Secondo la letteratura, i figli di genitori depressi hanno un rischio notevolmente maggiore di sviluppare disturbi dell’umore. Recenti studi suggeriscono che i potenziali meccanismi di rischio siano dovuti alle anomalie di elaborazione delle informazioni nella prole di genitori depressi, quali l’attenzione e i bias della memoria.
In questo studio è stato esaminato un altro ambito di elaborazione delle informazioni, la sensibilità percettiva agli stimoli delle emozioni nelle espressioni facciali (come la tristezza), come potenziale meccanismo di rischio che caratterizza i figli di genitori depressi.
Nello specifico i ricercatori hanno esaminato se la maggiore sensibilità percettiva di stimoli tristi era un potenziale meccanismo di rischio in questi soggetti. Questi bambini possono essere meno portati ad interagire socialmente con i coetanei quando notano tracce sottili di tristezza; ciò non sarebbe sorprendente dato che la depressione diminuisce la qualità dell’interazione genitore-figlio (Hammen, 2009) e quindi questi bambini possono associare tristezza negli altri, avendo così scarse esperienze interpersonali.
Inoltre questi bambini hanno più probabilità di identificare la tristezza nelle espressioni dei loro genitori rispetto ai loro coetanei a basso rischio, e quindi rispondono provando loro stessi un’emozione negativa.
Tuttavia è anche possibile che la sensibilità osservata per le espressioni tristi/ alla tristezza possa non svolgere un ruolo attivo nello sviluppo della depressione, ma piuttosto riflettere delle abilità cognitive specifiche e di adattamento, sviluppate a causa della maggiore esposizione alle facce tristi/ alla tristezza nel loro ambiente familiare.
Sorprendentemente è stata osservata una maggiore sensibilità percettiva tra i ragazzi ad alto rischio, ma non tra le ragazze ad alto rischio; è possibile che questi risultati riflettano le differenze di genere come i veri fattori di rischio per la depressione (e precedentemente il riconoscimento della tristezza).
I ragazzi ad alto rischio potrebbero aver sviluppato una maggiore capacità di rilevamento della tristezza in risposta alle differenze nel modo in cui i genitori interagiscono con i ragazzi e le ragazze ad alto rischio. Cioè i ragazzi hanno più probabilità, rispetto alle ragazze, di ricevere elevati tassi di punizioni corporali (Dietz, 2000; Gershoff, 2002) e la depressione nei genitori aumenta il rischio di usare una disciplina dura nei loro confronti (Eamon, 2001; Woodward & Fergusson, 2002). Così, essere in grado di identificare sottili tracce di tristezza nei genitori depressi può essere un’abilità adattiva per i ragazzi ad alto rischio.
Sebbene nella maggior parte delle ricerche si suggerisca che la depressione materna sia associata ad un maggior rischio rispetto alla depressione paterna (vedi Connell & Goodman, 2002; Hammen, 2009), alcune caratteristiche dei padri depressi (ad esempio leggeri segnali di tristezza) avrebbero potuto influenzare i risultati in questo studio. Ad esempio, i padri depressi sono fino a quattro volte più propensi ad utilizzare punizioni fisiche rispetto a genitori non depressi (Davis, Davis, Freed, e Clark, 2011), e quindi, come detto in precedenza, la capacità del bambino di riconoscere la depressione (e precedentemente la tristezza) potrebbe essere particolarmente adattiva.
Come è stato condotto lo studio
Lo studio ha incluso 64 bambini a rischio familiare di depressione e 40 coetanei a basso rischio di età compresa tra 7 e 13 anni. Ai partecipanti sono state presentate immagini di espressioni facciali al computer (prese dal manuale F.A.C.S. Di Ekman), che variavano di intensità emotiva da neutra a tristezza intensa o rabbia intensa (compito di riconoscimento delle emozioni), o immagini di volti con effetto morphing che passavano dalla rabbia alla tristezza (compito di discriminazione delle emozioni). Dopo ogni immagine, i bambini indicavano se il viso mostrava un’emozione specifica (ad esempio, tristezza, rabbia) o nessuna emozione (neutro) utilizzando un paradigma di scelta forzata (premendo un bottone per scegliere quale delle due emozioni prevaleva). Sono state esaminate le differenze di gruppo nella intensità delle emozioni, il che ha suggerito una maggiore sensibilità alle emozioni specifiche.
Nel compito di riconoscimento delle emozioni, i ragazzi (ma non le ragazze) ad alto rischio di depressione hanno identificato la tristezza a livelli significativamente più bassi di intensità emotiva rispetto ai loro coetanei a basso rischio. I gruppi ad alto e basso rischio non differivano però per quanto riguardava l’identificazione della rabbia.
Nel compito di discriminazione delle emozioni, entrambi i gruppi hanno visualizzato una sovra-identificazione di tristezza nel compito di visualizzazione di volti misti ambigui (tristezza o rabbia?), ma giovani ad alto rischio hanno avuto meno probabilità di mostrare questo bias di etichettatura rispetto ai loro coetanei.
In particolare, se la differenza osservata nella identificazione della tristezza era dovuta ad una tendenza da parte dei ragazzi ad alto rischio di etichettare le facce ambigue come tristi (bias di etichettatura), ci si sarebbe aspettati di vedere tale distorsione nella tristezza versus la discriminazione della rabbia, ma questo non è successo.
Al contrario, nella condizione tristezza vs. rabbia, entrambi i gruppi ad alto e basso rischio tendevano ad etichettare le facce ambigue che avevano una maggiore proporzione di rabbia come segnali di tristezza, (anche se questa tendenza era in realtà inferiore nei bambini ad alto rischio). Questo suggerisce che entrambi i gruppi hanno mostrato una tendenza di sovra-identificazione della tristezza sui volti che avevano tracce di entrambe le emozioni (tristezza e rabbia); pertanto, l’effetto di sovra-identificazione della tristezza è presente in entrambi i gruppi e può riflettere una difficoltà legata all’età nel riconoscimento di segnali di rabbia sui volti con emozioni miste come rabbia-tristezza.
I risultati dello studio
In conclusione i risultati indicano che i giovani figli maschi di genitori con una storia di depressione potrebbero avere maggiore sensibilità percettiva verso gli stimoli facciali che riportano tristezza. Questa insolita abilità potrebbe essere un meccanismo che contribuisce allo sviluppo di depressione nella prole di sesso maschile di genitori depressi.
Studi futuri dovrebbero esaminare se le differenze individuali nella sensibilità a riconoscere stimoli legati alla tristezza tra bambini ad alto rischio predicono l’insorgenza o la gravità dei disturbi depressivi mentre passano attraverso le fasi dell’adolescenza fino ad arrivare all’età adulta.
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(Tratto dalla rivista scientifica The Journal of Child Psychology and Psychiatry 2013, by Nestor L. Lopez-Duran, Kate R. Kuhlman, Charles George, and Maria Kovacs)