Il concetto che abbiamo di noi stessi inizia a crearsi già dai primi mesi di vita, a partire dalle prime relazioni. Costruiamo, infatti, le prime percezioni di noi dal modo in cui gli altri ci percepiscono e dal modo in cui ci percepiamo nel rapporto con gli altri. Un bambino che rappresenta se stesso come degno di amore e di importanza e gli altri come rispondenti ai suoi bisogni, da adulto si comporterà di conseguenza, sicuro di ricevere amore e supporto nelle relazioni.
Se c’è stata una cattiva sincronizzazione tra le risposte del bambino e del genitore, il bambino può rappresentarsi come non degno di attenzioni e costruire un’immagine negativa di sé che successivamente tenderà a confermarsi nelle relazioni successive. In questo modo se una persona realizza un concetto di sé negativo tenderà a confermarlo rimanendo intrappolato in un sistema che si autoalimenta, creando una serie di profezie che si auto avverano; questa è la base su cui si possono costruire problemi nelle relazioni, come le continue delusioni nelle storie d’amore.
Perché accetto una condizione così denigrante e invalidante per me?
Una relazione che fa soffrire, che distrugge, che porta alla sepoltura del proprio essere dovrebbe far riflettere tanto: che ci faccio con questa persona? Come diceva Friedrich Nietzsche, “c’è sempre una certa follia nell’amore ma c’è anche sempre qualche ragione nella follia”. Quindi, un comportamento che con gli occhi della normalità non riusciamo a comprendere, può avere un significato che nemmeno chi lo mette in essere conosce. Quel che è certo è che le cose non accadono all’improvviso, “dalla sera alla mattina”. Le motivazioni sono piuttosto complesse! E tutte riconducibili all’età infantile.
Un bambino che ha sperimentato l’assenza d’amore, da adulto non sarà mai capace di “amarsi”, “amare” e, soprattutto, “lasciarsi amare”.
Cos’è l’amore?
L’amore è libertà, espansione del proprio sè, unione e realizzazione personale e nella coppia. Nel vocabolario Treccani, l’amore è definito come “sentimento di viva affezione verso una persona che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia”. Lo psicologo cognitivo Sternberg definisce l’amore come il risultato di tre elementi fondamentali: intimità, passione e decisione-impegno. Quindi un mix tra una dose di confidenza e affinità, incluso un coinvolgimento fisico e sessuale. La componente di impegno nel decidere di amare è la responsabilità di mantenere nel tempo la relazione. Se ti senti annichilito/a, se sei perennemente frustrato e hai tanta fame d’amore vuol dire che sei stato “un bambino non amato”
L’adulto con un vissuto di “non amore”
Un “bambino non amato”, da adulto quasi sicuramente vivrà relazioni distruttive in modo spesso inconsapevole e disperato senza avere la capacità di intravedere un’altra possibilità per la sua vita: vivrà per il partner, annullandosi completamente. Il “bambino non amato”, da adulto sarà sempre orientato in relazioni inappaganti; si offrirà al miglior o peggior offerente; di fatto avrà fame d’amore, si lascerà trainare dal primo che passa, impotente di fronte alla propria esistenza, sempre con lo stesso vuoto, sempre con la stessa sofferenza.
Alcuni autori considerano il disturbo di dipendenza in età adulta come l’equivalente dell’attaccamento nei bambini. Come un bambino, infatti, chi soffre di disturbo dipendente di personalità è incapace di stabilire una propria identità separata da quella delle figure di riferimento (che sia un partner, un amico o lo stesso genitore). Così come il bambino aveva bisogno di continue cure e rassicurazioni dal genitore, il DDP avrà bisogno di attenzioni e cure dalla figura di riferimento in età adulta.
Spesso chi vive questo genere di storie è convinto che si tratti di amore e che prima o poi il proprio partner se ne renderà conto e cambierà. In seno a questa speranza si perdono spesso svariati anni. Il problema è che nessuno cambia soprattutto se non è lui stesso a volerlo, non si cambia perchè qualcun altro lo pretende. La spinta inconscia di queste relazioni di “non amore” è proprio il rifiuto. L’adulto con un vissuto di “non amore”, si strugge tantissimo nella relazione proprio perché sente, anche se a livello inconscio, lo spettro di un vicino rifiuto. Per rifiuto intendo non solo l’essere respinti ma anche umiliati, non accettati e maltrattati. Costui o costei è consapevole di questo meccanismo ma spera che prima o poi il partner si riveli innamorato e redento.
In modo inconsapevole si va a riproporre un antico copione in cui la persona che oggi è rifiutata (respinta, maltrattata) è stata dapprima un bambino non amato: i genitori sono stati assenti o iperprotettivi e controllanti o in alcuni casi abusanti. La crescita copre la ferita, ma la lascia insanata. Attraverso l’identificazione con il partner le persone dipendenti cercano di salvare se stessi e colmare le proprie carenze affettive.
In pratica, nella ricerca di amori attuali tormentati, il non amato, oggi adulto, non fa altro che ripercorrere l’antico copione vissuto con i genitori, l’antico dolore per non essere stato amato con la speranza di sanare questa antica ferita. Nella vita di coppia si riattribuiscono, più o meno inconsapevolmente, un ruolo simile a quello vissuto con i genitori, nel tentativo di cambiare il finale.
Perché da adulti si cerca di riattribuire un ruolo simile?
Vi è disperato bisogno dell’Io di essere amato. Quella disperazione che porta a dire: “io non ce ‘l’ho (l’amore) ma da qualche parte deve esserci”. In questi casi, c’è il rischio che si innesti il modello di comunicazione passivo (non ho amore, allora ne do tanto) cioè quello di ‘zerbinarsi’, prostarsi, umiliarsi , insomma tutti quei comportamenti (non necessariamente evidenti e plateali) che portano inevitabilmente a tradire e al venir meno del rispetto per se stessi.
Quando si raggiunge la consapevolezza di essere prigionieri di questo meccanismo, ecco che nasce il desiderio di rivivere e superare i traumi infantili e cercare così di ritrovare il sentiero perduto e realizzare le proprie potenzialità.
Nel libro “La ferita dei non amati” Schellenbaum spiega che il “non amore” può essere superato attraverso la rinascita all’Amore, che in questo caso è impegno a volgere in positivo il negativo ricevuto. Così può realizzarsi il riscatto. E, lo sappiamo bene, ognuno di noi, come il più debole dei non-amati, ha in se stesso una scintilla di una forza eroica che trasforma i no in sì. E ciò vale sia nei confronti di se stessi che verso gli altri. Il motto che Schellenbaum si sforza di ripetere è proprio quello di volgere tutta l’energia dedicata a ripensare al non amore in gentilezza e tenerezza verso le persone. Difficile da fare? Anche vendicarsi, nutrire rancori, covare invidie è un programma di non facile realizzazione… Ricordiamolo.
Solo quando ci si sente meritevoli di ciò che si vorrebbe, uscendo dal ruolo di vittima a cui è toccato in sorte un destino avverso, si può iniziare a fare qualcosa per sé.
Quando non si sceglie ci si rassegna, si rinuncia a essere se stessi, si accetta passivamente ciò che avviene. Quando si è bloccati in una situazione negativa non è sempre facile riuscire a trovare una via di uscita, ma in questi casi poter chiedere aiuto è già una scelta, un primo passo per tornare a sentirsi attivi, partecipi della propria vita e delle proprie possibilità. L’inizio di ogni cambiamento parte da una maggiore consapevolezza e accettazione di sé.
Questa è la vita…
Puoi ricostruire il tuo “dopo” sfruttando il tuo dolore, ascoltando le tue paure e la rabbia residua di tutte le ingiustizie subite, di quei riconoscimenti mancati (…). Puoi ricostruire il dopo ripartendo dai tuoi bisogni, ascoltandoli e rispettandoli (e facendoli rispettare!). La fase di ricostruzione può segnare l’origine della tua nuova vita. È l’occasione preziosissima di riscoprire se stessi. A questo proposito ti consiglio caldamente di leggere il mio libro «D’Amore ci si ammala, d’Amore si Guarisce», un testo estremamente introspettivo, che ti guiderà alla scoperta di te e alla ricostruzione di un legame magico e profondo, quello con te stesso. Allora impara a guardarti con i tuoi occhi, impara ad amarti. Ed è quello che ti auguro. Il mio libro puoi trovarlo in tutte le librerie e a questa pagina Amazon.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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