Un sano sviluppo della personalità implica sia un adeguato sviluppo della sfera cognitiva, affettiva e sociale che quello delle interazioni che stabiliamo con l’ambiente esterno nel corso della nostra evoluzione. Durante questo cammino avvengono numerosi ed importanti cambiamenti, fisici, comportamentali, affettivi ed emotivi. Per qualcuno questo può essere faticoso o addirittura fonte di sofferenza: in questi casi il bambino può cominciare a manifestare segni di disagio.
Particolarmente importante è l’attenzione alle esperienze di attaccamento sulle quali il piccolo costruirà le successive relazioni interpersonali creando degli schemi mentali di sé stesso e degli altri. Saranno questi schemi e “abilità” di gestione emotiva a orientare il bambino nell’affrontare la crescita e gli eventi stressanti. A volte però possono rivelarsi inefficaci di fronte a particolari eventi critici e favorire lo sviluppo di un disagio o un disturbo psicologico.
Anche eventi di vita quali per esempio un lutto, una malattia, la separazione dei genitori, i rapporti con i compagni difficili, ecc…possono mettere alla prova le capacità di adattamento del bambino
Disturbi tipici dell’età evolutiva
Il disagio spesso non può essere espresso verbalmente e si manifesta prevalentemente a livello comportamentale, corporeo ed emotivo. Si riscontra in genere un mutamento delle caratteristiche tipiche del bambino o un peggioramento significativo: calo del rendimento scolastico, opposizione alle regole, paura scolastica, preoccupazioni frequenti, timidezza eccessiva, rituali ripetitivi, isolamento, eccessiva emotività, etc. Di seguito sono indicati alcuni disturbi tipici dell’età evolutiva:
- Disturbi d’ansia: ansia di separazione, fobie, ansia sociale, fobia scolare, ossessioni e compulsioni, disturbo da stress post traumatico in seguito a trauma, mutismo selettivo
- Disturbi alimentari: alimentazione selettiva, anoressia, bulimia
- Disturbi del linguaggio: espressione e comprensione del linguaggio, fonazione, balbuzie
- Disturbi dell’apprendimento
- Disturbi del comportamento: deficit di attenzione e iperattività, disturbo oppositivo – provocatorio
Come ridurre i sintomi e curare il disagio
Laddove il bambino manifesti disagio nell’affrontare situazioni a forte impatto emotivo può essere utile un lavoro di sostegno psicologico con l’obiettivo di accompagnare lui e la sua famiglia nel momento della difficoltà.
Se dalla psicodiagnosi effettuata con il bambino emergono sofferenze più significative e strutturate o il disagio influisce sul normale svolgersi della vita familiare e scolastica, è necessario intraprendere una psicoterapia dell’età evolutiva al fine di ridurre i sintomi e curare il disagio.
Attraverso il dialogo, il gioco o il disegno, il terapeuta aiuta il bambino a comprendere i suoi pensieri negativi, a riconoscere le emozioni che ne conseguono e i comportamenti sintomatici. Questo lavoro di comprensione e riconoscimento dei propri vissuti, insieme alla condivisione con il bambino e i suoi genitori, può dare inizio ad una fase di cambiamento e quindi di riduzione della sintomatologia e del malessere.
IL SETTING E IL GIOCO
Fondamentale per una valutazione psicodiagnostica è il setting, ossia il luogo in cui si effettuerà la consultazione.
Sono molto importanti sia l’arredo che la scelta dei giochi da tenere in studio, per permettere allo specialista di osservare al meglio i comportamenti del bambino e comprendere come questi interagisca con la realtà che lo circonda.
Si consiglia la presenza di alcuni oggetti particolari, che potrebbero catalizzare l’interesse di minori di differenti fasce di età, come questi:
- Familyhouse: una casa con i vari arredi comprensiva di famiglia, molto utile per osservare le proiezioni di come il piccolo vive le relazioni familiari.
- Cibi, cucchiaini, ciuccio, biberon, etc.: oggetti che richiamano l’oralità.
- Armi, indiani, cowboy, dinosauri, etc.: oggetti che richiamano l’aggressività.
- Macchinine.
- Bambole di sesso opposto: gioco di ruolo al fine di verificare i vissuti sull’identità di genere.
- Un peluche: utile per osservare momenti di regressione.
- Animali.
- La scatola del dottore.
- Un gioco cognitivo: per cogliere il livello di pensiero del bambino.
- Un puzzle: per osservare lo stile di scelta operata per raggiungere un obiettivo.
- Un gioco a due dove vi sia una sfida.
- Alcuni libri.
È auspicabile non esagerare con i giocattoli esposti perché potrebbero disorientare il bambino, rendendogli difficile concentrarsi su un autentico gioco spontaneo e sfavorendo di conseguenza il clinico che deve svolgere la valutazione. Nell’arco della seduta, è bene lasciare l’ultima parte del tempo al bambino per vedere come occupa uno spazio di gioco libero e come è capace di organizzarsi.
Il gioco assume quindi, all’interno di una valutazione psicodiagnostica, un ruolo davvero importante per quanto riguarda la lettura e sua interpretazione, in quanto consente di rilevare fattori quali:
- La capacità del bambino a iniziare autonomamente attività ludiche.
- La sua abilità nel dargli una consequenzialità.
- L’adeguatezza del gioco alla sua identità di genere, nel senso che i soggetti femminili prediligeranno giochi più statici, mentre i soggetti maschili giochi più mobili.
- La creatività del bambino.
- La sua maturità in rapporto all’età cronologica.
- L’aggressività manifestata mentre gioca.
Osservando attentamente questi parametri, si può giungere a definire quando una modalità di gioco è normale e quando questa risulta patologica.
Ripercorrendo gli studi di Paulina Kernberg, Psichiatra infantile americana, possiamo distinguere specifiche categorie diagnostiche rispetto alla modalità di gioco agìta dal bambino.
- Il bambino autistico: il gioco è caratterizzato dall’uso di non giocattoli, ossia di fazzoletti o pezzi di carta, ponendo più attenzione alle caratteristiche tattili o sonore degli oggetti, mentre l’attività simbolica risulta carente così come le emozioni durante la manipolazione e non vi è alcuna reciprocità tra bambino e Psicologo.
Ripetitività dei movimenti. - Il bambino psicotico: il gioco è contraddistinto da impulsività, grande ansietà e spesso si interrompe senza arrivare alla naturale conclusione.
Non c’è piacere o divertimento, ciò che regna è la confusione. - Il bambino borderline: il gioco si caratterizza per compulsività, monotonia e ripetizioni. Vi è totale assenza di allegria, mentre risultano costanti aggressività e distruttività.
- Il bambino narcisista: il gioco è caratterizzato dal “non gioco”, ossia dall’iniziare un gioco per abbandonarlo pochi minuti dopo, mostrando noia e fastidio.
Spesso rompe i giocattoli, smembrandoli quasi con piacere sadico senza mai provare sentimenti di empatia. - Il bambino con disordini del comportamento: il gioco si configura come carico di insoddisfazione, sfiducia, ripetizione e manca totalmente la creatività.
- Il bambino depresso: il gioco è caratterizzato da lentezza, mancanza di interesse, lunghe e lente preparazioni temporali anche solo per iniziare il gioco stesso, per cui non prova il minimo piacere.
- Il bambino con disturbi post traumatici: il gioco è contraddistinto da angoscia, compulsività e da uno stile documentaristico in cui il bambino ricopre sia il ruolo della vittima sia quello del carnefice.
Dominano i sentimenti di tristezza e disperazione, mentre risulta totalmente assente il divertimento e il gioco che ha sempre una conclusione tragica.
I TEST
Anni di clinica hanno dimostrato che è opportuno somministrare almeno un test proiettivo e uno cognitivo per avere una visione globale del soggetto.
Attraverso l’utilizzo di questa tecnica, quindi, si ottiene una visione complessiva della personalità del soggetto: gli stati emotivi, il suo modo di stabilire rapporti umani, le sue tendenze e i suoi desideri (consapevoli e inconsci), i suoi conflitti più intimi e profondi. Tra i metodi proiettivi rientrano anche i test basati sul disegno.
Il test del disegno dell’albero di Koch ci indica le strutture portanti, gli aspetti autentici e profondi della personalità, è l’equivalente dell’autoritratto. Le radici dell’albero, nella loro presenza o assenza, danno stabilità alla persona, rappresentano la parte primitiva ed istintuale, l’energia vitale; il tronco rappresenta l’Io, con i suoi eventuali traumi o nodi, collocabili lungo lo sviluppo evolutivo; la chioma è l’espressione della vita mentale, della creatività, degli interessi e soprattutto delle relazioni con l’ambiente sociale. Il test del disegno della figura umana di Machover offre l’autoimmagine personale e sociale immediata che il bambino possiede di se stesso.
Le relazioni con l’ambiente sono individuate nel test del disegno della famiglia di Corman, qui è possibile seguire le fasi dello sviluppo del bambino in base alla collocazione dei personaggi nello spazio, alle loro dimensioni, alle caratteristiche grafiche, sulla base delle identificazioni.
Di solito il bambino disegna la famiglia che desidera, o quella di cui ha paura, sulla quale riversa aspettative, difese, esigenze e tendenze affettive positive o negative, bisogni; è una famiglia differente dalla famiglia reale. Anche il C.A.T. è utile per individuare i conflitti di base nello sviluppo psico-affettivo, i meccanismi di difesa, i rapporti con i genitori, le tappe della maturazione affettiva e le identificazioni.
Il CAT è un metodo di indagine della personalità attraverso lo studio delle differenze individuali nella percezione di stimoli standardizzati, che in questo caso corrispondono a rappresentazioni di animali. I metodi proiettivi sono prove in cui il soggetto, bambino o adulto, proietta sé stesso, rivelando in questo modo anche quegli aspetti della sua personalità di cui egli non è consapevole.
Il CAT è formato da 10 tavole; su ognuna delle tavole è rappresentata una scena di animali su cui il bambino è invitato a raccontare una storia. Gli Autori hanno identificato un certo numero di situazioni basilari per il bambino, suscettibili di rilevare gli aspetti dinamici dei suoi problemi, così da metterne a nudo i fantasmi riguardo all’aggressività, il modo con cui il mondo degli adulti lo accetta, i timori di restare solo. Si analizzano la struttura affettiva, la dinamica delle reazioni di fronte ai problemi dello sviluppo ed il modo di risoluzione di questi.
A cura di Ana Maria Sepe, psicoanalista
Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirci sulla Pagina Ufficiale di Psicoadvisor, sul mio account personale o nel nostro gruppo Dentro la Psiche. Puoi anche iscriverti alla nostra newsletter. Puoi leggere altri miei articoli cliccando su *questa pagina*