Cresciamo con un’idea dell’amore che non è nostra. La ereditiamo, come si eredita un colore di occhi o la forma della bocca. Ma mentre i tratti somatici non si mettono in discussione, l’amore, così come lo abbiamo appreso, può confonderci, ferirci, farci sentire inadeguati. Perché se da bambini non siamo stati amati nel modo giusto — con presenza, ascolto, sicurezza e accoglienza emotiva — non abbiamo registrato nel nostro corpo e nel nostro cervello i segnali autentici dell’amore. E quando ci troviamo davanti a un amore vero, non lo riconosciamo. O peggio: lo rifiutiamo.
Chi da piccolo non è stato amato, infatti, ha imparato a chiamare “amore” ciò che era disconnessione, controllo, bisogno, silenzio. Ha imparato ad adattarsi, a proteggere gli altri prima di sé, a non disturbare. Ha imparato che l’amore non è un rifugio, ma una prova continua.
L’amore come impronta somatica
Quando un bambino si sente amato, il suo sistema nervoso registra l’esperienza di sicurezza: il battito cardiaco si stabilizza, il respiro si regola, il corpo si rilassa. L’amore, in questi casi, non è solo un concetto affettivo: è una traccia biologica. Il cervello, soprattutto nelle sue regioni limbiche e frontali, integra i segnali di accudimento e crea un modello interno di “relazione sicura”.
Ma se l’amore ricevuto è incostante, giudicante o assente, il sistema nervoso registra un’esperienza opposta: iperattivazione, vigilanza, confusione. Il bambino non sa quando verrà visto, accolto o respinto. Il suo corpo associa all’amore uno stato di allarme. E quell’allarme, da adulto, lo cercherà ancora.
Quando l’amore fa paura (anche se non dovrebbe)
Molti adulti cresciuti con carenze affettive vivono un cortocircuito: desiderano l’amore, ma ne temono l’intimità. Quando incontrano qualcuno che offre loro rispetto, ascolto e coerenza, si sentono a disagio. Hanno la sensazione che manchi qualcosa. E quel qualcosa è proprio l’attivazione che associavano all’amore infantile: il bisogno di “guadagnarselo”, la paura di perderlo, il brivido dell’incertezza.
In neurobiologia questo si spiega con la cosiddetta memoria implicita: il cervello, in assenza di un ricordo cosciente, tende a riprodurre ciò che conosce. Anche se fa male.
La reattività affettiva: tra fuga e ipercontrollo
Una delle conseguenze più diffuse della mancanza d’amore nell’infanzia è lo sviluppo di reazioni disfunzionali nelle relazioni adulte. Due tra le più comuni sono:
- La reattività passiva, in cui la persona si annulla pur di non perdere l’altro. Accetta relazioni sbilanciate, tollera abusi emotivi, confonde la dipendenza con l’amore.
- La reattività aggressiva, in cui ogni forma di vicinanza viene vissuta come minaccia. La persona si difende con distacco, ironia, svalutazione.
In entrambi i casi, l’adulto non sta vivendo un amore libero e reciproco, ma sta difendendo la sua psiche da un ricordo primitivo: l’amore come esposizione al dolore.
Il ruolo della proiezione svalutativa egodifensiva
Chi non è stato amato può sviluppare un meccanismo che Psicoadvisor ha chiamato “proiezione svalutativa egodifensiva”: si tratta della tendenza a svalutare inconsciamente chi ci ama davvero, perché quell’amore ci mette a nudo. Ci rende vulnerabili. Allora — per non sentire la paura di perderlo, o il dolore di non sentirsi all’altezza — si preferisce pensare che quell’amore sia noioso, debole, sbagliato.
Questo meccanismo di difesa si attiva spesso in persone con una storia di trascuratezza o disconnessione emotiva. E impedisce l’accesso autentico a legami nutrienti.
Il paradosso del merito: “devo fare qualcosa per essere amato”
Un altro effetto tipico è la convinzione che l’amore vada guadagnato. I bambini non amati non sviluppano un senso innato di valore: crescono con l’idea che l’amore si ottenga solo facendo, dando, eccellendo. Questo li porta, da adulti, a entrare in dinamiche di compiacenza o iperperformance nelle relazioni. Ma nessun amore vero può fiorire dove c’è paura di essere di troppo o di non bastare.
L’amore vero: un codice che va (ri)imparato
Riconoscere l’amore vero è possibile, ma richiede un lavoro profondo. Significa riaddestrare il proprio sistema nervoso a sentire sicurezza dove prima sentiva noia, e imparare a tollerare la calma come qualcosa di desiderabile, non come una minaccia.
Spesso serve passare da una fase di exoreattività, cioè uscire dalla reazione automatica, per diventare capaci di scegliere: non in base alla paura, ma in base al benessere.
Significa anche imparare a distinguere tra:
- L’intensità emotiva e il dramma (che molti confondono con passione);
- La disponibilità emotiva e il bisogno compulsivo di “salvare” l’altro;
- Il rispetto e l’idealizzazione.
Cosa succede quando finalmente ci si lascia amare
Quando si fa spazio all’amore vero, accadono cose nuove:
- Il corpo non entra in allerta, ma si sente accolto.
- La mente non corre al peggio, ma si apre alla fiducia.
- Non ci si sente giudicati, ma visti. Senza dover fare nulla.
All’inizio può sembrare tutto troppo semplice. Quasi noioso. Ma è in quella semplicità che si trova la cura.
La guarigione comincia nel presente
Non possiamo cambiare l’infanzia che abbiamo vissuto, ma possiamo cambiare il modo in cui essa vive in noi. Ogni volta che scegliamo una relazione sana invece di una conosciuta, ogni volta che restiamo invece di fuggire, ogni volta che impariamo a chiedere invece di accontentare, stiamo riscrivendo la nostra storia interna. Ecco perché non si tratta solo di amare qualcuno, ma di imparare ad amare noi stessi in una lingua che nessuno ci ha insegnato. Una lingua fatta di confini sani, di ascolto reciproco, di verità emotiva.
Se da bambino non ti hanno insegnato che sei degno d’amore così come sei, oggi puoi impararlo. Non sarà facile, e all’inizio farà paura. Ma è un atto rivoluzionario. Perché l’amore vero, quando arriva, non ti chiede di cambiare, ma ti aiuta a guarire.
Nel mio libro Il mondo con i tuoi occhi, approfondisco proprio questo tema: come uscire dai modelli relazionali appresi nell’infanzia e riconoscere finalmente un amore autentico, in cui non sia necessario dimostrare il proprio valore, ma semplicemente essere. Esploro il passaggio da dinamiche affettive dolorose a relazioni sane e nutrienti, dove l’amore non rappresenta più una prova da superare, ma diventa una casa da abitare. Una casa sicura, in cui puoi finalmente tornare a te. Una casa sicura, in cui puoi finalmente tornare a te. Il mio libro è disponibile in libreria e qui su Amazon
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Ti aspetto lì per continuare il viaggio.