Atteggiamenti tipici delle persone rigide

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Se credi di essere emotivamente rigida sappi che non c’è nulla di sbagliato in te, la rigidità emotiva è qualcosa che subisci oggi a causa di ciò che ti è accaduto ieri. Se non riesci a immaginare cosa, del tuo passato, abbia potuto segnarti così profondamente è naturale, si tratta di esperienze precoci delle quali non necessariamente sei consapevole. L’essere rigidi e inflessibili comprende una serie di stati emotivi che hai acquisito come risposta a esperienze d’infanzia complicate e spesso traumatiche.

Albert Einstein disse che: “la mente che si apre a una nuova idea non torna mai alla sua dimensione originale”. Ma aprire la mente è un esercizio complicato, molto più di quanto siamo disposti ad ammettere. Infatti, la rigidità mentale si comincia a costruire alla nascita. Ogni apprendimento non apre solo nuove porte ma ne chiude anche altre. Man mano che cresciamo e ci formiamo la nostra immagine del mondo ci riempiamo di stereotipi, credenze e pregiudizi, che sono molto difficili da rimuovere in futuro. Inoltre, la rigidità mentale non si riferisce solo alle idee ma soprattutto al modo di pensare.

Perché si è cosi rigidi verso gli altri e verso se stessi?

Molto spesso, in certi contesti familiari, si è cresciuti sentendosi dire “Prima il dovere e poi il piacere”, ma il piacere il più delle volte non arrivava mai, perché si poteva fare ancora meglio il dovere. Chi è cresciuto con un’educazione così rigida, con genitori ossessionati dal dovere, dalla morale e dalle regole, sviluppa poi una personalità poco indulgente con se stesso, e talvolta anche con gli altri. Il condizionamento educativo permane e il passato riaffiora inconsciamente nella frase “mi sentirò bene solo se sarò impeccabile, puntuale e perfetto”.

In effetti, non tutti i bambini ricevono le giuste attenzioni e se in tenera età hai dovuto gestire grossi carichi emotivi e turbamenti senza alcuna “validazione” su quello che stavi vivendo, ciò ha sicuramente lasciato un segno quasi permanente sulla tua psiche. Perché quasi? Perché un percorso psicoterapeutico potrebbe fare la differenza. Scegliere di recarsi da uno psicologo è una decisione che si matura con il tempo. Intanto che valuti e impari a conoscerti meglio, c’è qualcosa che puoi fare per imparare ad acquisire una maggiore flessibilità emotività.

  • Puoi imparare a fare chiarezza sulle tue esperienze passate, costruire una tua crono-storia quanto più fedele possibile ai fatti.
  • Puoi guardare le tue emozioni con occhio critico, con diverse prospettive (perché provo questo? Quando è stata la prima volta che mi sono sentita così? E’ giustificata questa rigidità emotiva in base al contesto vissuto? …..?).

Ricostruire e fornire delle risposte non è affatto facile, eppure riuscire a fare chiarezza sul proprio mondo emotivo è la cosa più utile che puoi fare.

10 caratteristiche delle persone emotivamente rigide

la rigidità emotiva caratterizza alcune fasi della nostra età evolutiva, è anche tipica di alcuni disturbi di personalità. L’instabilità emotiva si riferisce alla tendenza di realizzare le cose in maniera attenta e ordinata, il loro desiderio di perfezione e di eseguire ogni attività a regola d’arte spesso interferisce con la capacità di completare un compito. Volendo fare un esempio, chi ha un comportamento rigido è più preoccupato di ritrovare la lista della spesa smarrita anche  cercarla comporta più fatica rispetto a riscrivere la lista da capo. Questo tipo di inflessibilità tipicamente si estende anche alle relazioni interpersonali: tale personalità è altamente controllante e rigida, insiste sul fatto che c’è un solo metodo (il loro) per, ad esempio, piegare il bucato, tagliare l’erba, guidare un’auto o scrivere un documento.

La persona rigida è sempre attenta, sempre indaffarata, non può concedersi tempo per sé perché non ne ha, non può permettersi alcun piacere perché si sente in colpa.. e, soprattutto, non può permettersi debolezze perché sa che le costerebbero più di quanto possa permettersi.

Chi ha acquisito un comportamento rigido si è protetto da bambino bloccando l’accesso a qualsiasi impulso e desiderio potesse creare problemi; anche la sua postura è rigida e spesso sta con le braccia incrociate a dimostrazione dello sforzo che fa per bloccare le emozioni;  con questa postura comunica: “non aprirò mai il mio cuore, non avrai più il mio amore, mi hai fatto soffrire e non voglio più sentire dolore”. Quanto più è grave la rigidità del carattere e quanto più i movimenti diventano poco aggraziati e scoordinati.

Il sentimento che predomina nella persona rigida è la Paura e proprio per questo non si concede e, quando lo fa, tende subito a Sentirsi in Colpa, per sprecato tempo prezioso e per essersi permesso qualcosa. Siccome nella sua vita gli è sempre stato fatto presente il miraggio di un Merito che poi non è mai arrivato perché nessuno glielo ha mai riconosciuto, vive con la sensazione di non Meritarsi nulla per cui, quando si concede qualcosa, lo deve in qualche modo pagare con un senso di colpa autoindotto.

Nel rigido non vi è alcun equilibrio tra piacere e dovere; tutto si riduce al secondo, generalmente per il primo non c’è tempo… perché c’è sempre qualcosa di più urgente ed imperativo da fare.

A questo si aggiunge il fatto di non aver mai potuto contare sul mondo esterno; la rigidità nasce proprio dall’essersi dovuti inventare un’autonomia troppo presto senza avere ancora la struttura interna che potesse supportarla; tutto questo ha portato a non poter chiedere aiuto, cosa che dovrà invece imparare a concedersi, per evitare di creare così tanta resistenza attorno da impedirsi poi qualsiasi contatto vero. Riconoscere la sua fragilità e il suo bisogno di aiuto sono passi essenziali al superamento dei suoi problemi. Riassumo dunque le caratteristiche delle persone emotivamente rigide

1. Non hanno un buon rapporto con le emozioni

Non hanno mai imparato a riconoscere e validare le proprie emozioni. Il processo di alfabetizzazione delle emozioni avviene gradualmente, fin dai primi mesi di vita ma non avviene spontaneamente. Tale processo dovrebbe essere “guidato” dal genitore.

Quando l’alfabetizzazione delle emozioni non avviene in modo ottimale, la persona sviluppa un’emotività immatura che le consente di vivere e riconoscere tendenzialmente solo alcune delle emozioni primarie che, per loro natura, sono le più marcate: rabbia, paura (ansia), gioia, tristezza (se si cronicizza, depressione)… si perdono tante sfumature e il volume delle emozioni esperite non viene regolato.

Le emozioni che dovrebbero guidare, perdono la loro funzione e spesso chi è emotivamente rigido si ritrova in balia di stati d’animo. Altri problemi che possono riguardare la mancata alfabetizzazione delle emozioni sono l’alessitimia (non provare nulla/non sapere cosa si prova) e talvolta l’anaffettività. In questi casi si sfocia nell’ammutinamento emotivo, nel “negare” e “non riconoscere” il proprio mondo interiore.

2. Hanno un eccessivo senso di giustizia

Più che scrivere che hanno un eccessivo senso di giustizia, sarebbe più corretto affermare che hanno una scarsa tolleranza all’ingiustizia perché vivono tutto come un affronto personale, come qualcosa di “inaccettabile”.

Un’auto sorpassa la fila? E’ una catastrofe! Oggettivamente se un’auto passa prima al semaforo o sulla rampa della tangenziale… la nostra vita non cambia! Tuttavia chi è emotivamente rigido può vivere una situazione del genere con una forte frustrazione. Stesso discorso se la commessa è un po’ lenta oppure, se tra la folla, qualcuno le sfiora una spalla senza chiedere scusa!

Le ingiustizie non sono belle per nessuno, così come la maleducazione non è apprezzata. E’ chiaro che dei comportamenti possono infastidire, ma quello che sperimentano le persone poco flessibili non è un semplice fastidio ma qualcosa di più radicato. Ogni ingiustizia viene vissuta così amaramente perché rimarca un torto ancestrale, una ferita passata ormai dimenticata dalla coscienza che però lavora ancora in background. La ferita delle mancate attenzioni ricevute durante l’infanzia.

3. Vivono malissimo le costrizioni

Mattia odia fortemente il suo datore di lavoro, lo reputa un opportunista, una persona dalla bassa statura morale e anche poco capace! Tuttavia il datore di lavoro di Mattia fa beneficenza, è una persona di successo e, come qualsiasi imprenditore, bada agli utili della sua azienda. Il datore di lavoro di Mattia non è mai stato scorretto e ha una condotta naturale per la posizione che occupa (quale datore non farebbe gli interessi della propria azienda?).

L’avversione di Mattia ha una spiegazione più profonda. Mattia odia essere subordinato a qualcuno, non sopporta l’idea di dipendere e di dover dare conto… il suo “capo” è l’emblema di tutto ciò. Ogni qual volta che Mattia si sente costretto a fare qualcosa esprime una forte insofferenza.

Anche in questo caso è importante sottolineare che le costrizioni non piacciono a nessuno, ma mentre una persona emotivamente stabile riesce ad adattarsi in modo funzionale e ad accettare i compromessi, chi è emotivamente poco flessibile fa tutto con più fatica covando costantemente frustrazione.

Il segnale attivato dalle costrizioni è lo stesso vissuto per le ingiustizie. Se non fosse chiaro, il segnale attivato dall’ingiustizia è la rabbia (e l’angoscia) che non è tanto per l’evento reale, quanto per la possibile riattivazione di traumi psichici vissuti nella situazione di impotenza infantile.

4. Fanno continue proiezioni

L’Io, per Freud, è quell’istanza preposta alla coscienza, ma è anche la sede dei meccanismo di difesa che operano principalmente a livello inconscio. E’ difficile capire quando e quanti meccanismi di difesa entrano in gioco ogni giorno. Solo un attento lavoro di psicoterapia potrebbe fare chiarezza al riguardo, ciò significa che questa caratteristica è difficile da individuare.

La proiezione è un meccanismo di difesa arcaico e primitivo che consiste nello spostare sentimenti o caratteristiche propri, o parti del Sé, su altri oggetti o persone. Ecco un esempio eclatante. Luigi è il classico macho è estremamente maschilista e omofobo… ma in realtà nasconde un’omosessualità latente. La sua omofobia nasce dalla mancata accettazione di una parte di sé. Chi ha visto American Beauty ha presente un esempio molto simile.

Un altro esempio di proiezione molto comune: si detesta una persona di bell’aspetto e di successo perché non si accetta e riconosce il proprio fallimento in un ambito. Oppure, banalmente, Tiziana afferma: “Anna è una poco di buono! E’ una donna facile… non la frequenterei mai!”. Anna indossa spesso gonne corte e frequenta club esclusivi. Chi la critica, probabilmente vorrebbe indossare gonne corte ma il suo super-io (o il suo aspetto) glielo impediscono.

Certo, se Anna ha danneggiato Tiziana, Tiziana ha un buon motivo per criticarla… tuttavia se Anna non ha mai urtato Tiziana, le critiche di Tiziana sono del tutto gratuite e ci raccontano molto più di Tiziana di quanto facciano sul conto di Anna! Spesso sbagliamo ed etichettiamo la proiezione con il nome di invidia. In realtà invidia e proiezioni sono concetti affini che molto diversi. Quindi, per chiarezza, chi è emotivamente cieco non è necessariamente invidioso ma solo inconsapevole dei suoi vissuti interiori.

5. Attuano continui meccanismi di difesa

La proiezione non è l’unico meccanismo di difesa che caratterizza l’esistenza di queste persone. Rimozione primaria e secondaria, somatizzazione (ipocondria), svalutazione, idealizzazione, moralizzazione , sessualizzazione, spostamento e sublimazione.

Tra i meccanismi di difesa dell’io, la sublimazione è forse il più evidente. Ci si chiede spesso perché alcune persone possono essere così sensibili e perseveranti nell’aiutare piccoli cuccioli trovatelli ma completamente insensibili verso mendicanti o vagabondi… La “sublimazione” è un meccanismo di difesa che incanala una pulsione primitiva in un’attività socialmente accettate.

Anche lo spostamento è un meccanismo di difesa molto comune. Per esempio, una donna dipendente che non riesce a ribellarsi ai genitori, potrebbe spostare la sua frustrazione sul marito e ritenerlo responsabile delle sue mancanze. Per tornare agli animali, molte persone che si sfogano su animali indifesi stanno semplicemente attuando un meccanismo di difesa, poiché sono impotenti e non riescono a canalizzare la loro rabbia verso l’oggetto reale, la riversano sui più deboli (animali, bambini, senzatetto…).

6. Distorsioni cognitive

In realtà anche le distorsioni cognitive sono meccanismi di difesa dell’io. Dal preconscio al conscio, l’IO opera una censura che seleziona i contenuti ed è responsabile del livello di attenzione (decide su cosa focalizzarsi, cosa ricordare, che significato dare alle cose…). Le distorsioni cognitive sono bias, sono errori di attribuzione che commettiamo al fine di proteggerci da qualcosa di sconveniente.

Marco realizza la sua seconda mostra fotografica, la prima è stata un vero successo e ha grosse aspettative per questa seconda avventura. Purtroppo la critica fa a pezzi il lavoro di Marco che, piuttosto che ammettere il suo fallimento e mettersi in discussione, afferma: “gli spettatori non sono stati capaci di capirmi e i critici avevano bevuto un po’ troppo, dovrebbero fare meglio il loro dovere!”.

Le distorsioni cognitive cercando di proteggere un IO fragile, sono quanto più marcate quanto è più forte la fragilità. Hanno però dei grossi effetti collaterali in quanto impediscono di crescere: se Marco non si mette in discussione, non potrà mai migliorare.

7. Non sono consapevoli delle loro ferite interiori

Sono emotivamente ciechi e non riescono a districare la matassa emotiva che si portano dentro. Non riescono a riconescere quali ferite si trascinano dal passato  poiché spesso si infiltrano nelle sfumature più profonde del loro essere.

8. Pretendono di dover controllare tutto

La paura di doversi adattare a contesti diversi è uno dei tratti più estenuanti perché si traduce nella pretesa di voler controllare tutto, senza lasciare nulla al caso. Purtroppo non tutti si può controllare. Voler controllare tutto a tutti i costi è il sintomo più comune di una profonda insicurezza esistenziale ed è anche sinonimo di ansia.

9. Sono competitivi

Sebbene loro stessi parlino abbastanza duramente degli altri. L’interazione con le persone avviene spesso attraverso la competizione. Raramente cercano aiuto. Di solito tutti i problemi si risolvono da soli. Non condividono i loro problemi con i propri cari.

Riprendere il controllo della propria vita

La premessa più importante per sbarazzarsi della rigidità mentale consiste nel non cercare una verità assoluta, semplicemente perchè non esiste. Ogni volta che ci convinciamo di una verità assoluta significa che smettiamo di cercare in quella direzione e, quindi, che iniziamo a morire un po’ ogni giorno in quel campo

E’ chiaro, chi è emotivamente rigido conosce poco se stesso e, seppur è dura da ammettere, nonostante la sua apparente attitudine al controllo, non ha la minima padronanza della sua vita perché è in balia degli eventi e delle emozioni. Dover lavorare sulla propria emotività potrebbe sembrare un lavoro estenuante: districare una matassa di vissuti, significati nascosti, emotività e ferite, non è affatto semplice… ma non deve spaventare. Tutti dovrebbero avere la volontà di conoscersi davvero e di aprire gli occhi su quella che è la propria vita!

Come uscirne?

Una volta adulti, è davvero arduo spezzare il modello rigido. Pensa che tu, fin da bambino, non hai assolto il classico ruolo di figlio ma hai avuto una funzione tutt’altro che nobile, quella di soddisfare tua madre (o tuo padre, a seconda dei casi). Diventare consapevoli che l’amore che meritavi non ti è mai stato concesso, può essere molto doloroso, perché di fatto, quando un genitore “usa il figlio” per soddisfare i propri bisogni, non lo sto amando ma appunto, lo sta usando. Per uscirne hai bisogno di lavorare su te stesso…hai bisogno di imparare ad amarti

Amare sé stessi significa prima di tutto prendersi cura del proprio benessere, cercando ciò che ci fa stare bene e allontanando ciò che ci fa soffrire. Arrivare a questo risultato è un percorso lungo e difficile, che richiederà di accettare ogni sfumatura della tua personalità e ogni aspetto di te, inclusi i difetti. Per amarti, dovrai imparare a non giudicarti e ad agire per il tuo bene.

Ciò significa che devi astenerti dal giudicare le scelte che hai fatto e gli errori che hai commesso. Sii un osservatore esterno e guarda con distacco ciò che è successo: riuscirai a suddividere più lucidamente la tua parte di responsabilità da quella che deve essere attribuita ad altro (o ad altri). Per quella che è la tua responsabilità, perdonati: sei una persona, e le persone sbagliano. Rivolgi la stessa compassione che offri sempre agli altri a qualcun che se la merita davvero: a te.

Abbraccia la vita e le sue sfide, i suoi imprevisti e i suoi ostacoli, con la piena consapevolezza che potrai forse perdere, ma che se non lotti affatto, allora avrai già perso in partenza…….Non è mai troppo tardi per ricominciare a SOGNARE. Inizia da questo momento a pretendere qualcosa di più da te stesso. Guardati allo specchio e riconnettiti con te stesso. Dittelo guardandoti negli occhi: quello che voglio è importante, io sono importante, la mia felicità è importante. Sii presente durante il corso della tua giornata e verifica se metti in pratica ciò che ti eri riproposto di fare per volerti bene.

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A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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