Come cambia il DNA di chi soffre di depressione

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Prove crescenti suggeriscono che i cambiamenti epigenetici sono un meccanismo chiave attraverso il quale determinati fattori ambientali (come il trauma psicologico e la sopraffazione emotiva) possono interagire con il genoma e indurre cambiamenti stabili nella struttura del DNA e quindi nell’espressione genica. Sono state osservate particolari alterazioni epigenetiche associate alla depressione. Ma cosa significa tutto questo?

Quando si tenta di spiegare a un vasto pubblico meccanismi complessi come quello dell’espressione del DNA si corre sempre il rischio di generare confusione. Per spiegare al meglio la correlazione tra depressione e modifiche al DNA farò delle premesse preliminari impiegando un linguaggio semplicissimo.

Che cos’è il DNA?

Il DNA è un codice presente in tutte le nostre cellule, è come un grande libro che contiene tutte le istruzioni per far funzionare il nostro organismo. In particolare, questo codice contiene le informazioni utili alla produzione di RNA e proteine. Quando diciamo «proteine» facciamo riferimento a una grande famiglia di molecole indispensabili per il nostro organismo (per esempio, gli ormoni e gli enzimi sono proteine, i recettori dei neuroni che legano a neurotramettitori come la serotonina o la dopamina, sono strutture proteiche, la stessa produzione di nuovi collegamenti neurali è vincolata dalla produzione di proteine). Banalmente, la stessa produzione dei neurotrasmettitori (dal GABA alla noradrenalina) è proteina-dipendente! Ancora, i neurotrasmettitori sono polipeptidi (diciamo piccole proteine).

A cosa serve il DNA?

Il DNA viene «letto» da particolari molecole di RNA che attraversando complesse reazioni biochimiche finiscono per «tradurre» il codice genetico in «proteine». Mediante le proteine, il DNA regola tutte le funzioni del nostro organismo. Le molecole di RNA fanno da tramite, sono le lettrici e le interpreti del codice genetico.

Che cos’è l’epigenetica?

Non tutto il «codice genetico» è accessibile alla «lettura». Alcune porzioni di DNA diciamo che sono difficili da leggere perché subiscono un processo noto come metilazione. Per continuare l’analogia con la lettura, diremo che il DNA è un libro che presenta milioni di pagine ma che l’RNA (un simpatico bibliotecario) ne può leggere e ne interpretare solo alcune, le altre pagine sono ben chiuse, inaccessibili.

A regolare l’apertura (e la chiusura) delle pagine (e quindi la possibilità di trascrivere o non trascrivere quel codice genetico in proteine) sono i fattori ambientali. Cosa si intende per fattori ambientali? Tutto ciò che è esterno al nostro organismo. Dallo smog presente nell’aria all’alimentazione, soprattutto, l’apertura di quelle pagine può essere condizionata dalle emozioni che proviamo e dalle esperienze che viviamo.

I meccanismi epigenetici sono quei processi che rendono una porzione del DNA accessibile all’RNA. Esistono molti meccanismi epigenetici, la metilazione citata in precedenza è solo l’esempio più rappresentativo.

Cosa succede se si leggono pagine extra? Il nostro simpatico bibliotecario (RNA) avrà delle informazioni in più da usare per regolare il funzionamento del nostro organismo, potrà produrre nuove proteine. Talvolta questo è un bene, talvolta questo è un male (dipende dal tipo di proteina). Analogamente, i meccanismi epigenetici possono indurre la chiusura di porzioni del DNA che prima erano accessibili all’RNA, e interrompere così la trascrizione di determinati geni.

L’epigenetica soggiacente alla depressione

È ormai accertato che fattori di stress ambientale come i maltrattamenti infantili (inclusa la negligenza emotiva), i conflitti interpersonali e i traumi psicologici contribuiscono allo sviluppo e al mantenimento di diverse psicopatologie, prima tra tutte la depressione (Heim et al., 2008).

In effetti è noto da molto tempo, in ambito scientifico, che lo stress e la depressione sono altamente correlati. In termini medici, infatti, la depressione può essere descritta come una sindrome di disregolazione dello stress e delle emozioni. Mentre i meccanismi che mediano questa associazione a livello biologico devono essere ancora determinati, ci sono prove crescenti che evidenziano come lo stress riesca a indurre cambiamenti epigenetici tali da sviluppare sintomi depressivi.

In ambito clinico, quando parliamo di stress non facciamo riferimento a una giornata di lavoro stressante o ai ritmi frenetici della routine quotidiana. Piuttosto, facciamo riferimento a fattori come conflitti intrapsichici, traumi psicologici, abusi psicologici protratti, trascuratezza emotiva subita durante l’infanzia, ansia, paura dell’abbandono, perdita precoce dei genitori, separazioni forzate (…), cioè qualsiasi stato mentale che genera angoscia, minaccia e riesce a sopraffare le risorse psicofisiche dell’individuo. La realtà ostile che ci circonda, riesce a demolire ogni nostra risorsa fisica e mentale.

La depressione è la risposta a uno stato di sopraffazione

I sintomi depressivi, dunque, possono essere considerati la risposta a uno stato di sopraffazione, una risposta che coinvolge l’intero codice genetico (e quindi, che influenza l’intero organismo, dato che è il DNA a orchestrare tutte le nostre funzioni!).

È stato postulato che i fattori di stress emotivo, interagendo con il genoma, riescano a produrre cambiamenti stabili nella struttura nell’espressione del DNA e che questi meccanismi possano essere alla base dei sintomi depressivi. In altre parole, i sintomi depressivi sono correlati a modificazione del DNA che coinvolgono determinati geni.

Quali sono i geni coinvolti?

I cambiamenti epigenetici correlati alla depressione, vedono il coinvolgimento di questi geni: NRC31, SLCA4, BDNF, FKBP5, SKA2, OXTR , LINGO3, POU3F1 e ITGB1. Cosa fanno questi geni? Successivamente, li elencherò singolarmente per scoprire alcuni dettagli. Per citare le funzioni più facili da comprendere, l’NR3C1 e l’FKBP5 sono coinvolti nella segnalazione degli ormoni dello stress come il cortisolo, con ricadute importanti sulla neuroplasticità (in termini cognitivi, sulle capacità di attenzione, sulla memoria, capacità di valutazione, resilienza…). Il gene SLC6A4 è coinvolto nella segnalazione serotinonergica (regola l’umore, il sonno, l’aggressività, l’appetito…).

Non solo, alcuni geni correlati alla depressione regolano l’espressione della neurotrofina (per esempio, il gene BDNF), la neurotrofina determina lo sviluppo e la sopravvivenza dei neuroni. Un cervello depresso vede alcune aree ridotte. Per esempio, è stato osservato che a livello ippocampale, possa verificarsi una perdita di neuroni guidata proprio da meccanismi epigenetici che coinvolgono il gene BDNF e la neurotrofina. Quindi attenzione a sostenere con superficialità che la depressione è SOLO una malattia mentale, tutte le malattie della mente hanno un substrato fisiologico.

Forse, nel linguaggio comune, sarebbe più opportuno parlare di psicopatologie e non di «malattie mentali», perché quel «mentale» sposta l’attenzione su una dimensione  astratta che, a conti fatti, è del tutto inesistente!

NRC31

È il gene che codifica per il recettore dei glucocorticoidi. A questi recettori si lega il cortisolo, l’ormone dello stress. Questo gene (con il meccanismo a feedback del cortisolo) svolge un ruolo cruciale nel regolare e inibire il funzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), coinvolta anche nella regolazione gli stati infiammatori del corpo.

Le ricerche hanno evidenziato che la riduzione dell’espressione di questo gene è correlato alla depressione (Radke et al. 2015; Perroud et al. 2011). Il meccanismo epigenetico vede la metilazione a livello del sito di legame con il fattore di trascrizione, in parole semplici: il bibliotecario non riesce a leggere questo codice.

Alcuni studi (Radke et al. 2015), hanno correlato la ridotta espressione di questo gene ai maltrattamenti infantili.

SLC6A4

Questo gene codifica una proteina trasportatrice (Na-dipendente) della serotonina. In particolare, questa proteina trasporta la serotonina dalla fessura sinaptica al neurone presinaptico. Nell’articolo «come migliorare la produzione di serotonina» ho spiegato quanto è importante avere un sistema di trasporto efficiente.

Anche in questo caso, nella depressione, il bibliotecario non riesce a leggere correttamente il codice. Altri studi hanno correlato la maggiore metilazione del promotore del gene SLC6A4 a una maggiore reattività dell’amigdala in risposta ad eventi minacciosi. Questa alterazione epigenetica è stata inoltre correlata a stress durante l’adolescenza. Ricorda cosa ho scritto prima riguardo il termine stress.

BDNF

Codifica il fattore neurotrofico cerebrale, è responsabile della produzione, della crescita e del differenziamento di nuovi neuroni. Nel cervello è molto attivo nell’ippocampo e nella corteccia, aree vitali per l’apprendimento, la memoria, l’attenzione e il ragionamento.

I ricercatori hanno riportato che lo stato di metilazione a livello di sei siti del gene BDNF può essere correlata alla depressione maggiore (Song et al. 2014; Weder et al. 2014). L’espressione di questo gene potrebbe essere considerato un buon biomarcatore della depressione.

FKBP5

È il gene che codifica la proteina legante FK506, un fattore fondamentale nella regolazione dell’attività immunitaria. Questo gene è coinvolto anche nel regolare il buon funzionamento dei recettori dei glucocorticoidi (visti con il primo gene) e influenza la sensibilità recettoriale al cortisolo. Lo studio delle sue alterazioni è stato approfondito soprattutto nelle persone con trauma psicologico.

SKA2

Questo gene è molto studiato perché può essere usato come potenziale biomarcatore del rischio di suicidio. La sua corretta lettura è essenziale per la divisione cellulare. Negli ultimi anni, la sovraregolazione del gene SKA2 è stata rilevata in varie neoplasie umane e il suo ruolo ha ottenuto molte attenzioni nella tumorigenesi.

Lo studio Sadeh et al. 2016 ha evidenziato un’associazione positiva tra fenotipo suicidario (caratterizzato da idee suicide, tentavi, pensieri di morte e sintomi interiorizzanti come tristezza, solitudine, senso di inutilità…) e lo stato di metilazione del gene SKA2.

OXTR

È il gene che codifica per l’ossitocina, una molecola famosa per la sua capacità di facilitare l’interazione sociale. L’ossitocina è prodotta dall’ipotalamo e rilasciata nel circolo ematico dall’ipofisi posteriore. I sentimenti di solitudine e, isolamento e distacco sociale possono essere correlati ad alterazioni dell’espressione di questo gene.

LINGO3 e POU3F1

Codificano per proteine della famiglia LINGO, queste proteine sono coinvolte nei processi di mielinizzazione. I meccanismi epigenetici che colpiscono questi geni (metilazione del DNA) sono fortemente correlati agli abusi durante l’infanzia.

La mielina è quella sostanza che costituisce la guaina di tutte le fibre nervose che ha la funzione, oltre che protettiva, di isolante, così da garantire la conduzione dello stimolo nervoso.

ITGB1

Questo gene codifica per una subunità proteica indispensabile per mediare l’interazione tra oligodendrociti e assoni. In altre parole, si tratta di un gene indispensabile per garantire una buona trasmissione degli stimoli nervosi.

Le alterazione al sistema immunitario associate alla depressione

È stato riscontrato che questi geni, epigeneticamente modificati, sono costantemente associati a una diagnosi di disturbo depressivo. I meccanismi epigenetici vanno ad alterare l’espressione dei geni appena elencati con forti ricadute a livello congnitivo (scatenando i sintomi depressivi) e a livello organico.

A cura di Anna De Simone, psicologo – esperto in neuropsicobiologia
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