Parlare di disturbi di personalità non è mai facile e soprattutto descriverne la genesi è un compito estremamente difficile! In questa pagina cercherò di semplificare al massimo concetti complessi e farò riferimento ai soli fattori ambientali e alle più recenti teorie sulla genesi del disturbo borderline di personalità.
La personalità e il concetto del sé, in ogni individuo, si strutturano precocemente, nei primi anni di vita. E’ chiaro che in un soggetto borderline qualcosa va storto e molto è riconducibile al legame con le figure di riferimento, mamma e papà.
Il ruolo cruciale della figura di riferimento: il rapporto con la mamma
Durante l’infanzia non impariamo soltanto a camminare, parlare, leggere e scrivere: in questa fase impariamo molto su noi stessi e sul mondo che ci circonda. Le cose che apprendiamo su noi stessi sono la sintesi delle cure elargite dalla nostra figura di riferimento, mamma e papà.
Il legame con la figura di riferimento rappresenta la prima forma di relazione nella vita psichica del bambino. L’attaccamento che si instaura tra il bambino e la sua figura di riferimento (in genere la mamma) rappresenta quella dimensione attraverso la quale il bambino riuscirà a gettare le basi della sua personalità.
Attraverso il legame materno, il bambino, riuscirà a creare delle “griglie di lettura della realtà”. In psicologia si chiamano Modelli Operativi Interni e sono degli “schemi” che facilitano al bambino il compito di “interpretare la realtà” e prevedere il comportamento altrui.
L’attaccamento con la figura materna non è sempre solido e sano. Il legame tra mamma e bambino può essere disfunzionale e innescare una distorsione del Sé, in altre parole il bambino sviluppa una personalità mal strutturata che può tradursi in disturbo borderline, disturbo narcisistico, disturbo di pendente e così via.
La mamma incoerente
Abbiamo descritto l’attaccamento con la figura di riferimento (in genere la mamma), come la dimensione attraverso la quale il bambino impara a “leggere e interpretare se stesso e la vita”. Gli stili di attaccamento, in psicologia, sono classificati in base a due costrutti dell’esperienza:
- sicurezza e insicurezza
- organizzazione e disorganizzazione
In genere è l’attaccamento disorganizzato che è correlato all’insorgenza di psicopatologie e tra queste anche il disturbo borderline di personalità.
Attenzione!
A determinare un disturbo di personalità non è “il grado di risposta positiva del genitore alle esigenze del figlio”. A determinare un cattivo equilibrio emozionale è l’integrità della relazione.
Chi, da adulto, si ritrova con un disturbo di personalità è perché durante l’infanzia non è riuscito ad avere una rappresentazione di sé e dell’altro (figura di attaccamento) coerente ma aveva incessantemente segnali discordanti che non gli hanno consentito di strutturare le basi per un sé unitario.
Quando si parla di stili di attaccamento, molti di voi avranno sicuramente sentito parlare di attaccamento sicuro, attaccamento insicuro-evitante, attaccamento insicuro-ambivalente… Questi stili di attaccamento presentano tutti un sufficiente grado di coerenza interna.
Si sente meno parlare del modello disorganizzato-disorientato che è caratterizzato da una figura di riferimento che attua comportamenti incoerenti, contraddittori e non finalizzati.
Disturbi di Personalità: i semi nell’infanzia
Arriviamo finalmente a parlare del disturbo borderline di personalità. Il segno distintivo di un disturbo di personalità è il modo in cui l’individuo adulto riesce a costruire un universo disfunzionale intorno a sé. Questo avviene perché al soggetto, quando era bambino, non gli sono stati forniti gli strumenti sufficienti per interpretare bene la realtà e strutturare un sé sicuro e unitario. Provo a spiegarvi meglio!
Un bambino che cresce con una figura d’attaccamento spaventata e spaventate o che comunque mostra atteggiamenti motivati da dolore, collera esplosiva, paura, rabbia, tristezza incontrollabile…. non riuscirà a strutturare un’immagine di Sé unitaria e avrà problemi a leggere la realtà.
Questo accade perché il bambino, se si allontana dalla sua figura di attaccamento, perde il conforto che a tratti la mamma potrebbe dargli. D’altro canto, se il bambino si avvicina in cerca di rassicurazioni, rischia di essere spaventato dalla stessa mamma. Con una mamma oscillante, anche il bambino oscilla continuamente tra la tendenza all’avvicinamento e la tendenza all’evitamento della figura di riferimento.
In questo contesto, il bambino non può organizzare un comportamento coerente ne’ in un senso, ne’ nell’altro. La conseguenza diretta è che il bambino avrà delle rappresentazioni di Sé e dell’altro (della mamma) multiple e incoerenti tra loro. Al bambino arrivano continuamente segnali incoerenti e che cozzano tra loro.
Anche se il bambino non ne è consapevole, inizia a percepire la mamma in diversi modi:
- come fonte di conforto, come un rifugio
(come il suo salvatore) - come fonte di pericolo, a causa di esplosioni di rabbia
(come il suo persecutore) - come una persona vulnerabile e da accudire
(come una vittima)
Vi ricordate che all’inizio abbiamo descritto l’attaccamento come la dimensione attraverso la quale il bambino inizia a gettare le basi della propria personalità? Ecco! In queste molteplici rappresentazioni della sua figura di riferimento, il bambino sviluppa molteplici rappresentazioni di sé. Il bambino si percepisce al tempo stesso come:
- come persecutore
pensa di essere la causa della sofferenza che percepisce nel genitore - Come vittima
si sente impotente, in balia della paura che gli incute il genitore
- Come salvatore
accudente, si trasforma nel genitore del suo genitore.
Il bambino, sottoposto a uno scenario simile, continuo e quotidiano, vive una sorta di perpetuo trauma che per alcuni Autori prende il nome di trascuratezza emotiva.
La trascuratezza emotiva innesca, nel bambino, un vissuto interno di sfiducia, negatività e incertezza
Le ferite emotive inflitte al bambino che è costantemente esposto a una situazione di squilibrio emotivo determinano effetti immediati in termini di regressione a un livello borderline di funzionamento mentale.
L’adulto con disturbo borderline di personalità, da bambino non ha imparato a raccontare il suo dolore e a dare un senso e un nome alla sua sofferenza interna perché non ha ricevuto le dovute cure e attenzioni. Gli adulti con disturbo borderline di personalità sono estremamente impulsivi proprio perché da bambini sono rimasti a digiuno di emozioni: da bambini vivevano una cascata di emozioni incoerenti, discordanti e impossibili (per un bambino) da riconoscere/gestire.
Il problema è che i bambini vivono in balia delle emozioni dei genitori e non tutti i genitori hanno la cultura di impartire una buona educazione emotiva modulando, in primis, il proprio atteggiamento relazionale. I genitori tendono a sottovalutare l’importanza fondamentale della fase dell’infanzia, dimenticano che i bambini sono spugne: anche da adulto, un soggetto borderline, rimarrà una spugna emotiva.
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Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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