Chi piange davanti un film è più equilibrato e resiliente

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

I film sono un medium potente che può toccare profondamente le nostre emozioni e suscitare una risposta emotiva. Può capitare di commuoversi mentre si guarda un film sia al cinema che quando ci si trova seduti comodamente sul divano di casa. Soprattutto davanti alle storie drammatiche e struggenti è facile che scappi una lacrimuccia. Da adesso, sappi che è un bene. La lacrima facile ci rafforza proprio nelle emozioni, ci rende più empatici e saldi nei sentimenti. A confermarlo è proprio la scienza!

Piangere in situazioni in cui c’è da commuoversi, fa bene sia alle donne che agli uomini e non è per niente sinonimo di debolezza. Al contrario, piangere sarebbe tipico delle persone emotivamente forti. Inoltre quanto più entriamo in empatia con i personaggi del film e partecipiamo alle loro vicissitudini, più il cervello rilascia ossitocina, l’ormone che ci permette di essere più socievoli ed empatici.

Perché si piange davanti alla tv?

Ecco alcuni motivi comuni per cui ci si può commuovere davanti a un film

  1. Identificazione: Quando ci identifichiamo con i personaggi del film e le loro esperienze, diventiamo più suscettibili a provare le emozioni che essi vivono sullo schermo. Possiamo sentirci coinvolti nella loro storia e le loro sfide diventano le nostre sfide.
  2. Empatia: I film possono rappresentare situazioni e storie che riflettono le esperienze umane universali. Ciò può stimolare la nostra empatia e la nostra capacità di comprendere e condividere le emozioni dei personaggi. Le storie che affrontano temi come l’amore, la perdita, la gioia o la sofferenza possono colpire una corda emotiva e farci sentire profondamente.
  3. Narrazione coinvolgente: Un film ben realizzato può trasmettere emozioni attraverso una narrazione coinvolgente. La regia, la recitazione, la colonna sonora e altri elementi cinematografici possono amplificare l’impatto emotivo delle scene. Questo può portarci a provare una gamma di emozioni, dall’euforia all’angoscia, e a reagire con la commozione.
  4. Rievocazione di ricordi: I film possono evocare ricordi personali o emozioni legate al passato. Le situazioni o i temi affrontati nel film possono risvegliare sentimenti sepolti o portarci a riflettere sulle nostre esperienze di vita. Questa connessione emotiva può scatenare una risposta di commozione.
  5. Catarsi: La visione di un film può offrire un’opportunità di sfogo emotivo o catarsi. Possiamo lasciarci andare alle emozioni, piangere liberamente e sperimentare un senso di sollievo o liberazione. Questo può essere un modo per affrontare ed elaborare le nostre emozioni personali.

Tirare fuori le emozioni è sintomo di empatia

Significa che si è capaci di entrare in connessione profonda con gli altri. Sì, è proprio così: piangere davanti a un film vuol dire essere empatici. Quando i personaggi di un film sono ben rappresentati, siamo portati a metterci nei loro panni, a vedere la realtà attraverso i loro occhi. Cercare l’identificazione nel cinema è una cosa che capita a tutti. È quanto rivelano gli studi condotti usando la neuroimaging.

Meccanismo dell’identificazione

Quante volte abbiamo pensato “Ecco lei/lui si comporta come me?” Ogni volta che abbiamo questo pensiero allora stiamo vivendo il meccanismo dell’identificazione per cui involontariamente ci mettiamo proprio nei panni di quel personaggio. A volte questo avviene naturalmente e non ce ne accorgiamo neanche. Questo può capitare anche quando ci sentiamo particolarmente attratti dal cattivo di turno: l’aggressività che non riusciamo a esprimere nella vita ce la godiamo attraverso uno schermo.

Commuoversi ci rende empatici e resilienti. Lo studio alla Claremont Graduate School

Cercare l’identificazione nel cinema è una cosa che capita a tutti. È quanto rivelano gli studi condotti usando la neuroimaging. Queste ricerche hanno rivelato che il nostro cervello si collega al personaggio con il quale ci identifichiamo, in quanto attiviamo le stesse aree del cervello relative a ciò che il personaggio sta facendo. Proprio le stesse aree che usa per eseguire attività come camminare, saltare o battere le mani, tanto per fare un esempio.

Questa capacità consente anche di comprendere la situazione e il punto di vista del personaggio e pertanto sperimentare le sue stesse emozioni. Ovviamente, l’empatia è strettamente legata al modo in cui è strutturato il nostro cervello, in particolare ai neuroni specchio, che ci aiutano a metterci nei panni degli altri.

Infatti, quando guardiamo film ad alto contenuto emotivo il nostro cervello rilascia anche ossitocina, un potente neurotrasmettitore che ci aiuta a connetterci agli altri e ci permette di essere più empatici, gentili, affidabili e disinteressati. Questo è stato dimostrato da una ricerca molto interessante condotta presso la Claremont Graduate School.

In cosa consisteva l’esperimento?

Nel corso di questo esperimento gli psicologi hanno chiesto ai partecipanti di vedere un video girato nell’ospedale infantile di St. Jude. La metà delle persone ha visto una parte del video nel quale un padre parlava del cancro in fase terminale di suo figlio, un bambino. L’altra metà ha visto una parte del video nel quale il bambino e il padre visitavano spensieratamente lo zoo e non si parlava affatto della malattia.

Come previsto, la parte in cui appariva il padre parlando del cancro del figlio ha generato una risposta emozionale molto forte: i partecipanti hanno mostrato un incremento del 47% dei livelli di ossitocina nel sangue. In seguito, ogni partecipante doveva prendere una serie di decisioni economiche e relative ai rapporti con altre persone. I risultati hanno mostrato che coloro che hanno visto il video a contenuto emotivo erano più generosi con gli estranei e propensi a donare soldi in beneficenza. Come se non bastasse, chi aveva donato i soldi riferiva anche di sentirsi più felice.

Ciò significa che l’empatia, e i comportamenti che questa scatena, come piangere quando ci identifichiamo con i personaggi di un film, in realtà non è segno di debolezza ma, al contrario, è una capacità che ci permette di connetterci agli altri e che, alla fine ci rende persone più forti e felici.

Infatti, l’empatia è uno dei percorsi che conduce alla resilienza!

Quando siamo in grado di capire gli altri il nostro universo emotivo si espande. In un certo senso, queste esperienze che viviamo attraverso gli altri ci aiutano a diventare più forti emotivamente e ci preparano per quando dovremo passare attraverso momenti simili. L’incapacità di metterci nei panni degli altri, è uno svantaggio a livello sociale, mentre la sensibilità emotiva, la capacità di comprendere gli altri e sperimentare le loro emozioni, permette di ampliare il nostro orizzonte emotivo, così diventiamo persone più forti. E chi lo avrebbe mai detto… ma non è tutto

Piangere migliora anche l’umore. Lo studio all’Università di Tilburg

Secondo quanto rivelano gli psicologi dell’Università di Tilburg, i film tristi possono migliorare il nostro umore, ma solo quando ci sia lascia andare al pianto. Questi psicologi hanno studiato l’effetto emotivo del pianto su 60 partecipanti mentre guardavano un film e hanno scoperto che le persone tendono a sentirsi meglio dopo aver pianto. Questi, in un primo momento si sentivano tristi, poi ritrovavano l’equilibrio e in seguito il loro stato d’animo migliorava notevolmente.

Un effetto positivo che si è mantenuto per circa 90 minuti. Infatti, solo chi ha pianto riferiva di sentirsi meglio. Chi ha soppresso le emozioni che provava si sentiva peggio dopo aver visto il film.

Le lacrime hanno un effetto catartico

Una teoria particolarmente diffusa è quella catartica, nata in ambiente psicanalitico ma largamente condivisa anche a livello di psicologia popolare. Il concetto di catarsi (dal greco katharsis, “purificazione”) in realtà affonda le sue radici nell’epoca classica, per poi venire ripreso sul finire dell’800 da Freud e Breuer, che l’hanno applicato nella cura delle nevrosi. Secondo questo modello, le lacrime rappresentano un modo per drenare le emozioni evitando che si accumulino oltre un certo livello critico. Per concludere possiamo dedurre che piangere davanti un film migliora il nostro umore e ci fa sentire più rilassati.

Attenzione però….

Se è vero che reprimere il pianto e le emozioni ad esso associate è dannoso lo è altrettanto anche lasciarsi sovrastare dal pianto e dalla disperazione. In entrambi i casi non si è in grado di gestire le emozioni e questo rivela una difficoltà di regolazione emozionale che può portare, sia in”eccesso” che in “difetto”, a disagi psicologici di vario tipo. Perché l’espressione emotiva sia fonte di benessere occorre saperla gestire, saper riflettere su ciò che si sta provando per poterlo elaborare. Sono questi i casi in cui si potrà dire di sentirsi effettivamente meglio dopo aver pianto!

Altro aspetto da non sottovalutare? Chi piange molto con i film ma fa fatica a piangere per sé. Per alcune persone può sembrare più semplice soffrire attraverso qualcuno di esterno piuttosto che vivere il proprio dolore. Questo è un meccanismo automatico e involontario che potrebbe far riflettere sulle nostre modalità emotive quotidiane.

Una lettura per accrescere la propria consapevolezza

Siamo tutti il frutto del nostro passato, siamo diventati quello che siamo a causa, (o grazie) alle esperienze che abbiamo avuto in famiglia, con gli amici, a scuola, al lavoro, nelle relazioni. Possiamo però non limitarci a “essere la conseguenza di quello che è stato”, ma regalarci la possibilità di essere semplicemente come meritiamo di essere. Se vuoi migliorare la tua presenza e diventare più consapevole di cosa avviene dentro di te, ti consiglio la lettura del mio manuale di psicologia. S’intitola «Riscrivi le Pagine della Tua Vita». In ogni pagina ti spiego come  acquisire maggiore libertà di scelta, svincolandoti dai bisogni insoddisfatti e costruendo la tua piena autonomia. Il libro lo trovi nella tua libreria di fiducia o su Amazon.

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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