro del cervello, simile a una piccola noce, contiene le informazioni di apprendimento e di espressione della risposta di paura. Insieme agli altri elementi del circuito cerebrale si occupa di modulare le risposte comportamentali e corporee allo stimolo minaccioso;

Vie efferenti del circuito dell’ansia e della paura

Permettono di attivare risposte corporee come l’aumento del battito cardiaco e del tono muscolare, incremento del ritmo respiratorio e della sudorazione, le alterazioni della temperatura corporea e del sistema gastro-intestinale. L’attivazione di queste strutture è simultanea, reciproca ed è costantemente aggiornata.

Non siamo tutti ansiosi allo stesso modo

È opportuno sottolineare che l’attivazione dell’amigdala e delle conseguenti risposte è sempre subordinata all’interazione con le strutture corticali (quelle che danno un significato agli stimoli sensoriali). Inoltre, le risposte del soggetto variano in base alle sue caratteristiche biologiche e personali:

  • temperamento;
  • esperienze di vita;
  • situazione emotiva contingente.

Perciò l’attivazione dell’amigdala risulta fortemente correlata con la valutazione soggettiva che l’individuo fa dell’evento.

Diversi circuiti per diversi sintomi

Il circuito della paura appare focalizzato sull’amigdala, che attribuisce significato a uno stimolo e ne promuove la memoria emotiva. Allo stesso tempo, l’amigdala regola le risposte corporee/viscerali e comportamentali legate alla paura. Un’importante influenza sull’amigdala è fornita dalla corteccia prefrontale mediale, che ha un duplice ruolo:

  1. inviare informazioni circa la presenza della minaccia e la fine del rischio;
  2. modulare le risposte di paura. In questo circuito si attiva anche l’ippocampo (una struttura cerebrale situata al centro del cervello) che ha il ruolo di favorire l’apprendimento e l’attivazione della risposta di paura.

Nei diversi disturbi d’ansia sono state valutate possibili alterazioni relative ai circuiti implicati. Ciò è stato indagato tramite l’utilizzo di strumenti di neuroimaging, macchinari capaci di “scattare fotografie” del cervello.

In alcuni disturbi, come quello di panico, la fobia sociale e il disturbo post-traumatico da stress, si è osservata una maggiore alterazione dell’amigdala o dell’ippocampo. Nel disturbo d’ansia generalizzato si osserva invece un’alterazione nella corteccia, in particolare quella prefrontale e di alcune regioni del talamo in risposta a stimoli neutri.

Oltre alle alterazioni delle specifiche strutture cerebrali, nell’ansia si osserva una disregolazione di alcuni neurotrasmettitori, in particolare quelli che utilizzano la serotonina e la dopamina.

Anche gli equilibri ormonali possono influenzare l’ansia.

Gli ormoni dello stress hanno un effetto sulla chimica generale del cervello influenzando la produzione di neurotrasmettitori. Alcuni ormoni che influenzano il cervello includono:

L’adrenalina (o Epinefrina) è il neurormone più coinvolto nei sintomi dell’ansia. Il corpo lo rilascia quando il sistema di attacco o fuga è attivo, e provoca ad esempio l’aumento della frequenza cardiaca e della tensione muscolare. In alcuni casi, come detto sopra, lo stress che si protrae a lungo e l’ansia cronica possono danneggiare la capacità dell’organismo di equilibrare i livelli di adrenalina, questo comporta uno stato psicologico costantemente ansioso.

L’ormone tiroideo sembra regolare la quantità di serotonina, noradrenalina e acido gamma-aminobutirrico (GABA) prodotto e distribuito dal cervello. Problemi alla tiroide possono aumentare il rischio di sviluppare ansia.

E il corpo e la mente ne pagano le conseguenze!

Come sempre, del resto. Perché no, non si tratta di un qualcosa di curabile con un effetto placebo. L’ansia è davvero una patologia capace di limitare, se non addirittura di sopire del tutto, la capacità di vivere al pieno delle proprie forze fisiche e mentali. Ci logora dentro.

Lo dimostra quella forte sensazione di oppressione che si prova all’interno della cassa toracica. Come se dentro ci fosse un mattone che non si riesce a mandare giù, come se ci fosse qualcosa che stringa forte e non lascia alcuna possibilità di scampo. Anche il fisico ne paga il dazio con possibili attacchi di tachicardia e dolori cronici alla base della testa e al collo in un insieme di situazioni cliniche non facilmente risolvibili.

Come possiamo contrastare gli effetti dell’ansia?

Capita spesso che le persone cerchino di  combattere l’ansia evitando luoghi, persone e situazioni potenzialmente ansiogene. Il problema però è che evitando…evitando…evitando…riduciamo sempre più la vita e le sue possibilità (ad esempio non presentandosi ad un esame o ad un colloquio, evitando situazioni non conosciute, fino a non uscire di casa). E più evitiamo…più stiamo male…e quell’ansia diventa sempre più un demone dentro di noi.

L’ansia è una risposta fisiologica, non basta quindi ripetersi di calmarsi e che tutto andrà bene! Se il cervello stabilisce la presenza di un pericolo, i nostri ragionamenti serviranno a ben poco.  Però possiamo allenare la nostra attenzione e sviluppare un migliore controllo su di essa attraverso la consapevolezza..

È scientificamente dimostrato che esercitare la consapevolezza provoca lo sviluppo degli strati corticali nelle regioni del cervello che controllano l’attenzione in modo da ottenere una migliore focalizzazione. Aumenta anche l’attivazione di una delle aree della corteccia prefrontale che aiuta a controllare e ridurre le emozioni negative che possono provocare l’ansia.

Ma come possiamo essere più consapevoli?

Nuove abitudini, nuove routine! A volte cambiare qualcosa nel nostro tran tran quotidiano può fare la differenza. Fare una passeggiata, andare in bici, conoscere gente nuova, iscriversi a yoga… Tutto può cambiare. Anche la psicoterapia ad esempio aiuta a capire l’ansia e a controllarla, ristabilendo l’equilibrio psicofisiologico necessario a mantenere uno stato di benessere.

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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