Che infanzia ha avuto un adulto che non sa amare

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

È luogo comune pensare all’infanzia come un’epoca spensierata, fatta di giochi e sonnellini. Purtroppo da bambini le cose non funzionano così. Non abbiamo memoria dei primi anni di vita perché alcune strutture cerebrali, come per esempio l’ippocampo, non si sono ancora formate. A quell’epoca, però, è già ben strutturata l’amigdala, la principale sede delle nostre memorie emotive o memorie implicite. Pochi si soffermano a rifletterci, ma cosa siamo noi se non un insieme di esperienze? Cosa siamo noi se non le nostre memorie? Ebbene, se le memorie esplicite sono disponibili e accessibili in ogni momento, lo stesso non vale per le memorie implicite. Stanno lì, fissate, condizionano le nostre risposte istintive e i nostri comportamenti senza darci un perché. Facciamo adesso un passo indietro: quali sono gli apprendimenti impliciti che acquisiamo da bambini e che ci condizionano da adulti? L’argomento ha scomodato tutti nel mondo della scienza e tanto è stato teorizzato sul concetto di imprinting.

Non tutti sono in grado di adempiere in modo funzionale al mestiere di genitore

Crescere un bambino è un intervento delicato e complesso che richiede non solo conoscenze tecniche, ma soprattutto attenzione, sensibilità, capacità creativa. Significa aiutare un figlio a sviluppare le sue potenzialità e a diventare indipendente. E’ difficile ammettere di non sapere fare il genitore. Eppure è una cosa che succede molto più spesso di quanto dovrebbe. Ed è sufficiente guardare un bambino non amato per individuare quelle tracce indelebili lasciate dalla mancanza d’affetto. C’è una differenza abissale tra un bimbo amato e accettato e uno che non lo è.

Il premio Nobel Konrad Lorenz definì l’imprinting come la fissazione di un istinto innato su un determinato oggetto. L’oggetto doveva essere apparso in un periodo sensibile (dopo la nascita) ed essere disponibile a fornire cure primarie (cibo e riparo). Lorenz, alimentando un gruppo di piccoli anatroccoli appena schiusi, ne diventò l’oggetto. Gli anatroccoli lo seguivano ovunque e svilupparono per lui una sorta di attaccamento. Come gli anatroccoli di Lorenz anche noi, da bambini, sviluppiamo un intenso attaccamento e costruiamo la nostra vita emotiva intorno al tipo di interazioni che abbiamo avuto con chi ci ha accuditi. Un bambino che diventa adulto è esattamente come quell’anatroccolo dell’esperimento di Lorenz. Quelle interazioni sono il nostro imprinting. (Tratto dal libro “Riscrivi le pagine della tua vita”)

Purtroppo, molte sono le famiglie disfunzionali, violente, assenti o svalutanti

Ecco che, in questi contesti, il bambino nasce e cresce non sentendo intorno a sé e verso di sé quell’amore gratuito, quel “ti amo soltanto perché sei tu, così come sei, senza dovermi dare nulla in cambio”. Ed è in questo modo che il bambino diventerà adulto con la convinzione di non essere amabile, degno di quell’amore gratuito che solo una mamma e un papà possono dare. Accade così che le persone che hanno dentro di sé questa ferita si sentano inadeguate, sbagliate, fuori posto. Sempre!

Sicuramente guardandoti intorno e paragonando alcuni ambiti della tua vita a quelli degli altri, ti sarai sentito “più indietro” e ti sarai anche incolpato per questo. Quando fallisci in un compito presupponi che la responsabilità sia sempre tua. In fondo, nessuno dice: “Le mie relazioni sono sempre sbagliate perché non ho ricevuto le validazioni che mi spettavano”, oppure “Spreco il mio tempo e finisco per procrastinare i miei obiettivi perché non ho avuto il supporto di cui avevo bisogno quando ero bambino”, eppure sono queste le spiegazioni profonde che dovremmo cercare e ancora di più “sentire”. Conoscerle non giustifica i nostri fallimenti, ma ci dà una spiegazione, ci fa capire che non c’è nulla che non va in noi e che ci stiamo comportando solo come ci hanno implicitamente insegnato gli altri importanti. (tratto dal mio libro “Riscrivi le pagine della tua vita”)

La mancanza di affetto da bambino ti ha fatto diventare l’adulto che sei oggi

Alla nascita, un bambino cerca la protezione dei suoi genitori nell’amore emotivo della madre e nella sicurezza del padre. Privato di questi sentimenti, può avvertire tristezza, angoscia, persino mancanza di autostima. Alcuni bambini saranno persino persuasi da questi sentimenti convinti di non meritare l’amore dei loro genitori e convivranno con questa disaffezione finendo per renderla una sensazione normale.

In effetti, nessun bambino è in grado di pensare che i genitori sbagliano, non lo può pensare, può solo sentirsi non amabile. Dato che vive in un mondo imperfetto ha la percezione che le imperfezioni che il mondo gli mostra derivano dal fatto che lui è imperfetto. E così si sforza di adattarsi al mondo per sforzarsi di essere come i genitori credono che lui sia.  Questo dolore dell’amore è ancora più grave nel caso in cui il bambino subisce abusi o violenza. Le conseguenze sono serie e possono influenzare le relazioni e i comportamenti futuri. Inevitabilmente tutte le problematiche con l’affettività, le traferirà dentro la sua coppia e le proporrà come dote affettiva ai figli che verranno.

Un bambino che si scontra con la dolorosa realtà di non sentirsi sufficientemente amato dai suoi genitori, spesso si deve misurare con un doloroso senso di colpa e con laceranti interrogativi sul proprio valore: “Se non mi amano è perché non lo merito”. Un bambino che non è amato percepisce il mondo come una minaccia, si sente solo e farebbe di tutto per poter cambiare le cose. Privato di affetto diventa molto sfiduciato. Mostra molti segnali di confusione e di inquietudine.

Il caso clinico di Maria…per rendere meglio il concetto

«Maria non è stata mai amata dai genitori. Ha fatto di tutto per richiamare la loro attenzione: ha urlato, distrutto i mobili della sua camera, ha preso brutti voti a scuola, li ha presi belli, ha ricevuto un premio per il miglior tema. Nulla ha scalfito l’indifferenza dei suoi genitori. Erano sempre concentrati a parlare di soldi, a lavorare, a litigare, a fare le loro cose… Maria si sentiva un soprammobile, un oggetto abbandonato.

La mancanza d’amore dei genitori di Maria non potrà mai essere cancellata. Tale ferita si è tradotta in bisogno esasperato di amore senza condizioni. Oggi, Maria sposta questa sua richiesta sulla figura di riferimento più vicina: il partner di turno!

Maria è adulta ormai, ma le sembra di rivivere sempre lo stesso un copione esistenziale; si sente bisognosa, dipendente… si sforza continuamente di ricevere amore, non soltanto da papà e mamma, ma da ogni persona che riveste una qualche importanza. Agisce verso se stessa e nei confronti di quelli che ama,  con quello che ha imparato: il disamore. Ha difficoltà a relazionarsi, a empatizzare; la sua frustrazione maggiore è proprio quella di avere un bisogno e non sapere qual è. Proprio cosi! Perché un bambino che ha sperimentato l’assenza d’amore, da adulto non sarà mai capace di “amarsi”, “amare” e, soprattutto, “lasciarsi amare”.

Maria rappresenta tutti quei “bambini non amati”, quei bambini cresciuti senza un solido legame affettivo. Non occorre intenzionalità malevola da parte del genitore perché il bambino non si senta amato. Può sentirsi trascurato perché il papà e la mamma sono troppo impegnati col lavoro o, peggio, con il circolo del bridge…..La mancanza di affetto vuol dire anche avere avere genitori poco attenti o disponibili.

Fame d’amore e relazioni distruttive

Il “bambino non amato”, da adulto sarà sempre orientato in relazioni inappaganti; si offrirà al miglior o peggior offerente; di fatto avrà fame d’amore, si lascerà trainare dal primo che passa, impotente di fronte alla propria esistenza, sempre con lo stesso vuoto, sempre con la stessa sofferenza. La fame d’amore si manifesta quasi sempre con le stesse caratteristiche, atroci ed insopportabili:

  • Bisogno d’amore incolmabile
  • Tristezza impossibile da sopportare
  • L’amore visto e vissuto come una stampella
  • Iper investimento del partner
  • Disperata dedizione all’amato/a
  • Efferata gelosia
  • Possessività
  • Bisogno di conferme e di certezze
  • Ansia ed ansia da separazione
  • Non sentirsi mai abbastanza amati
  • Mancanza di interesse per sé e per i propri interessi (con uno spostamento emozionale verso il partner)
  • Devozione estrema
  • Ansia e panico di fronte ad ogni contrattempo o temporanea distanza dal partner
  • Assenza totale di confini con il partner, tendenza alla simbiosi ed al rapporto fusionale.

Affrontare la paura di amare e di essere amati significa ri-modellare il proprio pensiero sull’amore: se ad esempio sei convinto, anche attraverso le esperienze esperite, che amare significa piegarsi al volere dell’altro, sacrificarti e sacrificare le tue esigenze i tuoi bisogni, annullare te stesso a favore dell’altro, è necessario che tu prenda coscienza del modello di amore che hai interiorizzato, al fine di costruire un idea di amore nuova, basata sulla reciprocità, sul rispetto, sulla simmetria che caratterizza un rapporto affettivo.

“Non mi amo e penso di non saper amare”

Alcune persone non hanno neppure bisogno di fare una simile affermazione, il loro atteggiamento parla al posto loro. Non siamo tutti uguali di fronte all’attitudine ad amare e amarci.  Alcuni imprinting precoci legati alla carenza di affetto possono accompagnarci per molto tempo se non abbiamo la possibilità di liberarcene. Ma divenuti adulti possiamo metterci in gioco per sanare ferite, migliorarci e fare concreti passi avanti nel riuscire ad amare di più e meglio. “Conoscerle non giustifica i nostri fallimenti, ma ci dà una spiegazione, ci fa capire che non c’è nulla che non va in noi e che ci stiamo comportando solo come ci hanno implicitamente insegnato gli altri importanti” (cit. Psicoadvisor)

Non tutto è andato perso né definito una volta per sempre, la Felicità di coppia non è un miraggio irraggiungibile per nessuno! L’importante è non sedersi e lasciarsi prendere dallo sconforto, ma attivarsi.

Questo articolo è ispirato al mio libro «Riscrivi le Pagine della Tua Vita»

Con il libro, cerco di diffondere la cultura della salute emotiva partendo proprio dall’abilità di accogliere le proprie emozioni e capire che vissuto ti stanno raccontando. Si parla di abilità perché come qualsiasi altra operazione complessa è qualcosa che è necessario apprendere.

Da bambini, i nostri genitori ci insegnano a leggere e a scrivere, capacità cognitive estremamente complesse per un bambino! Già a pochi anni dobbiamo imparare a distinguere dei simboli che lì per lì sembrano senza senso, dobbiamo imparare a replicarli con una penna, a impugnarla quella penna! Al contempo dobbiamo impararne ad associare un suono a ogni simbolo e poi a usare quelle lettere per comporre parole. Una sfida enorme che però siamo riusciti a superare!

Da bambini avremmo dovuto ricevere un’educazione emotiva che però è tardata ad arrivare: i nostri genitori in primis non l’hanno ricevuta! Come loro, siamo stati lasciati allo sbaraglio. Anzi, quelli più sfortunati tra noi sono stati addestrati a mettersi da parte, a ignorare i propri bisogni ed emozioni, a pensare che c’è sempre qualcosa di più importante di sé! Ecco, nel libro «D’amore ci si ammala, d’Amore si guarisce» ti spiego come ripristinare un equilibrio perduto, ti insegno a rivendicare il tuo valore di persona completa e degna di amore, ad ascoltare i tuoi bisogni, le tue emozioni e a esprimerle senza timore alcuno. Se hai voglia di iniziare a conoscerti davvero, è il libro che fa per te. Il libro puoi trovarlo in qualsiasi libreria d’Italia o su Amazon, a questo indirizzo.

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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