Come andare oltre quando le ferite del passato ti fanno sentire bloccato

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Conosco benissimo quali possano essere i vantaggi terapeutici dell’autoriflessione ma so anche che, se non si assume la giusta prospettiva, quegli stessi momenti di introspezione potrebbero trasformarsi nell’ennesimo contenitore delle proprie angosce e noi non vogliamo questo. Noi vorremmo imparare a conoscerci meglio, giusto? Magari imparare ad amarci, stimarci, comprendere a pieno le nostre dinamiche interiori e finalmente riscattarci, affermarci! Andare oltre, lasciarci alle spalle ciò che ci ha fatto del male e restituirci a noi stessi. Andare oltre è possibile solo a patto che tu, con i tuoi pensieri e comportamenti, non alimenterai involontariamente le ferite che gli altri ti hanno inferto.

Ricorda: tu sei «la tua persona»

In una società in cui tutti sono focalizzati sullo scrolling, diciamocelo: fermarsi a riflettere su di sé, può diventare un momento di profonda introspezione. Un frangente in cui tu sei davvero solo con te stesso e questo, un po’ può spaventare ma se ci rifletti bene, può anche tranquillizzarti perché ti restituisce una certezza: tu sei la tua persona. Cosa significa che tu sei la tua persona? Che tu sei la persona che sarà lì per te incondizionatamente, che puoi sostenerti, amarti, accoglierti, non farti sentire solo… Sì, tu puoi tutto questo, ma solo che fino a oggi nessuno ti ha insegnato a farlo. Nessuno ti ha mostrato come essere -per te- quella persona. La mancanza di una buona e profonda educazione emotiva sta facendo pesanti danni alla nostra società: unioni, rapporti, incontri, flirt, relazioni (…), tutto è diventato più veloce mentre le nostre competenze emotive non sono progredite, innescando così un forte senso di solitudine anche laddove, in apparenza, ci sono legami.

Quando ti fermi a guardarti

Ti faccio un esempio. Nell’affrontare le tue difficoltà, cosa fai? Sicuramente sei spaventato, hai resistenza e dubbi, ma alla fine, probabilmente, cerchi di guardare in faccia il tuo problema. Che sia una questione pratica o un disagio psichico (che ti causa problemi pratici!), ti fermi e ti siedi di fronte al tuo ostacolo interrogandoti da un lato sulle possibili soluzioni ma, non vedendo altre strade percorribili, sicuramente ti chiedi perché fai quello che fai. Perché e come sei arrivato a quel punto! E la cosa davvero frustrante è che non sembra esserci alcuna spiegazione razionale per questo. Semplicemente “capita”. Oppure, ti dici che semplicemente “ce lo vuoi tu” quando è palese che non vuoi quelle conseguenze lì! Quando è palese che vorresti un risultato del tutto differente!

Il tuo comportamento, le tue emozioni o i tuoi pensieri sembrano persino irrazionali ma ti assicuro che non lo sono affatto. C’è sempre una ragione per la quale fai ciò che fai o provi ciò che provi. Che sia una relazione, la stabilità personale, l’affermazione di sé o il peso forma, desideri così tanto raggiungere quel tuo obiettivo, quindi perché continui a sabotarti? Sai quanto è importante portare a termine un compito, quindi perché stai procrastinando? Se non hai una risposta, c’è tanto ancora di te che hai bisogno di conoscere.

Perché è difficile comprendersi?

La ragione per cui è così difficile comprenderci è perché -come ti dicevo- ci manca un’educazione all’affettività. La gran parte dei processi che ci guidano su base quotidiana sono automatici. Questi automatismi inconsci operano dentro di noi costantemente e influenzano le nostre emozioni, pensieri e comportamenti. Ti faccio un esempio pratico. Hai deciso di fare una cosa che ti piace e che desideri. Che si tratti di una torta, un dipinto, una gita o un cena con qualcuno di speciale, il tuo entusiasmo è a mille. Poi, però, basta un minimo intoppo per “guastare” tutto, fino a rovinarti l’occasione o farti abbandonare il tuo proposito. Eppure, pitturare quella tela avrebbe potuto renderti felice, perché per una banalità -come non riuscire a trovare un vecchi pennello- ti sei così scoraggiato? A volte, piccoli dettagli possono scoraggiarci non perché siamo “iper-sensibili” ma per quello che simbolicamente rappresenta per noi quel dettaglio.

Quel piccolo “intoppo” può diventare insormontabile e causarci angoscia perché dentro di noi ha risvegliato una più antica ferita. Ci ha ricordato che, nel tuo passato, hai dovuto subire molti torti e ingiustizie, ti ha ricordato che per molto tempo sei stato costretto ad abbandonare ciò che ti piaceva per motivi per i quali eri davvero impotente. Ma oggi, impotente, non sei. Puoi agire.

Se mi segui da sempre o hai letto i miei due libri, sai benissimo quanto le esperienze passate possano condizionare il nostro presente. C’è una cosa che ci accomuna tutti: l’esperienza dell’impotenza. Quando eravamo bambini, tutti noi siamo stati completamente impotenti e in balia dei nostri genitori. Ora, vuoi per disattenzione, inadeguatezza, negligenza, troppi carichi… Se i nostri genitori non hanno saputo/potuto alleviare quel senso di impotenza e avviarci al cammino dell’autonomia, ci ritroveremo a vagare nel mondo come adulti feriti. Ancora in balia di quel senso di impotenza che ci paralizza e ci fa sabotare anche i nostri più nobili intenti. Allora sappi che tutte le ferite possono guarire. Se scrivi male il tuo diario o assecondi i tuoi automatismi, però, rischi di alimentarle.

Come alimentiamo ogni giorno le nostre ferite senza rendercene conto

Se incontri un inconveniente sul tuo cammino, ricorda che non stai rivivendo le ingiustizie del passato. Quando esci di casa o programmi qualcosa di bello per te, sappi che gli imprevisti sono inevitabili e fanno parte del gioco. Quelle avversità non sono sovrapponibili alle ingiustizie e le disparità subite in passato. Ogni volta che le vivi come tali e ti arrendi, però, ripeti il copione alimentando le tue ferite. Invece, riflettendoci e facendo uno sforzo per agire e superare quell’imprevisto, andrai a curare quelle stesse ferite. Se ti fermi alla frustrazione riaccendi la ferita dell’ingiustizia e del non meritare la gioia e l’appagamento che portare a compimento quella cosa potrebbe donarti. Se, invece di demordere, ti fermi un attimo e rifletti, riuscirai ad andare davvero oltre, curerai quella ferita.

Come non darla vinta a chi ti ha ferito

In realtà, non dovremmo mai metterla nei termini di “darla vinta a…” ma dovremmo concentrarci solo su di noi, la nostra crescita e cosa possiamo fare per guarire. Tuttavia, so benissimo che se c’è una ferita ancora viva, c’è anche del rancore e il rancore genera rabbia. La rabbia è un’emozione attivante, che predispone all’azione e in questi casi può essere utile per toglierti dall’impasse in cui ti trovi.

Anche se nella nostra consapevolezza vogliamo “andare oltre“, vogliamo metterci alle spalle ciò che abbiamo subito, ogni volta che ci arrendiamo e non ci concediamo quella gratificazione che avevamo programmato per noi, facciamo involontariamente tanti passi indietro. In un certo senso, la diamo vinta a chi ci ha ferito. Allora, in questi momenti, un po’ di grinta può servire, quel tanto che basta per non farti scivolare nella rinuncia, quel tanto che basta per poterti dire «non lascerò che questo intoppo mi rovini la giornata/serata, io non sono impotente e merito di essere felice».

Sì, tu meriti di essere felice. Se hai voglia di conoscerti più profondamente -oltre un percorso di psicoterapia- ti consiglio la lettura del mio libro bestseller «d’Amore si Guarisce». Si tratta del libro più consigliato proprio dagli psicoterapeuti. In realtà, il titolo completo è «d’amore ci si ammala, d’amore si guarisce» ma a me piace di più, di gran lunga, la seconda affermazione! Non farti ingannare dal titolo, non si tratta di un libro sulla coppia ma di un vero e proprio viaggio introspettivo. Puoi trovarlo a questa pagina Amazon o in qualsiasi libreria. Buona lettura e buona crescita!

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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